Ormai ben più dei canonici 12 mesi or sono capitò a NbaReligion la possibilità di partecipare al NBA 3x di Milano, evento estivo targato NBA che ha portato in alcune città del Belpaese alcune tra le principali star della Lega. A Milano presenziavano Derrick Rose e Rudy Gay, ma nell’impossibilità di avvicinare anche solo vagamente l’MVP del 2011, e nell’attesa del ritorno in loco dell’ala al tempo ancora in forza ai Raptors, ci capitò di scambiare quattro chiacchere con Francesco Bonfardeci, giornalista sportivo che ha lavorato a Sportitalia prima e a SKY poi, riguardo al suo lavoro, alla sua esperienza e ad alcuni illustri colleghi.
“L’NBA in Italia è arrivata con Peterson a inizio anni ’80, quando ero ragazzino” ci raccontò, “poi ricordo la voce di Flavio, che con Federico ha dato un taglio particolare, molto specifico ed esclusivo, quindi sono assolutamente punti di riferimento. A livello di aneddoti… In realtà non ce ne sono; o meglio, se per aneddoto puoi considerare il fatto che qualsiasi cosa ti venga in mente e qualsiasi dubbio tu possa avere, a proposito di un gioco, un movimento o una definizione, se io giro l’angolo, non quello del blocco ma quello della redazione, chiedo a Flavio e lui mi sa dire sempre e comunque, mi dà una spiegazione esauriente”.
Difficilmente il “Bonfa” avrebbe potuto scegliere un aggettivo migliore per definire le spiegazioni dategli (non solo a lui, peraltro) da Flavio, ovviamente Flavio Tranquillo. Perché il giornalista nato a Milano nel 1962 quando parla di basket è appunto esauriente nel senso più positivo del termine: non superficiale, mai pressapochista, approfondito, chiaro ed esaustivo senza scadere in eccessivi voli pindarici o tecnicismi troppo ostici ai più (pur non essendo stato risparmiato proprio da quest’accusa), sempre nel rispetto dei complicati tempi e modi dettati dalla telecronaca di una partita, che impongono costante attenzione alla gara e poche possibilità di chiarimento di determinati concetti o aspetti. Tutte queste tematiche, questi approfondimenti difficili da fare live, anche le critiche e le successive risposte, si ritrovano nel libro che Flavio ha scritto durante l’off season, intitolato “Altro tiro, altro giro, altro regalo” da una delle sue più celebri espressioni, il quale, fedele all’esaustività dell’autore, ha la possibilità di affrontare ogni aspetto del Gioco (rigorosamente con la maiuscola) dal punto di vista di chi ha vissuto tra le sue innumerevoli pieghe e sfaccettature quarant’anni della propria vita, in ogni ruolo e grado: e così il Gioco stesso viene diviso in quattro grandi temi, uno per ogni quarto della gara (giocatori, allenatori, arbitri e media, preceduti chiaramente da pregame e palla a 2 e chiusi dal sempre gradito agli appassionati overtime), ognuno attraversato da Flavio per un periodo più o meno lungo ma ciascuno a suo modo importante nella sua formazione di uomo (o, permettendoci di citarlo, di Uomo) prima ancora che di sportivo. La penna (o meglio, la tastiera in questi tempi moderni) nelle mani di Tranquillo si dimostra, se ce ne fosse bisogno considerati i trascorsi che emergono dal testo stesso, arma potente e perfettamente utilizzata quanto l’inimitabile voce, e la lettura scivola via leggera (ma mai banale) tra inediti e interessanti aneddoti personali all’interno di ogni esperienza cestistica dell’autore (che si definisce “tifoso «trinariciuto», giocatore scarsissimo, buon arbitro e volenteroso allenatore”), personaggi appartenenti alle varie categorie visti con l’occhio di chi ha avuto la possibilità di conoscerli e valutarli anche come persone, partite storiche ed eventi vissuti in prima linea (o da distanza siderale, ma comunque in loco). Il tutto senza perdere mai l’orizzonte autobiografico e la visione personale e genuinamente appassionata di Tranquillo per tutto ciò che riguarda il prodotto del dottor Naismith, e allo stesso tempo senza rinunciare alle riflessioni sullo stato del prodotto stesso, sui sempre numerosi stereotipi che lo accompagnano, anche sulle critiche o addirittura insinuazioni arrivate alla sua persona nel corso della sua carriera; il tutto sempre affrontato con senso critico ma mai polemico, con l’inestinguibile necessità di capire e approfondire senza fermarsi ai preconcetti, utili solo per farsi un’idea iniziale ma poi assolutamente da superare (esattamente come sosteneva Hannah Arendt, non a caso autrice molto cara al giornalista). Perché approfondire, essere esaustivi, spiegare le proprie posizioni e magari confrontarle con quelle del prossimo, senza pregiudizi di sorta, è la prima regola per evitare la sempre odiosa superficialità e lo sciatto pressapochismo, pericolosissimi nel campo della minaccia totalitaria nel pensiero arendtiano ma non meno dannosi anche in un mondo certamente meno cruciale come quello dello sport.
Sarebbe facile sostenere che Flavio Tranquillo è stato ed è, citando il vincitore dell’ultimo Premio Strega Francesco Piccolo, “un mito per tutti noi che abbiamo amato il basket per tutta la vita”, e sarebbe banale dire che anche in questo caso, con la prosa al posto dell’ormai abituale dialettica, ha fatto un altro canestro da tre punti. Ma è esattamente così, e una volta tanto, di fronte a un saggio che sviscera ogni aspetto del Gioco come raramente è stato fatto prima, possiamo prenderci il lusso di essere banali. Nella speranza che questo canestro editoriale sia solo il primo e non l’ultimo, e che possa arrivare un “altro tiro, altro giro, altro regalo”, splendido e soprattutto esauriente come quello che l’ha preceduto: da uno “scarsissimo giocatore” non si potrebbe chiedere canestro, e vero e proprio regalo per chi è ugualmente appassionato di questo Gioco, migliore di questo.
“Altro tiro, altro giro, altro regalo”, Flavio Tranquillo, ed. Baldini & Castoldi, 2014, Milano.
Disponibile in formato ebook.