Quando Stephon Marbury arrivò ai Knicks via trade ben dieci stagioni fa, sembrava ci fossero le premesse giuste per aprire un ciclo vincente nella Grande Mela. Eppure, nonostante una prima campagna ad alti livelli con 21 punti e 8 assistenze “ad allacciata di scarpe”, la situazione precipitò rapidamente. Nel 2009, dopo aver incontrato grosse difficoltà prima con Coach Brown e poi con coach Thomas, la carriera di Marbury era già praticamente giunta al suo capolinea, e con essa la speranza dei Knicks di poter diventare una squadra di prima fascia. In coincidenza con il periodo cestisticamente buio, l’ormai ex Starbury dovette affrontare la morte del padre, che fu il vero e proprio colpo di grazia. Con il brand “Starbury” che colava a picco insieme all’efficacia del suo gioco, la squadra disastrata e il grave lutto subito, i problemi di Stephon passarono ben presto dal basket ad una vera e propria depressione clinica. Adesso Marbury sta ritrovando sè stesso grazie a una nuova carriera meno carica di pressioni nel campionato cinese, ma in una intervista che andrà in onda il 20 Gennaio negli States ha ammesso di aver più volte desiderato di farla finita durante quel periodo buio della sua vita.