E’ bastato un secondo per mandare all’aria un progetto di ampio respiro di una delle più gloriose franchigie NBA. Quasi costretto a stringere la mano ad un incontenibile e un po’ fastidioso David Griffin, e senza nemmeno la magra consolazione di potersi congratulare con la ben più attraente Mallory Edens, la faccia di Julius Erving, uno che ha discretamente contribuito alla gloria di cui sopra, dice sostanzialmente tutto: la stagione non è stata buttata inutilmente, ma le bizze della Dea Bendata costringeranno i Sixers a cambiare in corsa i piani e a rimandare ulteriormente l’inizio della rinascita. Al di la dell’ampia quantità di talento di questa Draft Class, che ha spinto il GM Sam Hinkie a rivoluzionare la squadra in direzione tanking selvaggio, si sa ora che l’obiettivo principe del dirigente era infatti quell’Andrew Wiggins che invece, dopo un’estate movimentata, per ironia della sorte farà le fortune di una franchigia che nemmeno voleva andarci alla Lottery. I Sixers sarebbero rimasti tanto scottati dallo sgarbo da richiedere la modifica del sistema in modo da limitare ulteriormente le squadre dai record migliori, ma ormai la frittata è fatta, solo in parte arginata dalla chiamata dell’ormai tradizionale centro lungodegente (Joel Embiid, dopo Nerlens Noel e prima ancora Andrew Bynum) e da quel Dario Saric che rimarrà in Europa altri 2 anni almeno: insomma, sostanzialmente nessun rinforzo di prestigio immediato dal Draft e fedeltà alla linea intrapresa, con un’altra stagione che si preannuncia se possibile ancor più all’insegna del perdere e perderemo dopo l’ultima chiusa con un miserrimo 19-63. Nella speranza che la Fortuna nel frattempo giri, e porti i frutti dell’ambizioso progetto di Hinkie nella Città dell’Amore Fraterno, così da riempire di nuovo il Wells Fargo Center.
MERCATO
Una volta perso Wiggins, anche il mercato è andato nella direzione di un ulteriore ringiovanimento (se non malcelato indebolimento) della squadra, per dare minuti ai tanti giovani interessanti a roster, arrivare con più palline possibili anche alla prossima Lottery e magari guadagnare qualche scelta altrui. Rientra perfettamente in questa logica dunque la rinuncia a Thaddeus Young, da tempo ormai fuori dai progetti futuri, arrivata nell’ambito dello stesso scambio Wiggins-Love in cui Phila si è inserita portando a casa Luc Mbah a Moute (probabilmente voluto più come mentore di Embiid che per le doti cestistiche), Alexey Shved e soprattutto la prima scelta degli Heat del 2015 (tramite Cleveland). Il principale innesto estivo è stato dunque proprio il centro camerunense scoperto dal principe cestista di Bia Messe, il cui impatto nella Lega è però rimandato a data da destinarsi a causa di una fastidiosa frattura al piede destro sopraggiunta proprio pochi giorni prima del Draft.
Acquisti: Luc Mbah a Moute (F, Timberwolves), Alexey Shved (PG, Timberwolves), Joel Embiid (C, rookie), KJ McDaniels (G-F, rookie), Ronald Roberts (F, rookie), JaKarr Sampson (PF, rookie)
Cessioni: Thaddeus Young (F, Timberwolves), James Anderson (G, Zalgiris Kaunas), BJ Mullens (C, Shanxi Zhongyu).
STARTING FIVE
PANCHINA
PAYROLL
In blu le team options.
IL COACH
Nonostante i numeri della sua unica stagione da head coach siano impietosi, non sarà certo da essa che si potrà valutare l’operato di Brett Brown, considerando che tali cifre erano cercate dallo stesso front office. Proprio in relazione a ciò, l’allenatore nativo del Maine si trova nella paradossale situazione di godere comunque di una certa considerazione all’interno della Lega, derivata dal fatto di essersi a lungo abbeverato alla fonte unanimemente riconosciuta come impeccabile, quella cioè dei San Antonio Spurs. Un decennio in totale costellato di successi alla corte di Gregg Popovich (presente, con incarichi diversi, in tutti i titoli dell’era Duncan, tranne ovviamente l’ultimo), contornato da esperienze di pallacanestro internazionale in Australia (suo lo scouting di Patty Mills), diventando assistente nel 2007 dopo l’esperienza come director of player development e arrivando a vedersi offrire il posto di successore di Mike Budenholzer come braccio destro di Pop nel 2013; troppo allettante però la chiamata di Hinkie per guidare la ricostruzione cestistica della Città dell’Amore Fraterno, con cui Brown si appresta a cominciare la sua seconda stagione. Discepolo tra i più apprezzati dallo stesso Popovich, il suo lavoro verrà giudicato adeguatamente quando avrà una squadra vagamente competitiva, ma pare comunque un’ottima scelta per questi Sixers, vista l’esperienza nel “crescere” i giocatori giovani, impreziosita dal marchio di garanzia degli Spurs.
