Una squadra rinata dalle proprie ceneri, un roster con il core invariato che rende un progetto fantastico ancora una volta la mina vagante della lega, una nuova guida e tante idee. Aggiungiamo un po’ di Curry ed il piatto è servito. I Golden State Warriors sono pronti a questa nuova stagione NBA coscienti delle proprie possibilità e quasi obbligati a soddisfare il nuovo allenatore Steve Kerr che ha rimpiazzato il reverendo Mark Jackson. La scorsa stagione doveva essere per i Warriors quella della consacrazione, una stagione che ha visto un’ottima regular season, ma che è andata a naufragare nelle onde impervie dei playoff grazie anche alle condizioni fisiche non ottimali del roster a disposizione del coach, che si è dovuto arrendere ai Los Angeles Clippers nel primo turno della post-season che conta. Ora il compito di Kerr è creare un nuovo ambiente che renda i punti di forza delle scorse annate dei veri e propri pilastri su cui gettare le basi per la reale corsa al titolo che non c’è mai stata: o adesso o mai più, se si sbaglia quest’anno si rischia il collasso.
- L’interno della Oracle Arena
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La Oracle Arena dall’esterno
IL MERCATO
Come già detto, il tronco della squadra è rimasto invariato ma ci sono comunque state perdite importanti seguite da acquisizioni di peso, che potrebbero cambiare e non poco le qualità assolute del roster e potrebbero soprattutto dare una dimensione tutta nuova alla squadra di Steve Kerr. Sicuramente il miglior innesto è stato Shaun Livingston, che appunto darà una nuova dimensione all’attacco e in maggior modo alla difesa dei Warriors, considerando la posizione ricoperta e le qualità fisiche e tecniche. Ovviamente la differenza per questa squadra la farà la panchina (alla quale si è aggiunto anche Leandro Barbosa), ma una questione di fondamentale importanza è stata risolta con la mancata cessione di Thompson, che continuerà l’avventura al fianco di Curry e, se tutto va bene, mostrerà tutti i suoi miglioramenti dopo l’annata fantastica che si è lasciato alle spalle. Il vuoto lasciato da Jermaine O’Neal, pezzo fondamentale della vecchia rotazione di Mark Jackson, sarà colmato da Festus Ezeli che ha ormai dimenticato tutti i problemi fisici che lo hanno tenuto fuori per troppo tempo.
Arrivi: Leandro Barbosa, Shaun Livingston, Aaron Craft, Jason Kapono, Justin Holiday, Sean Kilpatrick, Ognjen Kuzmic, James Michael McAdoo, Brandon Rush, Mitchell Watt.
Partenze: Jermaine O’Neal, Steve Blake, Jordan Crawford, Marshon Brooks.
- Il quintetto base dei Warriors
- Questo il possibile quintetto delle riserve
Player |
2014/15 |
2015/16 |
2016/17 |
2017/18 |
2018/19 |
2019/20 |
David Lee |
$15,012,000 |
$15,493,680 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Andrew Bogut |
$12,972,973 |
$12,000,000 |
$11,027,027 |
$0 |
$0 |
$0 |
Andre Iguodala |
$12,289,544 |
$11,710,456 |
$11,131,368 |
$0 |
$0 |
$0 |
Stephen Curry |
$10,629,213 |
$11,370,786 |
$12,112,359 |
$0 |
$0 |
$0 |
Shaun Livingston |
$5,305,000 |
$5,543,725 |
$5,782,450 |
$0 |
$0 |
$0 |
Marreese Speights |
$3,657,500 |
$3,815,500 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Klay Thompson |
$3,075,880 |
$4,210,880 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Harrison Barnes |
$3,049,920 |
$3,873,398 |
$5,194,226 |
$0 |
$0 |
$0 |
Leandro Barbosa |
$1,448,490 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Jason Kapono |
$1,316,809 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Brandon Rush |
$1,145,685 |
$1,270,964 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Festus Ezeli |
$1,112,880 |
$2,008,748 |
$3,013,122 |
$0 |
$0 |
$0 |
Nemanja Nedovic |
$1,104,240 |
$1,151,760 |
$2,078,927 |
$3,118,390 |
$0 |
$0 |
Draymond Green |
$915,243 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Justin Holiday |
