I Golden State Warriors sono ad oggi la migliore squadra NBA di questa Regular Season. Merito di uno Steph Curry in formato MVP (e delle sue prodezze allo scadere), di un Klay Thompson fresco di rinnovo multimilionario sempre più secondo violino di lusso (chiedere ai Lakers per ulteriori informazioni) e più in generale merito di un gruppo sapientemente guidato da Steve Kerr (che meriterebbe un primo piano tutto per sé).
L’arma in più, il comprimario che sempre più si sta affermando in questo primo quarto di stagione è certamente Draymond Green, protagonista della striscia di vittorie tuttora cavalcata da Golden State.
201 centimetri per 104 kg, non di certo le proporzioni “ideali” per un “lungo” NBA. Ma l’antiquato concetto di giocatore d’area nell’NBA del 2014 è (fortemente) messo in discussione. Green è il tuttofare che all’occorrenza si traveste da guardia (c’è Thompson), o da ala piccola (c’è Barnes) o da “stetch four”, ruolo che gli si confà particolarmente.
Certo è che il prodotto di Michigan State ha lavorato tanto per giungere a questi risultati. Come dimostrano anche i dati.
Tabella di particolare interesse. Lo storico delle 3 stagioni nella Lega del numero 23 dei Warriors (l’ultima su un campione di partite ridotto). L’evoluzione offensiva è evidente, a partire dalla quantità di conclusioni prese con i piedi dietro l’arco. Rettangolino verde: si passa dalle 0,8 triple di media tentate a partita alle 5 di queste prime 19 gare.
In valore assoluto, nel 2012/2013 Green in 79 incontri ha tirato 63 volte totali da 3, mandando a bersaglio soli 16 palloni in tutta la Regular Season. Numeri diversi da quelli di questo inizio di stagione, in cui le conclusioni sono già 95 e le retine mosse ben 36, un 38% scarso che lo rende sempre più tiratore affidabile.
Ne sia da esempio l’ultima partita giocata, quella contro i Bulls. 31 punti, 4 rubate, 3 stoppate e 7 triple. SETTE. Vediamo la prima realizzata.
Servito in punta marcato da Noah che viene a prenderlo lontano da canestro. Thompson si muove verso di lui.
Non è un hand off (passaggio consegnato), ma un semplice appoggio quello per la guardia col numero 11, la quale, nonostante il blocco di Green, decide di passare dall’altro lato. La posizione di Noah adesso è totalmente diversa. Ha preso la sua decisione: resto dentro a protezione dell’area.
Thompson legge, riapre fuori per il proprio compagno. Metri e metri di spazio. Il risultato? Eccolo!
Aver automatizzato quel tiro nella squadra degli “Splash Brother” è un lusso non da poco. Sviscerando a fondo i dati di NBA.com il riscontro è immediato.
Ho messo insieme nella stessa immagine i “passaggi da e per” Green, mettendo in evidenza in particolare l’intesa proprio con la guardia titolare dei Warriors. Riquadro in rosso: Thompson su 6,4 passaggi a partita ricevuti dal 23, tira 2,3 volte col 60,5% dal campo. Ripeto, 60,5%! La percentuale da 3 è irreale, 73,7%.
Asserzione finale (come visto anche nell’azione analizzata sopra): il pick&roll tra i 2 è immarcabile. “Pick your poison” dicono dall’altra parte dell’oceano. Scegli il veleno (considerando che Green sugli scarichi del compagno tira col 46,2% dalla lunga distanza).
Certo è che le qualità balistiche del giocatore nato e cresciuto nel Michigan sono diventate solide. Anche in transizione diventa obbligatorio accoppiarsi subito con lui, altrimenti..
Il Basket però è sport che si gioca in entrambe le metà campo. E tutto ciò che in attacco è vantaggioso, non è detto che lo sia in difesa. Anzi. Giocare con un “piccolo” da 4 potrebbe portare a concedere rimbalzi (20 quelli catturati da Gasol nella predetta gara) o più in generale a soffrire il gioco in post dei lunghi avversari.
Il condizionale, anche in questo caso, è d’obbligo. L’abnegazione e le capacità difensive a casa Green non sono difatti mai mancate. E la versatilità e mobilità che la stazza non imponente gli permette d’avere, lo porta anche a recuperare palloni. Come in questo caso.
Noah porta un blocco sulla palla e Green si muove per cambiare in marcatura dietro all’avversario per chiudere la linea di penetrazione al piccolo.
Lo “show” però è molto profondo e il lungo avversario, servito immediatamente, ha aperta davanti a sé una linea di penetrazione verso il ferro. Bogut è costretto ad andare incontro a Noah e Green invece si muove verso il pitturato per riempire l’area.
Il suo movimento è più lesto di quello degli altri, ci mette più energia. L’alto-basso dei Bulls si trasforma così in una palla intercettata da Golden State.
Rapidità, agilità ed intensità che gli permettono anche di cambiare all’occorrenza in marcatura e di tenere botta anche contro attaccanti eccelsi come Butler, votato miglior giocatore del mese di Novembre (magari poi per correre in contropiede e andare a segnare l’ennesima tripla di serata).
Qualità che all’occorrenza servono a mettere una pezza in situazioni d’emergenza, ad esempio con la stoppata in transizione.
Le perplessità però restano. Il problema vero è in post basso, vicino a canestro. Come difende Green in situazioni di single coverage nei pressi del ferro? La risposta è univoca: bene, molto bene. E’ questo quello che fa la differenza, più di tutto il resto.
Un missmatch offensivo vantaggioso che non paga dazio in difesa. L’arma in più dei Warriors. Ma, come al solito, rifacciamoci prima di tutto ai numeri.
NBA Stats, difesa di Draymond Green. “Less than 6 feet” la categoria di nostro interesse. Meno di 6 piedi, ossia vicino al ferro. Il cerchietto rosso sintetizza al meglio. -4,8%. Quando si tira marcati dal 23 si realizza con percentuali più basse, nonostante la stazza ridotta, nonostante tutto il resto.
Le immagini (le ultime, lo giuro), ancora una volta prese dall’ultima gara contro i Bulls. Ennesima riprova.
Gibson, lungo con ottime qualità offensive, sapientemente contenuto e limitato.
La fiducia crescente, il sistema sempre più calzante con le sue doti, la fortuna di vestire la stessa canotta (si, quelle magliette a mezze maniche nere facciam finta di non averle viste) di Curry e Thompson. Tutto certamente fa brodo. Ma la sostanza è una sola. Draymond Green è un role player NBA di inestimabile valore. Quel 915mila dollari e spicci messi nel salary cap quest’anno pongono non pochi interrogativi sulle cifre del suo futuro rinnovo e sulle scelte salariali che Golden State sarà costretta a fare.
Noi nel frattempo ci mettiamo comodi e ci godiamo lo spettacolo. Questi Warriors, grazie alla loro arma in più, sembrano davvero non avere limiti.