Dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. E’ il caso anche di Stephen Curry, leader della miglior squadra della Western Conference nella stagione in corso. In estate il playmaker di Golden State, per continuare a migliorare la gestione della palla, ha stretto un patto con la madre Sonya, che ha fissato in 3 il limite massimo di palle perse concesse a partita. Per ogni turnover di troppo rispetto al consentito – quindi dalle 3 in su – il figlio deve versare 100 dollari alla mamma che metterà i bigliettoni in un salvadanaio da svuotare a fine anno e con questa somma finanziare quindi lo shopping di sua moglie, Ayesha Alexander, in fatto di moda.
Questo dunque il curioso volere materno che però Curry ha accettato senza batter ciglio ed accettando la sfida implicita racchiusa in questo accordo: continuare a migliorarsi – sempre – porre l’asticella sempre più in alto per poter raggiungere nuovi obiettivi e nuovi traguardi. Non è importante l’aspetto economico della vicenda – che peraltro non dovrebbe far faticare il prodotto di Davidson ad arrivare alla fine del mese, a naso – è importante la cultura del lavoro e della competizione sportiva che lo anima fin da piccolo quando è cresciuto nella scia del padre Dell, ex giocatore NBA dal 1986 al 2002.
La guardia dei Warriors perde la palla nel 14% dei possessi che gestisce – e ne gestisce davvero tantissimi in una partita – per una media 3.2 palle perse a gara finora in stagione. Una media davvero notevole se confrontata al rapporto con gli assist, circa 8 a match. Ora non per fare i conti in tasca a Steph – ma solo per darvi un’idea numerica – se finisse ora la stagione il piccolo grande uomo in maglia numero 30 dovrà sborsare circa 600 dollari, per la gioia della consorte pronta a rifarsi il guardaroba.