Come di consuetudine, alla pausa dell’All Star Game, vi presentiamo il nostro personalissimo pagellone di metà stagione, individuando i buoni ed i cattivi della prima parte di regular season. Aspettando trepidanti l’arrivo della primavera e, di conseguenza, dei Playoffs.
Atlanta Hawks: 9. Alzi la mano chi si aspettava Atlanta fare testa di corsa nella Eastern Conference. Stiamo parlando di una squadra che è nei primi posti di quasi tutte le categorie statistiche, che ha vinto 19 partite di fila, mandato all’All Star Game ben 5, dicasi 5, rappresentanti, ivi compreso il coach, e, incredibilmente, fatto apparire la Philips Arena come un luogo abitabile da tifosi, dato più sconvolgente di tutti quelli elencati finora. Aleggia ancora un po’ di scetticismo sulle possibilità nei prossimi Playoffs di arrivare fino in fondo ad Est, ma occhio alla corazzata di Coach B.
Boston Celtics: 6. I Celtics a nostro giudizio si meritano la sufficienza, a dispetto di un record decisamente perdente. Il motivo? Sono una squadra giovane e ben allenata da Brad Stevens, che ha ceduto man mano i pezzi migliori (da ultimi Rondo e Green), ma che comunque ha ottime prospettive nel futuro e fa intravedere lampi discreti nel presente. Di recente è emerso Evan Turner come uomo dell’ultimo tiro, regalando alcune vittorie di prestigio (Portland ed Atlanta) ai suoi. I Playoffs sarebbero a portata di mano, ma è probabile che si accumulino le sconfitte da qui ad Aprile.
Brooklyn Nets: 5+. Un ambiente che ha perso l’entusiasmo generato dall’arrivo nella Grande Mela e pervaso dai continui rumors su possibili avvicendamenti di un certo qual peso al vertice societario. Sono abbondantemente in corsa per l’ottava moneta ad Est, a dispetto di un Garnett al passo d’addio, di un Williams al solito frenato da guai fisici e da Lopez e Johnson che potrebbero anche cambiar maglia nei prossimi giorni. Tra le note positive di una stagione anonima, sicuramente Mason Plumlee, cresciuto dopo l’esperienza estiva ai Mondiali.
Charlotte Hornets: 5. Potevano e dovevano essere nelle posizioni al vertice, o quasi, della Conference. Ed invece sono sembrati la solita barzelletta nel primo mese e mezzo di regular season, riprendendosi solo di recente grazie ai ritrovati meccanismi difensivi. Fallimentare l’acquisto di Stephenson, mai convincente ed ormai appartenente al secondo quintetto. Gli infortuni, inoltre, non hanno lasciato tregua: oltre allo stesso Lance, anche Al Jefferson e Kemba Walker sono stati particolarmente bersagliati. Teoricamente dovrebbero farcela ad agguantare la postseason, ma occhio ad altri improvvisi rovesci temporaleschi.
Chicago Bulls: 6,5. Stagione altalenante quella dei Tori sinora. Con l’acquisizione di Pau Gasol (super) sono sembrati cambiar pelle, trovando molte più risorse del passato in attacco ma perdendo smalto ed incisività nella propria metà campo. Non sono sembrati essere la solita squadra di Thibodeau e, non a caso, già è trapelato qualche spiffero non certo gradito sul futuro dell’allenatore. Positivi i segnali sul ritorno di Rose, a dispetto di tante serate con la mira scentrata, mentre è definitivamente esplosa la stella di Jimmy Butler. Nei Playoffs, comunque, potrebbero fare parecchia strada.
Cleveland Cavaliers: 6-. Sufficienza mancata di poco per i Cavs, la formazione forse più enigmatica vista sinora, con i riflettori ben puntati addosso (e non sarebbe potuto essere altrimenti). Tante montagne russe, polemiche, una difesa porosa, un allenatore sulla graticola per settimane, star non sempre sulla stessa lunghezza d’onda, sconfitte brucianti e, per converso, anche strisce di vittorie consecutive. Dall’anno nuovo LeBron James e soci hanno cambiato marcia, complici anche le trade che hanno rimescolato le carte in gioco. Difficile capire dove possa arrivare questa squadra, che ha ancora tanto lavoro da fare.
Dallas Mavericks: 6,5. Partenza lanciatissima per gli uomini di Rick Carlisle, facendo intravedere potenzialità da vera contender. Poi però, soprattutto dopo l’arrivo di Rajon Rondo, la corsa si è fermata, con diverse battute d’arresto ed un’apparente crisi di rigetto nei confronti dell’ex Celtics. In quella tonnara che è la Western Conference, è vitale che Nowitzki e compagni si rimettano in carreggiata per assicurarsi un seed favorevole e cercare poi di dare il tutto per tutto nei Playoffs.
