Categorie: Editoriali NBA

Atlanta Hawks, il segreto peggio nascosto dell’NBA!

14 vittorie consecutive non sono mai un caso, così come il record di 35-8, secondi solo agli Warriors di cui abbiamo già diffusamente parlato nelle scorse settimane. Merito di una squadra e di un coach cresciuti esponenzialmente negli ultimi 18 mesi, già protagonisti nei Playoff della scorsa stagione contro i Pacers e confermatisi quest’anno ad altissimi livelli.

A Budenholzer sembra essere servita la lunga gavetta da assistente allenatore all’ombra dell’Alamo, 17 lunghi anni passati alla corte dei neroargento.

Difatti, nonostante le 998 miglia che le separano, Atlanta e San Antonio non sono mai state così vicine. Circolazione della palla, movimento sincronizzato dei 5 giocatori sul parquet, tiro da fuori sapientemente alternato al gioco vicino al ferro. Teague, Horford e Korver i nuovi “Big Three” di una squadra che fa della condivisione delle responsabilità il suo credo, che manda costantemente tutto il suo quintetto in doppia cifra.

La contaminazione texana è evidente anche (e soprattutto) nel playbook utilizzato, grondante di situazioni di gioco che richiamano alla mente gli schemi degli Spurs. Un esempio su tutti, il cosiddetto “Hammer”.

Bazemore gioca un hand-off (altra situazione che gli Spurs amano proporre) dal pick&roll buttandosi subito dentro l’area, facendo collassare su di sé la difesa e liberando spazio sul perimetro.

I tiratori prendono posizione sul perimetro distanziandosi nel migliore dei modi e non permettendo al tentativo di recupero di Lowry di essere efficace. Il risultato?

Esecuzione. Anche con la second unit sul parquet. Perché le vittorie spesse volte passano da lì. I 27,55 assist per 100 possessi sono tutt’altro che una sorpresa (anche in questa classifica secondi, ma si sa, in questa prima metà di regular season, è difficile star davanti ai ragazzi della Baia).

Ne sia da esempio l’azione di seguito riportata.

Tutti e 5 i giocatori sul parquet toccano la palla, che prima va dentro e poi viene ributtata fuori, che cambia lato, che “acquista energia” (coach D’Antoni sarebbe fiero di me) e che soprattutto finisce nelle mani di Korver. Si, Kyle Korver.

Già osannato in un articolo scritto un annetto fa, il giocatore col numero 26 sta disputando di gran lunga la miglior stagione della sua carriera.

53,6% da 3. Addirittura la percentuale dal campo (riquadro blu) più bassa di quella con i piedi dietro l’arco. L’unico giocatore al quale il tiro da 2 abbassa la qualità realizzativa. La “true shooting %” al 71%. Inumano se non fosse che le 41 gare disputate iniziano a diventare un campione statistico rilevante. Sempre di più.

Percentuali realizzative figlie di situazioni di gioco “pensate” all’interno di un contesto che sfrutta l’attenzione che sempre più difese pongono verso il giocatore uscito da Creighton. Certo è che se lo lasciano giocare a 2 con Teague tocca solo andare a battere la “rimessa dal fondo”.

Per comprendere l’assurdità dei numeri e per darne un termine di paragone, è interessante riproporre alcuni dati di Vantage Sport.

La produzione per tiro di Korver (Points per Shot) è pari a 1,53, ossia mediamente ogni volta che tira “realizza” 1,53 punti. Nell’intera NBA il tiro più “sicuro”, quello più ad alta percentuale, è il tiro libero. Considerando che la media realizzativa NBA dalla linea della carità è pari 75%, la produzione media di un giocatore della Lega nel tirare i 2 liberi è di 1,50 punti.

Cioè un tiro “medio” di Korver produce più di un giocatore “medio” NBA nella situazione a lui più congeniale. Pazzesco.

Con una macchina così efficiente, basta anche un semplice pin-down (blocco verticale del lungo per l’uscita dall’angolo del tiratore) per mettere in seria difficoltà le difese. E’ da lì che nasce la serie “One”.

Altra variabile è il gioco a due sul pick&roll, sfruttando lunghi perimetrali come Antic e il “nuovo” Millsap, in grado di attaccare il ferro o di prendere conclusioni dalla distanza.

Certo è che ad approfittare della quantomeno rivedibile difesa di Boozer è un attimo, ad esempio.

Più in generale l’utilizzo del p&r laterale (situazione nella quale spesse volte le difese NBA ti portano, basti pensare a Thibodeau e ai suoi Bulls) e le sue varianti può essere utile anche a Maggio.

In questo caso dopo aver fatto circolare la palla lungo il perimetro e averla portata in angolo, Brand ha la doppia opzione di blocco. Sembra salire verso l’angolo per giocare il p&r, ma in realtà può piazzare anche il blocco alle spalle di Vasquez concentrato a tenere d’occhio pallone ed avversario diretto.

Tutto semplice, eseguito con i tempi giusti. Taglio e lay up comodo comodo da sotto.

Terza ed ultima componente (potrei star qui a scrivere per ore, ma meglio evitare), Jeff Teague, playmaker a tutto tondo. All Star vero di questa prima metà di stagione. 17 punti e più di 7 assist di media, palle rubate e intensità su entrambi i lati del campo. La varietà realizzativa è invidiabile.

Step back da 3. Se decidi di passare in quarta posizione dietro il blocco, il numero 0 non perde tempo per punirti.

Se gli lasci la corsia di penetrazione dritta al ferro, no problem. L’atletismo per riempirla non manca.

Passo ad incrocio, controllo del corpo. Al ventisettenne dell’Indiana non manca davvero nulla.

In definitiva il bilancio al giro di boa non può che essere strapositivo. Miglior record ad Est, Budenholzer siederà con merito sulla panchina all’All Star Game e le 14 vittorie consecutive sono già record di franchigia. Ma tutto questo sperano in Georgia che sia solo l’inizio di una cavalcata a più lungo raggio.

Le Cleveland e le Chicago sono avvisate. Gli Spurs dell’Est non hanno intenzione di fermarsi.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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