GIOCATORE CHIAVE ATTACCO
Dopo aver smontato a uno a uno tutti i cardini della precedente era (Evan Turner, Spencer Hawes, e ora anche Thaddeus Young), e in attesa del ritorno in salute di Embiid, l’asse portante dei nuovi Sixers sarà quello play-centro formato da Michael Carter-Williams e Nerlens Noel, giocatori chiave in entrambe le metà campo di una squadra se possibile ancora più giovane e acerba rispetto alla passata annata. In fase offensiva però tutti i palloni passeranno dalle già piuttosto sicure mani del Rookie of the Year uscente, chiamato a incrementare ulteriormente il già ottimo contributo della stagione d’esordio (quasi 17 punti, 6 rimbalzi, 6 assist e 2 recuperi a gara), magari riuscendo a mantenere gli eccezionali livelli dell’avvio per tutto l’anno. Proprio la continuità e le percentuali al tiro, soprattutto dalla lunga, sono i due settori da migliorare maggiormente per MCW, ma il futuro, come per tutti i Sixers, è ovviamente dalla sua (nonostante sia quasi un anziano del team coi suoi 23 anni appena compiuti), così come la possibilità di crescere e sbagliare senza fretta né pressioni; superfluo comunque specificare che dal suo rendimento su entrambe le metà campo passeranno gran parte delle poche vittorie in più che Phila potrebbe totalizzare.
GIOCATORE CHIAVE DIFESA
Con la sua pressione sulla palla e le mani veloci che l’hanno già consacrato come uno dei migliori stealer della Lega, Carter-Williams sarà un giocatore fondamentale anche in difesa, ma la vera novità sarà la presenza di un lungo intimidatore a presidiare l’area. A Kentucky, Nerlens Noel non era solo il freshman designato a sostituire Anthony Davis, ma ne ricalcava in buona parte le caratteristiche: lungo rapido, coordinato e dal grande atletismo, mobile e presente a rimbalzo, pur non avendo la tecnica del predecessore in fase offensiva non lo faceva certo rimpiangere nella propria metà campo, dove, prima che la rottura del crociato ne chiudesse stagione e sogni di prima scelta assoluta, viaggiava a 2.1 recuperi e 4.4 stoppate di media. In attesa del miglior stato di forma e di miglioramenti tecnici offensivi (pecca al momento di movimenti spalle a canestro efficaci e di un tiro dalla media affidabile), sarà proprio dalla fase difensiva e dalla presenza a rimbalzo che Noel dovrà ripartire anche tra i professionisti. Sarà importante anche migliorare alcune letture e incrementare la massa fisica (come già fece lo stesso Davis prima di lui), ma avrà spazio e fiducia per far bene fin da subito, e a detta di molti non sembra impossibile che possa riportare il ROY in città dopo il compagno da Syracuse, nonostante l’agguerrita concorrenza.
RIVELAZIONE
E’ vero, nella passata stagione Hinkie ha smantellato la squadra guardando al Draft, finendo per mettere in campo gente che difficilmente avrebbe trovato lo stesso spazio altrove (emblematico ad esempio il caso di James Anderson, autore peraltro di una discreta stagione, finito ora in Europa), ma anche giovani talenti che fino a quel momento non avevano semplicemente avuto la possibilità di esprimere il proprio potenziale. Il caso più eclatante, che si aggiunge ai vari Henry Sims e Hollis Thompson, è certamente quello di Tony Wroten, draftato e perennemente mandato in D-League dai Grizzlies (non esattamente la squadra con le migliori bocche di fuoco tra gli esterni) e acquistato dopo la stagione da rookie da Hinkie sacrificando addirittura una seconda scelta (e considerato il perverso amore del GM per queste ultime, non è certo un investimento da poco). Ma sul talento giovanile l’ex delfino di Daryl Morey a Houston ha poco di imparare da chiunque, e Wroten è letteralmente esploso, producendo 13 punti, 3 rimbalzi, 3 assist e un recupero in soli 24 minuti d’impiego, togliendosi persino la soddisfazione di entrare nel libro dei record della Lega (nessuno prima di lui aveva messo a segno una tripla doppia nella prima gara in quintetto). Turner è andato da un po’, e ora sono partiti anche Young e, non casualmente, James Anderson, spesso starter la scorsa stagione: il ruolo di shooting guard titolare è suo, e l’ex Memphis, che, lo ricordiamo, ha solo 21 anni, potrebbe definitivamente consacrarsi come prolifico realizzatore dal perimetro.
