Categorie: Editoriali NBA

El Viaje Espanol: Repubblica Islamica dell’Iran

Seconda tappa del nostro tour mondiale alla scoperta delle nazionali meno quotate per l’imminente FIBA World Cup. Dai campioni d’Africa passiamo a quelli d’Asia della Repubblica Islamica dell’Iran.

Olimpiadi del ’48

I ragazzi persiani sono guidati da coach Memi Becirovic, padre di Sani, che per lunghi tempi ha calcato i parquet di mezza Europa, soffermandosi soprattutto in Italia.

Negli ultimi anni l’Iran ha creato una vera e proprio egemonia, piazzandosi sul gradino più alto del podio in tre delle ultime quattro edizioni dei campionati asiatici. Vette altissime raggiunte dopo decadi di anonimato, basti pensare che dal 1947 (anno d’ingresso nella FIBA) le apparizioni internazionali iraniane si sono limitate alle Olimpiadi del ’48 e del 2008, passando poi direttamente alle ultime due edizioni dei Mondiali.

Il popolo di Teheran nutre da sempre una grande passione per la palla a spicchi. Esempio eclatante sono stati l’entusiasmo e l’accoglienza riservati ai dodici eroi usciti vincitori dall’ultima edizione continentale nelle Filippine.

Più particolari sono le vicende inerenti al basket femminile, da poco diventato professionistico. Una disciplina profondamente segnata dalla rivoluzione islamica, soprattutto nell’abbigliamento e nel pubblico: se prima alle ragazze era concesso vestirsi liberamente, oggi pure nello sport le donne sono tenute ad un vestiario “tradizionale” (hijab, pantaloni e maniche lunghe). Inoltre, a gremire gli spalti e ad incitare le proprie beniamine, figurano soltanto rappresentanti del gentil sesso: è vietato difatti l’ingresso a uomini.

L’Iran è chiamato a riscattare la pessima figura dell’ultimo mondiale, dove il record di 1-4 è valso solo il diciannovesimo posto. L’impresa pare tuttavia proibitiva visto il girone composto unicamente da teste di serie. Tra le varie Spagna, Francia, Brasile e Serbia agli asiatici potrebbe toccare il ruolo di vittima sacrificale. Gli uomini di Becirovic, però, non hanno alcuna intenzione di fungere da sparring partners, visto un roster notevolmente cresciuto di livello negli ultimi anni e giunto ormai a piena maturazione.

Haddadi in maglia Grizzlies

Faro di questa squadra è Hamed Haddadi, centro de Phoenix Suns e vero punto di riferimento per tutti i suoi compagni. Miglior realizzatore degli ultimi mondiali, per i suoi, con 20 punti di media, cercherà di ripetersi. La vera forza iraniana è proprio nel pitturato, non solo grazie all’appena citato gigante di 218 cm. Ad aiutare l’ex grizzlies troviamo due lunghi molto atletici: Arsalan Kazemi e Rouzbeh Arghavan. Il primo, giocatore scelto al draft 2013 dai 76ers e poi rispedito in patria, è stato un vero e proprio fattore a livello collegiale, prima a Rice e poi ad Oregon, viaggiando in doppia doppia di media in tutte e quattro le stagioni Ncaa. Considerato in Iran il futuro padrone di questa nazionale, sarà sicuramente mosso da spirito di rivalsa, nella speranza di tornare nei radar degli scout d’oltreoceano. Arghavan, invece, è un grosso interprete del pick’n’roll, con un discreto piazzato dall’arco ed un buon tempismo sotto i ferri. Ad accomunare questi due giocatori sono le spiccate doti aeree, ci divertiranno sicuramente con un buon numero di schiacciate.

Jamshidi al ferro.

Se la situazione lunghi è quantomeno interessante, altrettanto non si può dire della batteria degli esterni dove, dopo il ritiro di Bahrami (affidabile e talentuoso tiratore), lo scettro è passato al giovane dell’Azad University di Tehran: Mohammad Jamshidi. Classe ’91, tipico giocatore da uno contro uno, in grado di creare dal palleggio battendo il diretto avversario. Ad affiancarlo il playmaker di lunga data Kamrani, scheggia impazzita spesso fuori controllo, ma dalle indubbie doti di leader.

Le poche, pochissime, chance di superare il primo girone passeranno dalla forza del gruppo e dalla zona di coach Becirovic. Difficile anche solo immaginare un Iran tra le migliori sedici squadre al mondo. Gli iraniani ci proveranno ed avranno un’intera nazione a sorreggerli e spingerli sulle ali dell’entusiasmo, nella speranza che questo mondiale possa diventare una fiaba persiana da raccontare alle future generazioni.

 

Gianmarco Pacione e Michelangelo Mion

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