Categorie: Road To Draft

Road to Draft 2015: Jerian Grant

Un vecchio adagio recita che il figlio dovrebbe sempre seguire le orme del padre, anche nel campo lavorativo. Un’idea abbastanza arcaica che, al giorno d’oggi, generalmente è respinta in tutti gli ambiti, eccetto, forse, uno: quello sportivo. Perché tutti si aspettano sempre che il figlio del campione diventi campione a sua volta, che magari vada a giocare nella stessa squadra del padre e, come il padre, ne diventi il simbolo. A volte succede, ma altre volte, più spesso a dir la verità, il peso delle aspettative finisce per schiacciare il giovane rampollo, fino a impedirgli di esprimersi. Capita ovunque, in ogni sport. In NBA ci sono esempi positivi (chiedere al #24 in maglia giallo-viola se è riuscito a fare meglio di papà Joe), ma anche negativi (Tim Hardaway jr., figlio di Tim Hardaway, non sembra esattamente avviato sulla strada della Hall of Fame). Anche Jerian Grant, volente o nolente, dovrà entrare a far parte della lunga lista dei figli d’arte: figlio di Harvey Grant (scelta #12 dei Washington Bullets nell’NBA Draft 1988, con una discreta carriera tra i pro) e fratello di Jerai (ala forte del BK Ventspilis, nel massimo campionato lettone) e Jerami Grant (ala dei Philadelphia 76ers), ha come zio un certo Horace. Questo nome vi dice qualcosa? Se state pensando a quattro titoli NBA divisi tra Chicago e Los Angeles, sponda Lakers, se state pensando a un All Star Game e a quattro inclusioni nell’All Defensive Team NBA siete sulla giusta strada. C’è un passato altisonante, quindi, dietro (e sulle) spalle di Jerian, un ragazzone nato il 9 ottobre del 1992 nella ridente cittadina di Silver Spring, in Maryland.

Jerian Grant

In una famiglia in cui anche il labrador Buddy fa dei gran no look passes e schiaccia nel traffico, era inevitabile che i figli si avviassero sulla gloriosa via paterna. Jerian frequenta la DeMartha Catholic High School di Hyattsville, Maryland, dove si mette in luce come guardia affidabile, facendo registrare, nel suo anno da senior, 10.5 pts a partita mentre DeMartha, che lo ha eletto a suo capitano, mette insieme un record di 32-4. Dopo il diploma, nel 2010, decide di andare all’Università di Notre Dame, per giocare agli ordini di coach Mike Brey (anche lui ex alunno del DeMartha). Dopo un anno di redshirting [nello sport collegiale il redshirt è un anno di sospensione dalle attività sportive, allo scopo di prolungare il periodo di eleggibilità di uno studente-atleta, passando da quattro a cinque anni N.d.A.], è nel 2011-12 che Jerian comincia a mettere il suo talento in campo per gli Irish, con una stagione da 12.3 pts e 4.9 ass di media, con il 38% dal campo e il 35% da tre, cifre che gli valgono l’inclusione nel Big East Conference All Rookie Team. L’anno successivo continua sulla stessa linea di rendimento, con 13.3 pts e 5.5 ass a partita, cifre che valgono un posto nell’All Big East Second Team. Alla fine del 2012-13 l’Università di Notre Dame subisce uno spostamento, e passa dalla Big East alla Atlantic Coast Conference (ACC). Viene votato fin da subito nel preseason All-ACC team e il suo rendimento nelle prime 12 partite (19 pts e 6.2 ass di media nella partenza 8-4 degli Irish) sembra dare ragione a tutti gli amanti dei pronostici, ma a partire dal 23 dicembre 2013 è costretto a saltare l’intera stagione per motivi accademici. Alla fine dell’anno decide quindi di tornare a Notre Dame e non dichiararsi eleggibile per il Draft NBA 2014. I risultati di questa stagione 2014-15 gli stanno dando ragione: Notre Dame viaggia a ritmi altissimi, ha la migliore efficienza offensiva e lo ha messo al centro del suo attacco (16.8 pts e 6.6 ass a partita in 36.5 min di media nelle 31 partite giocate quest’anno). Andiamo quindi a conoscere nei suoi pregi e nei suoi difetti questo giocatore in costante ascesa.