MIGLIOR COMPRIMARIO
Carter-Williams, Noel, Embiid, Saric, ma anche Wroten e McDaniels: si fa un gran parlare del presente e del futuro dei giovani gioiellini di Phila, ma non viene quasi mai tirato fuori il nome di un altro giocatore che, una volta trovato spazio, ha mostrato parecchie cose interessanti. La rinuncia a Spencer Hawes a stagione in corso sembrava motivata dalle sole due seconde scelte presenti nel pacchetto dei Cavaliers, invece Henry Sims, l’altra contropartita dei Cavs assieme ad Earl Clark, non ha fatto rimpiangere troppo il rendimento del lungo ex Kings, esplodendo clamorosamente (quasi 12 punti e 7 rimbalzi nelle 26 gare giocate con la nuova maglia) dopo D-League, Filippine e una stagione e mezza nella Lega di totale anonimato. Ora esordirà Noel e il suo ruolo nella front line sarà inevitabilmente meno centrale, ma non per questo il suo contributo diventerà meno sostanzioso: l’ex Georgetown ha le caratteristiche per giocare insieme al rookie o per sostituirlo e con ogni probabilità rimarrà una pedina importante dello scacchiere di Brown, forte anche dei soli 24 anni.
MIGLIOR INNESTO
KJ McDaniels con un suo prestigioso estimatorePhila aveva due scelte in zona Lottery, ma come detto le ha usate per giocatori utilizzabili solo in futuro; il mercato estivo ha portato pochino, e così il volto nuovo di maggior impatto potrebbe arrivare sempre dal Draft, da zone però meno nobili. Per la verità KJ McDaniels aveva più che discrete speranze di stringere la mano ad Adam Silver e non al suo vice; ma il Draft, si sa, è tutto meno che una scienza esatta, e il junior da Clemson è scivolato fino alla chiamata numero 32, in cui Philly ha fatto il suo nome. Le famose seconde scelte tanto amate da Hinkie insomma tornano utili in questo caso, visto che i Sixers si assicurano uno che Larry Brown ha paragonato forse un po’ entusiasticamente addirittura a Kawhi Leonard: paragone pesantino, eppure McDaniels in effetti ricorda la prima versione dell’ultimo MVP delle Finals, essendo un’ala con enormi mezzi atletici, ampia apertura alare e grande applicazione difensiva e a rimbalzo. Non disdegna peraltro nemmeno la fase offensiva (17 di media nell’ultima stagione al college nella terribile ACC, conditi peraltro con oltre 7 rimbalzi), ma, esattamente come il primo Leonard, non ha ancora un tiro dalla lunga affidabile. Chiaro che la strada che porta al trofeo intitolato a Bill Russell sia lunghissima e probabilmente irraggiungibile per KJ, ma i Sixers potrebbero aver fatto il più classico degli steal of the draft, portando a casa perlomeno un giocatore già in grado di dare un ottimo contributo soprattutto nella propria metà campo.
PUNTI DI FORZA
Non tantissimi per la verità, per precisa scelta societaria dettata dal progetto a lungo termine. La squadra non è competitiva nemmeno per la sempre abbordabile Eastern Conference, ma detiene già parecchi giovani talenti destinati con potenzialità da futuri All Star: Carter-Williams ovviamente, ma anche Noel, Embiid quanto tornerà disponibile, Saric quando sbarcherà negli States, Wroten, McDaniels, il futuro insomma è ampiamente dalla parte di questi Sixers, considerata anche un’età media tra le più basse non della NBA, ma della storia della Lega. Strettamente legato a ciò e ai tanti giocatori ai primi anni da professionisti è anche l’ottimale situazione salariale, che permetterà a Hinkie di operare sul mercato dei free agent per affiancare, quando lo riterrà opportuno, giocatori maturi e di livello ai suoi gioiellini. Anche il settore tecnico-dirigenziale, nonostante il periodo non proprio idilliaco che i tifosi stanno e continueranno a vivere per un po’, sembra competente: Brown come detto ha tutte le carte in regola per far crescere al meglio i suoi ragazzi e far bene quando lo sviluppo sarà compiuto, e anche Hinkie all’interno della logica del proprio progetto e al di la della fortuna un po’ avversa ha sbagliato pochissimo, mettendo semmai a segno parecchi colpi da maestro.