Denver Nuggets: 4,5. La Denver di George Karl è ormai un lontano ricordo, così come quel Pepsi Center che sembrava un fortino inespugnabile. La banda di Brian Shaw si è sciolta come neve al sole, ottenendo solo qualche guizzo qua e là. Il coach, per usare un eufemismo, non sembra aver fatto breccia nel cuore dei suoi giocatori, ed anche l’indomito Kenneth Faried sembra essere vittima di una stagione sottotono. L’unica nota lieta, forse, il progresso costante del rookie bosniaco Jusuf Nurkic, ormai centro titolare.
Detroit Pistons: 5,5. Voto che scaturisce da una media tra la squadra vista da Natale in poi e quella, francamente imbarazzante, dei primi due mesi di stagione regolare. Lo spartiacque, ormai famigerato, il taglio di Josh Smith, che ha comportato una vera e propria rivoluzione Copernicana nei Pistons. Dopo una selvaggia rimonta, è arrivata la bruttissima tegola dell’infortunio di Jennings, che probabilmente impedirà alla squadra di accedere a dei Playoffs che sono sembrati meritati per quanto fatto vedere nell’anno nuovo. Grazie anche al solito Stan Van Gundy si intravede un barlume di ottimismo, dopo un lustro di mediocrità tutt’altro che aurea.
Golden State Warriors: 9...come le sconfitte sinora patite, a fronte di 42 vittorie, il che equivale al miglior record della Lega. “Discreto” l’esordio di Steve Kerr sul pino, aiutato anche dall’esplosione degli Splash Brothers, con un Thompson a tratti surreale ed un Curry da MVP. Sono primi praticamente in tutte le catagorie statistiche: defensive rating, pace factor, punti per gara (quarto offensive rating), percentuale dal campo concessa agli avversari, true shooting e effective field goal percentage e chi più ne ha più ne metta. Sono sembrati lievemente in calo negli ultimi giorni ma occhio a sottovalutarli da Aprile in poi. Quest’anno, alla Oracle Arena, possono davvero crederci.
Houston Rockets: 8+. Nonostante la, praticamente, continua assenza di Dwight Howard, i Rockets sono tra le posizioni di testa ad Ovest. Il merito va ad un James Harden versione cinque stella extralusso, capocannoniere di una Lega di cui dovrebbe essere l’MVP se non esistesse il signore in maglia 30 di Golden State. A dispetto della brutta fama portatasi addosso, gradualmente Josh Smith si è mostrato molto utile dalla panca, mentre ormai in quintetto fisso, ed autore di una stagione notevolissima, è Donatas Motiejunas.
Indiana Pacers: 6. Senza Paul George, con George Hill praticamente fuori per 3 mesi, West out nelle prime settimane, si poteva tranquillamente pensare ad una stagione da bassifondi purissimi per i ragazzi di coach Vogel. Ed invece no, perché i Pacers sono una squadra ben allenata e con una precisa identità, a dispetto delle croniche lacune offensive accentuate dall’assenza del miglior giocatore. Resteranno fino all’ultimo in corsa per i Playoffs, con buone possibilità di accaparrarsi il biglietto d’ingresso. Anche perché, negli ultimi giorni, si sono accentuate le voci di un possibile clamoroso ritorno di PG24 già dal mese prossimo.
Los Angeles Clippers: 6,5. Primi per offensive rating, sempre il solito record oltre il 60% di vittorie e Chris Paul nel motore. Eppure i Clippers non sembrano avere il look sinistro della vera contender, né aver compiuto particolari progressi in senso collettivo. L’apporto dalla panca, escluso il solito Crawford, è stato risibile. Con l’infortunio di Griffin è esploso in una serie di 20+20 DeAndre Jordan, ma pensare che l’ex Lob City possa fare molta strada nei Playoffs ad oggi pare arduo.
Los Angeles Lakers: 4,5. Una squadra che non aveva prospettive e che è riuscita a mantenere tali premesse. Una fase difensiva imbarazzante, una serie di carneadi che ha contribuito a far sì che i Lakers siano avviati verso la peggior stagione nella storia della franchigia. Unica nota positiva, il sorpasso di Bryant ai danni di Jordan nella classifica realizzatori all-time. Da allora il Mamba è sembrato improvvisamente svuotato di energie, finendo col chiudere anticipatamente la stagione e, a meno di clamorosi ripensamenti, dare appuntamento per un ultimo tango a Los Angeles l’anno venturo. Molto sfortunata anche la prima scelta Julius Randle, infortunatosi gravemente nell’opener.