$816,482 |
$1,147,276 |
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$0 |
$0 |
$0 |
Ognjen Kuzmic |
$816,482 |
$0 |
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$0 |
$0 |
$0 |
Aaron Craft |
$507,336 |
$0 |
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$0 |
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Sean Kilpatrick |
$507,336 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
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James Michael McAdoo |
$507,336 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
Mitchell Watt |
$507,336 |
$0 |
$0 |
$0 |
$0 |
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TOTALS: |
$71,086,560 |
$57,389,611 |
$34,270,754 |
$0 |
$0 |
$0 |
IL COACH
Dopo aver terminato una eccellente carriera da comprimario, condita da ben cinque titoli NBA (3 con i Chicago Bulls e 2 con i San Antonio Spurs), Steve Kerr è passato dal ruolo di general manager con i Phoenix Suns (2007-2010) a quello di analista per TNT, fino ad arrivare ad essere eletto allenatore dei Golden State Warriors. All’interno dello spogliatoio dei Warriors ci sono state alcune frizioni dopo la conclusione non troppo felice della scorsa annata, con la successiva rinuncia a Mark Jackson e la scelta come successore del reverendo proprio di Steve Kerr. Ora Kerr, alla sua prima esperienza sulla panchina di una squadra NBA, dovrà inserire i suoi principi in una squadra già rodata e con una propria identità, affrontando il rischio di fallimento e un ideale ‘win or go home’ che durerà per tutta la stagione. Le sue idee non si distaccano molto dal suo predecessore, ma ha già reso chiare alcune variazioni che, a suo dire, miglioreranno i singoli giocatori e la resa generale della squadra.
MIGLIOR GIOCATORE OFFENSIVO
Nonostante il grande talento e la predisposizione offensiva di tutta la squadra, non si poteva evitare di eleggere Stephen Curry miglior giocatore offensivo del roster. Il ragazzo da Davidson ha dimostrato che, se le sue caviglie reggono, non esiste difesa che lo possa fermare: è senza dubbio il miglior tiratore della lega e può segnare a piacimento da qualsiasi distanza e da qualsiasi punto del campo. Il suo talento offensivo però non contempla le sole azioni solitarie, infatti Curry ha dimostrato di saper coinvolgere in qualsiasi momento i compagni di squadra, sia per fornire assistenze pregiate, che per iniziare azioni più elaborate. Quest’anno, grazie alle nuove idee di Kerr, giocherà meno con la palla in mano, in modo da impegnare gli avversari sulle uscite dai blocchi e avere più tiri ad alta percentuale. Potrebbe essere la sua stagione e, con l’aiuto di Livingston dalla panchina, potrà avere più momenti di riposo per non sforzare troppo quelle caviglie che fanno tremare tutti ad ogni penetrazione.
MIGLIOR GIOCATORE DIFENSIVO
In questo caso la scelta poteva ricadere su alcuni giocatori, visto che i Warriors hanno a disposizione molte armi difensive con i vari Iguodala, Bogut e Thompson, ma di certo l’ultimo è un pizzico più interessante per via dei margini di miglioramento e per i mezzi fisici e tecnici dimostrati durante la scorsa stagione. Nella metà campo difensiva i Golden State Warriors sono da sempre stati una squadra di buon livello, che però contempla delle falle visibili in giocatori come Curry e Lee. La grande intesa e la direzione del coach ha quasi sempre sopperito alle carenze individuali e questo è stato possibile anche grazie a giocatori come Klay Thompson. Il secondo degli Splash Brothers non solo è un cecchino infallibile, ma anche un difensore purissimo come pochi nella NBA. Affiancato ad Andre Iguodala e con la protezione sotto canestro di Bogut, si potrebbe creare una formazione difensiva unica che darebbe una dimensione tutta nuova ad una squadra che non si deve preoccupare troppo dell’attacco.
