Nato al sole di Los Angeles il 26 aprile 1992 e finito nello stato dei mormoni, Delon Wright è un senior atipico: stella liceale nello stato della California, seppur non ai livelli del fratello Dorrell -dichiaratosi per il draft NBA 2004 dopo aver dominato la scena del più freddo Connecticut-, Delon ha dovuto invece affrontare un percorso più tortuoso, mettendosi in mostra prima per due anni nel City College of San Francisco della non prestigiosissima CCCAA (California Community College Athletic Association) per poi, dopo due anni, fare il suo approdo in Division I e più precisamente nello stato dei laghi, in un programma come quello di Utah che veniva da due stagioni non particolarmente esaltanti concluse con 21 vittorie complessive (6+15). Sarà un caso, ma con l’arrivo di Delon e dei suoi -prendete fiato- 17 punti (settimo nella Pac 12), 5 assist (terzo), 2.5 rubate (primo), 1.3 stoppate (terzo) e 6.8 rimbalzi (ricordiamo che sarebbe un play) a partita -il tutto con il 56% dal campo (terzo nella Pac 12) e l’80% ai liberi (nono)- gli Utes conquistano esattamente 21 partite, giungendo alla loro prima post-season dal 2009 con l’approdo al NIT. Con numeri paragonabili ed un migliorato tiro dalla distanza Wright in questa stagione ha guidato i suoi, ad oggi, a 26 vittorie e al ritorno al Torneo NCAA, dove gli Utes sono ancora in corsa con ad attenderli proprio stanotte una sfida alle Sweet Sixteen contro Duke.
Giocatore il cui impatto a livello collegiale è evidentemente insindacabile, Delon ha però fatto girare la testa di diversi scout NBA ed ha imposto il suo nome tra quelli da tenere segnati sul taccuino in vista del Draft 2015, cerchiamo allora di comprendere meglio pregi e difetti di questo talento multiforme.
Playmaker generoso e intelligente dotato da Madre Natura di 196 cm di altezza e un’ apertura alare di circa due metri, Wright presenta senza dubbio tutti gli elementi fisici necessari per poter dire la sua anche al piano di sopra, ai quali unisce un buon atletismo specialmente nei cambi di passo e discreta esplosività.
Come i numeri esplicano già piuttosto chiaramente, il punto di forza maggiore di Wright risiede di sicuro nella sua incredibile versatilità e quindi nella sua capacità di risultare decisivo in ogni partita sotto moltissimi aspetti del gioco: capace grazie ai propri centimetri di guidare le azioni vedendo spesso il dipanarsi delle stesse al di sopra delle teste dei suoi pariruolo, Wright è il classico pass-first playmaker, concentrato prima sul migliore sviluppo di un’azione per il bene della squadra che non sulle azioni individuali. Particolarmente a suo agio nelle situazioni di pick’n’roll, dove quest’anno ha trovato anche un altro scienziato in questo ambito come il lungo Jacob Poeltl, Delon è in grado tanto di segnare battendo i difensori dal palleggio e concludendo con un buon arsenale di floaters e tiri nei pressi del canestro, quanto di trovare con grande abilità i compagni anche sul lato debole del campo, dimostrando una visione del gioco costantemente a 360°. Per limitare il predominio fisico di questo atipico play di quasi due metri in difesa sono spesso state poste su di lui ali come ad esempio Rondae Hollis Jefferson: situazioni che è più difficile si ripetano al piano di sopra e in cui comunque Wright ha sempre dimostrato di saper adattarsi in maniera più che buona, sfuttando la propria maggiore rapidità e quando possibile il suo ottimo gioco in transizione. Come dicono le percentuali siamo poi di fronte ad un giocatore eccezionalmente efficace nei pressi del ferro dove, con risultati da lungo di buon livello e con un offensive rating tra i migliori della nazione, ottiene la maggior parte dei propri punti. Fulcro di un attacco altruista e organico che sotto la guida di coach Krystkowiak riprende anche molti set e “credo” NBA, compresa la “one-second rule” spursiana di cui Wright è perfetto interprete, il ragazzo di L.A. non dà però tutto il suo meglio solo nella metà campo offensiva: difensivamente parliamo infatti di una delle migliori guardie di tutto il Draft, con grandissimi istinti per l’anticipo, ottime letture e la grande e sottovalutata capacità di saper difendere sì sulla palla (come dimostrano le oltre due rubate a partita), ma anche e sopratutto lontano da essa. I suoi centimetri gli permettono poi naturalmente di poter essere un difensore efficace tanto sui pariruolo quanto sulle ali avversarie, risultando anche in grado di catturare diversi rimbalzi sopra le teste di queste ultime.
I maggiori punti deboli del nativo di Los Angeles, che nelle ultime proiezioni del prossimo Draft lo costringono nella zona di fine primo giro, risiedono sostanzialmente nei 23 anni che andrà a compiere il prossimo 26 aprile e che apparentemente lasciano meno spazio a futuri miglioramenti, in un atletismo buono a livello collegiale, ma meno d’elite in ambito NBA, e sopratutto in un tiro ancora poco convincente. In realtà la meccanica di tiro è buona come dimostrano anche le ottime percentuali ai liberi e, nonostante l’età (si fa per dire), Wright ha dimostrato di sapersi migliorare anche in questo ambito tirando nella stagione corrente con un 36% da oltre l’arco che lascia ben sperare per il futuro. Certo, diversi sono i passi in avanti da fare per divenire un giocatore temibile in situazioni di spot-up e di creazione del proprio tiro dal palleggio, ma l’impegno di Delon è dimostrato dai buoni risultati messi in mostra quest’anno. Leggermente sotto al par anche il ball-handling, dato che spesso le -comunque accettabili- due palle perse a partita sono non tanto frutto di cattivi passaggi quanto piuttosto di difficoltà in situazioni di dribble-handoff o dei (rari) isolamenti, dove un trattamento di palla nella media ed un’esplosività non “Westbrook-iana” lo rendono più vulnerabile.
Secondo il parere di chi scrive, il gioco, e per certi punti di vista anche la storia, di questo ragazzo si possono avvicinare a quelli di un altro giovane play molto completo e snobbato fino a pochi mesi prima dello scorso Draft, salvo poi entrare nella top ten dello stesso e dar subito vita ad un’ottima stagione da rookie, ovvero Elfrid Payton: naturalmente le sole somiglianze non portano ad equivalenti risultati, ma, come Payton, Wright sembra poter offrire alla squadra che lo pescherà, indipendentemente dal tiro, troppe qualità perché queste non riescano un giorno a mettersi in mostra anche sul palcoscenico NBA, presentandocelo come uno dei papabili al ruolo di prossimo steal of the draft qualora venisse scelto dopo la ventesima chiamata.