Memphis Grizzlies: 8,5. Zitti zitti, quatti quatti, i Memphis Grizzlies hanno condotto sinora una grande stagione, mettendo radici al secondo posto ad Ovest senza essere troppo lontani dai ben più reclamizzati Golden State Warriors. Merito di una squadra che gioca ormai a memoria e con una precisa identità, del solito Gasol, della classe di Conley e delle innumerevoli doppie doppie di Randolph. A meno di accoppiamenti troppo sfavorevoli, nei Playoffs diranno sicuramente la loro, forti anche dell’acquisizione di Jeff Green, che ha dato loro un elemento con caratteristiche nuove rispetto ai Grizzlies delle scorse edizioni.
Miami Heat: 5+. Che i Miami Heat fossero avviati ad un’annata sicuramente inferiore rispetto ai fasti dell’ultimo quadriennio era ampiamente preventivabile. Che però rischiassero di non fare i Playoffs magari non era previsto da tutti. O, d’altro canto, che Hassan Whiteside sarebbe diventato una macchina di doppie doppie alla Moses Malone probabilmente non era nelle carte e negli oroscopi. I soliti guai hanno sensibilmente frenato la stagione di Wade, costretto a saltare un buon numero di gare. Ci sarà bisogno di un Flash a pieno regime per rimanere aggrappati alla settima od ottava posizione.
Milwaukee Bucks: 8. Con buona pace degli Hawks, probabilmente LA sorpresa di questo avvio di stagione. I Bucks, al momento, sono sesti ad Est, con un buon margine sugli inseguitori ed una distanza nemmeno troppo proibitiva dalle squadre che li precedono. Merito di una difesa incredibilmente efficace (quarto defensive rating) e di un coach Kidd che si sta riscattando dopo le turbolenti avventure ai Nets, in grado di plasmare una bellissima creatura, a dispetto della pesante perdita di Jabari Parker e dei guai di Sanders. Knight sempre più leader, in parabola super-ascendente Antetokounmpo. Applausi.
Minnesota Timberwolves: 5-. Stagione da “perdere e perderemo” doveva essere e da “perdere e perderemo” sarà. Con un roster molto giovane, ed i soliti lunghi infortuni ai veterani di valore (Rubio, Pekovic, Martin), c’erano ben poche speranze di accumulare vittorie. Fari tutti puntati, e non poteva essere altrimenti, su Andrew Wiggins, destinato al titolo di Rookie dell’Anno. Ci vorrà ancora qualche anno di pazienza per raccogliere i primi frutti.
New Orleans Pelicans: 6. I Pelicans sono là, intravedendo la possibilità della postseason, ed aggrappandosi di peso al monociglio più famoso del mondo. Già, perché Anthony Davis ormai ha raggiunto, al terzo anno, lo status di superstar e, con ogni probabilità, futuro MVP della Lega. La squadra, in realtà, non sarebbe malvagia nei primi 5-6 elementi, ma qua entrano in gioco anche i limiti dello staff tecnico. L’ambiente deve pregare che Davis sia immune da infortuni nella seconda parte di stagione, per provare a sperare in Playoffs difficili ma non impossibili.
New York Knicks: 4,5. Quando si pensa che i Knicks abbiano toccato il fondo, sembrano sempre riuscire a sorprendere tutti. Annata semplicemente disastrosa, sebbene la ieratica presenza di Phil Jackson stia fungendo da parafulmine essenziale per non subire gli ormai classici contraccolpi psicologici. Ai sempre numerosi tifosi del Garden è richiesto l’ennesimo atto di pazienza e fede, sperando nella buona sorte e nelle palline del Draft, che saranno ancor più numerose se, come sembra, Anthony chiuderà in anticipo la propria annata.
Oklahoma City Thunder: 5,5. Teoricamente, il fatto di essere ancora vivi ed in corsa per i Playoffs, nonostante le tante gare saltate da Westbrook e, soprattutto, Durant, dovrebbe essere una nota di merito. La verità è che, anche a pieno regime, i Thunder non hanno convinto sino in fondo, a dispetto dei numeri da Playstation di Russell. Non particolarmente efficaci le mosse di mercato, da separato in casa Reggie Jackson, ed ormai cronici i difetti, quanto le virtù, di questo gruppo e del proprio capo-allenatore. Dovrebbero entrare con un seed molto basso ma, a dispetto anche di quanto detto, destare più di una preoccupazione alle avversarie dai record brillanti che li affronteranno.
Orlando Magic: 5-. La gestione Jacque Vaughn ha dimostrato che non è tutto oro quel che luccica da Spursello, per quanto sia difficile da credere di queste lune. Un’ottima base di giovani che avrebbe dovuto e potuto farsi valere maggiormente in questi mesi di regular season, mostrando però pochi segnali di miglioramento e progresso. Importante la scelta del prossimo head coach, anche perché, in fin dei conti, il nucleo per costruirsi un futuro davvero interessante ci sarebbe già.