L’UOMO CHIAVE
L’uomo chiave di questa squadra potrebbe sembrare ancora una volta Curry ma non è così. Andrew Bogut ha dimostrato di essere il tassello mancante di questa compagine: con i troppi infortuni occorsi durante gli scorsi anni, il giocatore ex Bucks non ha potuto troneggiare all’interno del pitturato e i Warriors hanno avuto un buco sia in difesa che in attacco che non gli ha permesso di passare al livello successivo. Quando è sceso in campo, Bogut ha reso noto a tutti il suo valore, sia come giocatore che come leader vocale e fisico, trascinando compagni e pubblico in una dimensione dove conta solo la vittoria. Stoppate, rimbalzi ma anche assist hanno fatto di Bogut l’uomo fondamentale per la squadra e la condizione senza la quale i Warriors non possono arrivare in fondo alla bolgia dei Playoff.
PUNTI DI FORZA E PUNTI DEBOLI
I punti di forza di questi Warriors rimangono gli stessi, con le piccole variazioni che Kerr apporterà all’attacco e per quanto sia possibile anche alla difesa. Con la palla che stazionerà di meno nelle mani di Curry gli attacchi diventeranno meno prevedibili e verrà sfruttato ancora di più l’appoggio interno nelle mani di David Lee. Il tiro da tre non si dovrebbe nemmeno contemplare perchè è praticamente una certezza: Curry, Thompson e anche Iguodala possono colpire dall’arco come e quando vogliono (l’ultimo un po’ meno). Ciò non toglie le possibilità infinite che possono offrire questi giocatori affiancati ad un mai domo Lee e ad un pilastro come Bogut. Con l’inserimento di Livingston e Barbosa i Km/h aumentano e la versatilità a disposizione del coach raggiunge un livello fino ad ora mai visto in quel di Oakland. Oltre a tutto questo, i Warriors possono contare su una delle migliori panchine della lega, con Green e Barnes su tutti che hanno fatto la differenza anche nei playoff quando il clima è diventato troppo caliente.
Ovviamente tutto questo ben di Dio è veicolato dall’interrogativo che attanaglia la franchigia da qualche anno: la tenuta fisica. Caviglie, anche e ginocchia non sono mai al sicuro sotto la tenuta gialloblu dei Golden State Warriors e, se da un lato questo potrebbe essere uno dei gruppi meglio accorpati all’interno della lega, dall’altro potrebbe raggiungere il record di infortuni in stagione singola. Da sempre questo è stato il tallone d’achille della squadra e potrebbe ancora una volta mandare tutto in frantumi. Basta un uomo che salta e tutti si trovano col sedere per terra perchè si sa, in una squadra così, il funzionamento del sistema può essere pregiudicato da un singolo pezzo non funzionante.
SCENARI E PREVISIONI PER LA STAGIONE
Nuova vita e nuove idee potrebbero portare Kerr e i suoi verso orizzonti inesplorati, con l’obiettivo delle Finals di Conference sempre più realistico anche grazie all’assenza di vere superpotenze all’interno della lega. Questo potrebbe e dovrebbe essere l’anno della certezza Warriors, visto che fino ad ora questa squadra è stata sempre sottovalutata e considerata una sorta di ‘dark horse’ che alla fine non sarebbe mai arrivato in fondo al tunnel. Dopo l’annata rovinata dall’uscita al primo turno dei Playoff, il migliore scenario per questi Warriors potrebbero essere davvero le Finals di Conference, raggiunte magari dopo una regular season oltre le 52-53 vittorie.
Nel peggiore dei casi, però, il progetto del nuovo coach va contro un muro e qualche pezzo del puzzle non si trova più. Thompson regredisce e fa rimpiangere la mancata trade con Love mentre Curry dimostra di non essere la superstar che tutti hanno acclamato. I Playoff restano un’ombra che non si concretizza e tutto il progetto implode facendo tornare la franchigia alla calma piatta di qualche anno fa.
Lo scenario più realistico, invece, farebbe piacere a tutti: spettatori divertiti, giocatori carichissimi e Warriors tra le grandi della Western Conference. Le 50 vittorie non sono proibitive e la presa di coscienza dei leader dello spogliatoio potrebbe, insieme ai jolly di Kerr (panchina e imprevedibilità), trascinare la squadra verso un viaggio un po’ più lungo del solito all’interno dei gironi infernali della post-season.