PUNTI DEBOLI
Se gli aspetti tecnici, economici e dirigenziali fanno ben sperare per il futuro, il presente è piuttosto funereo. Lo scorso anno Philadelphia chiuse emblematicamente ultima nella Lega per punti concessi (109.9) e per rating offensivo (punti segnati ogni 100 possessi, meno di un punto ad azione), e come detto la squadra sembra essersi ulteriormente indebolita: in buona sostanza, i Sixers dispongono di una roster totalmente inadeguato per questi livelli, composto quasi esclusivamente da giovani ancora più o meno acerbi o giocatori dal lungo passato in D-League o nelle leghe minori. Difficile che questo gruppo riesca nell’impresa di ritoccare il celeberrimo 9-73 già tristemente detenuto dalla franchigia, ma verosimilmente le vittorie non saranno molte di più, anche per la precisa scelta di permettere ai ragazzi di fare esperienza e anche sbagliare senza pressioni. Inoltre non sono poche le incognite intorno a un progetto di ampio respiro come questo, in cui basta poco perché le cose non prendano la direzione sperata (come già accaduto nella corsa a Wiggins): le più immediate sono gli impatti di due giocatori chiave come Nerlens Noel e, più avanti, Joel Embiid, i cui effettivi recuperi dai rispettivi infortuni sono tutti da verificare.
MIGLIOR SCENARIO
Dipenderà dalla crescita più o meno rapida dei giovani a roster. MCW, Wroten e Sims sembrano già in rampa di lancio, anche McDaniels è considerato uno dei più Nba ready della Draft Class: se i progressi in generale saranno importanti già da questa stagione, e l’impatto di Noel fosse molto positivo fin da subito (da ROY, per intenderci), nonostante un roster ancor meno competitivo di quello della passata stagione Phila potrebbe riuscire a migliorare leggermente il record e scollinare quantomeno le 20 vittorie stagionali, favorita dal secondo anno in panchina dopo un primo di adattamento di coach Brown.
PEGGIOR SCENARIO
Proprio perché da pochissimo nella Lega, è difficile quantificare le reali possibilità e il rendimento dei vari giocatori, anche di quelli il cui talento pare cristallino, ma che hanno ancora tutto da dimostrare nella NBA. Carter-Williams è stato Rookie dell’anno, ma ha chiuso la stagione in preoccupante calo; al secondo anno sarà il Dottor Jakyll dell’avvio o il Mister Hyde della conclusione? Wroten era un’ottima arma in uscita dalla panchina, ma come si comporterà effettivamente una volta in quintetto? I reali rendimenti di Noel, Embiid e McDaniels sono tutti da verificare, Thompson e Sims han mostrato qualcosa solo in questo contesto dopo annate ai margini della Lega, Shved finora è stato una delusione. Insomma, se i ragazzi dovessero dimostrare di essere ancora troppo indietro per gli standard NBA il record potrebbe veramente attestarsi di poco sopra la doppia cifra di W. Paradossalmente comunque per Hinkie, in chiave Lottery, potrebbe essere proprio questo il miglior scenario…
PREVISIONI
Lo scorso anno Phila iniziò sorprendentemente bene, partendo 3-0 e prendendosi addirittura lo scalpo degli Heat. Ma c’erano ancora Turner, Hawes e Young e l’impatto di MCW fu devastante: già con la cessione dei primi due le vittorie si affievolirono, e difficilmente potrà essere altrimenti una volta salutato anche l’ex Yellow Jacket e con tutte le attenzioni delle difese sul playmaker da Syracuse. Il record dei Sixers è dunque destinato a grandi linee a ripetersi, e verosimilmente addirittura a peggiorare, attestandosi probabilmente intorno alle 15-20 vittorie che lasceranno la franchigia della Città dell’Amore Fraterno nei bassifondi dell’Atlantic Division e con ogni probabilità dell’intera NBA. Perlomeno, le palline a maggio potrebbero essere addirittura più numerose dell’ultimo anno (quando era Milwaukee ad avere le maggiori probabilità di vincita), e stavolta il buon Griffin in linea di massima dovrebbe portare il suo notevole fondoschiena alla Quicken Loans Arena per seguire il ritorno dei playoff in città: ergo, stavolta potrebbe essere finalmente Erving a esultare. Conscio anche del fatto che anche i Sickers del ’73 dopo quattro anni erano in Finale…
“Mannaggia a te, Griffin!”