Philadelphia 76ers: 5. Tutti pronti a festeggiare il revival dell’ormai leggendario 9-73 della squadra del 1973, con lo spumante pronto a stappare dopo le 17 sconfitte per iniziare l’anno. Ed invece da lì in poi la stagione dei Sixers è stata decorosa, a dispetto di un roster con nomi non necessariamente di primo piano. Tra i volti nuovi, da segnalare le prestazioni di Robert Covington, giocatore tutt’altro da disprezzare. La testa, come era logico e lecito attendersi, è rivolta a Secaucus.
Phoenix Suns: 6,5. Annata contraddittoria dei Suns, chiamati a migliorarsi dopo la strepitosa regular season passata. La squadra al momento sarebbe ottava ad Ovest, ma pare in calo nell’ultimo mese e con ormai tante, troppe, partite perse in volata. L’augurio per i tifosi di Phoenix è che tali sconfitte non peseranno al termine della stagione, ma pare difficile che si riesca a resistere alla rimonta delle squadre che inseguono. Occhio anche a possibili movimenti di un certo spessore alla deadline, con un incostante Dragic il cui futuro in Arizona è tutt’altro che certo.
Portland Trail Blazers: 7,5. Il copione di Portland sembra essere quello della passata stagione, con una partenza bruciante per poi sedersi. Quest’anno in Oregon si augurano che le cose non vadano nella stessa direzione, complice anche una difesa progredita (secondo defensive rating). I soliti Aldridge e Lillard guideranno la baracca, sperando di fare strada in Primavera. Sottotono, invece, la stagione di Batum.
Sacramento Kings: 5,5. Partiti benissimo ma proseguiti malissimo. Il discusso e discutibile licenziamento di coach Malone, con la squadra attorno al 50% di vittorie, ha innescato un effetto domino che ha portato al ripetersi di pessime abitudini sul campo. Cousins, a dispetto delle cifre, non ha particolarmente apprezzato la mossa del management, facendo intendere il proprio disappunto per la gestione dell’allenatore. L’ormai imminente nomina di George Karl, dopo l’irrisoria parentesi-Corbin, non servirà certamente a cambiare l’inerzia dell’ennesima stagione ormai compromessa, ma potrebbe riaccendere la speranza di un futuro migliore nella capitale della California.
San Antonio Spurs: 6,5. I campioni in carica hanno avuto un rendimento altalenante nei primi due mesi di stagione regolare, con un Dicembre particolarmente impegnativo ed intenso. La solita gestione dei veterani, qualche infortunio di troppo a Leonard ed un andamento abbastanza sottocoperta. Per lunghi tratti ancora irreale Tim Duncan, ad un battito di ciglia dall’ennesima stagione da doppia doppia di media. Se i tanti vecchietti arriveranno in condizione ed in salute all’appuntamento con la postseason, guai a sottovalutare i nero-argento, che vorrebbero tanto smentire i corsi e ricorsi storici delle proprie annate post-titolo. A patto che si finisca col terzo o massimo quarto seed ad Ovest, obbiettivo tutt’altro che irraggiungibile.
Toronto Raptors: 8,5. Partenza folgorante per la franchigia canadese, forte del solito Lowry e di un Williams da sesto uomo dell’anno. L’infortunio e, soprattutto, il conseguente ritorno di DeRozan hanno provocato qualche battuta d’arresto in più ad inizio anno per la squadra col secondo offensive rating della Lega. Tante le trasferte da qui in avanti, ma le possibilità di centrare due obbiettivi sembrano a portata di mano: migliorare il record di vittorie su singola stagione e superare, finalmente, un benedetto turno di Playoffs.
Utah Jazz: 5,5. Lampi interessanti dai Jazz, grazie anche agli insegnamenti di coach Snyder. L’andamento è stato però, al solito, incostante, con tante battute d’arresto, anche se non con l’eccessiva arrendevolezza del recente passato. Con Burke retrocesso in panca, ci si aspettava qualche cosa in più da Dante Exum, che giova evidentemente di altro tempo per completare l’adattamento. Nel frattempo, ci si consola col nuovo Mark Eaton, il francesone Rudy Gobert, probabile starter in un futuro non troppo lontano, con inevitabile cessione di Kanter.
Washington Wizards: 7+. Un rendimento balbettante nell’ultimo mese e mezzo abbassa lievemente il voto di Washington, invero stabilmente nei primi piani ad Est dall’esordio stagionale. L’avvio era stato bruciante, con un John Wall ulteriormente migliorato ed un redivivo Rasual Butler dalla panca. Da Natale in poi, la buonissima organizzazione difensiva non è riuscita a sopperire all’ormai cronica stagnazione dell’attacco in diversi frangenti delle partite. Ansia per le condizioni di Bradley Beal, mentre per Pierce si aspetta il contributo sostanzioso nel suo habitat naturale, da Aprile in poi.
Alessandro Scuto