Punti Forti

Jerian Grant è una point-guard dalle “misure” tutt’altro che trascurabili: 6.5 piedi, traducibili in 1.96 m, e 204 libbre (come dire 93 kg) che dimostra un gran trattamento di palla (con entrambe le mani) e un’ottima abilità nel palleggio. Un vero playmaker, insomma, con buona visione del campo e abilità di passaggio, qualità che, sposate a un Q.I. cestistico invidiabile e a un decision making virtualmente ineccepibile, lo portano raramente a commettere errori o a sprecare un possesso. Del resto, considerati tutti i palloni che gli passano per le mani, la sua percentuale di palle perse è piuttosto bassa (2.1 a fronte di 6.6 ass). Dal punto di vista offensivo dispone di un buon numero di frecce al suo arco: un jumper affidabile da praticamente qualsiasi distanza (indimenticabile la sua tripla in step back nel minuto finale della partita tra i suoi Irish e gli Xavier Musketeers), un rilascio veloce ed elegante,  un primo passo bruciante, che gli consente di lasciare sul posto il difensore e di andare a concludere al ferro, sia in sottomano che in schiacciata, anche nel traffico, dove riesce a resistere ai colpi grazie alla sua struttura fisica di tutto rispetto. Ha buone abilità anche in isolamento, un gran controllo del corpo, che sa usare per difendersi dagli stoppatori mentre attacca il canestro. Veloce nei movimenti sul parquet e nei cambi di direzione è rapido anche nel movimento di piedi. Le braccia lunghe gli sono utili sia nei passaggi che in fase realizzativa, consentendogli conclusioni di grande atletismo. Anche difensivamente è un’opzione solida, solitamente spostato a difendere sulle shooting guard in virtù della sua struttura fisica più massiccia rispetto a quella di una point guard classica e della sua rapidità. Insomma un giocatore equilibrato, completo, volenteroso. Pronto a compiere un ulteriore passo sulla strada gloriosa tracciata dalla sua famiglia.

Punti Deboli

Ci sono alcuni aspetti del gioco di Jerian che il ragazzo dovrà assolutamente migliorare prima del suo approdo nei pro. Ad esempio la sua selezione di tiro. Spesso (troppo spesso in realtà) si ritrova a forzare tiri quasi impossibili, a volte con la mano di un difensore in piena faccia. Le percentuali di 38% dal campo e 35% da tre fatte registrare nel suo anno da freshman hanno risentito fortemente di questa sua tendenza. Un altro aspetto da migliorare del suo gioco sta nei rimbalzi. Una guardia con la sua fisicità potrebbe ambire a cifre più importanti a quella voce rispetto ai 2.9 a partita che fa registrare attualmente, soprattutto considerando il tempo che passa in campo (36 min). Le sue penetrazioni si risolvono troppo poco spesso in un viaggio in lunetta (4 tentativi di tiro libero a partita), al contrario ogni tanto si spinge troppo oltre e finisce per infrangersi contro la difesa di un lungo avversario. Dovrebbe ampliare il suo arsenale offensivo, lavorando sul suo floater che è ancora troppo impreciso. Difensivamente, nonostante le buone premesse, non mette ancora in campo abbastanza energia e cattiveria agonistica, inoltre, mancando di velocità laterale, non riesce a essere decisivo come potrebbe marcando i suoi pariruolo.

Prospettive

Nonostante le molte buone premesse e la storia familiare che depone a suo favore, ancora troppi dubbi avvolgono la figura di Jerian Grant nell’immaginario di addetti ai lavori e GM della NBA. Sicuramente questi ultimi mesi a Notre Dame saranno fondamentali per il suo futuro. Azzardando una previsione, che potrebbe essere facilmente disattesa, visti gli intangibles che condizionano sempre la seconda metà del tabellone delle scelte al Draft, possiamo dire che sarà scelto introno alla #18. Siamo più restii a ipotizzare “cosa” possa diventare. Qualche analyst oltreoceano ha cautamente fatto presente un parallelo con Terry Porter, ex star dei Portland Trail Blazers nell’edizione targata Clyde Drexler e poi dei T’wolves, degli Heat e degli Spurs, ed è una cosa che ci sentiamo di augurargli il più calorosamente possibile. Ma sarebbe più giusto, e più prudente, paragonarlo a un giocatore come DeQuan Cook.

La domanda difficile è a chi possa fare effettivamente comodo un giocatore con le sue caratteristiche. In una lega imbottita di combo guards capaci di passare la palla tanto quanto di segnare in prima persona, emergere potrebbe essere decisamente difficile. Alcune franchigie potrebbero decidere comunque di puntare su di lui: ad esempio i Phoenix Suns che, nel balletto delle trade sul filo del rasoio che hanno animato la scorsa deadline, sono usciti “depotenziati” nel back-court, dopo essere stati la franchigia più “folta” da quel punto di vista.

Cosa sarà di Jerian Grant può deciderlo solo Jerian Grant. Ma già adesso si può essere certi di qualcosa: la “dinastia” dei Grant porterà un nuovo elemento ad arricchire la sua lunga tradizione nella lega di basket più bella del mondo.

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Pubblicato da
Simone Simeoni

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