Il premio di Allenatore dell’Anno, che assegnerà la NBA per la regular season 2014/2015, sarà un testa a testa fra Mike Budenholzer e Steve Kerr, rispettivamente coaches degli Atlanta Hawks e dei Golden State Warriors. D’altronde, è difficile ignorare il record-franchigia di 60 vittorie stagionali per la squadra della Georgia, ed è ancora più arduo non considerare lo strepitoso ruolino di marcia di 67 partite a fronte di sole 15 sconfitte per gli uomini agli ordini di coach Kerr.
Tuttavia, c’è un signore seduto sulla panchina di Houston che è riuscito a vincere il titolo della Southwest Division ed a guadagnare il secondo posto nella Western Conference, nonostante abbia allenato una squadra infarcita di giocatori infortunati. Costui, che negli anni 80 ha dominato in maglia Celtics insieme ad un certo Larry Bird, è Kevin McHale.
Con la vittoria dei Razzi di mercoledì notte per 117-91 contro gli Utah Jazz, coach McHale dovrebbe ricevere molto più credito e possibilità di vincere il premio di Coach of the Year, proprio grazie al suo grande lavoro svolto all’interno della stagione.
Probabilmente l’allenatore dei Rockets non riceverà nemmeno un voto da parte degli addetti ai lavori NBA. E’ una tipologia di coach che bada al sodo, non gli interessa vincere trofei personali. McHale segue la filosofia del leggendario Red Auerbach: “Tu non giochi per vincere premi o ricevere riconoscimenti personali, tu devi giocare solo per vincere i titoli”. Attenzione, Kevin ha vinto un titolo alla sua prima stagione NBA e quando ciò succede, non ti fa preoccupare per qualche titolo divisionale. Hai ambizioni molto più grandi…
McHale ha impostato un gioco offensivo che non prevede tiri dalla media distanza: i suoi giocatori prendono o tiri da 3 punti, oppure concludono al ferro. Questa filosofia cestistica è stata anche uno dei fattori che ha permesso a James Harden di disputare una regular season da autentico MVP della Lega.
Infortuni. Durante l’anno McHale ha dovuto cambiare molte volte il suo starting five, a causa degli infortuni accorsi a Donatas Motiejunas, Patrick Beverly, Terrence Jones e soprattutto Dwight Howard. Se si sommano le partite saltate da questo quartetto durante la stagione, si arriva a qualcosa come 180 partite totali. Il general manager dei Rockets, Daryl Morey, ha dato un buon contributo per coprire la falla venutasi a creare, ingaggiando Corey Brewer, Josh Smith e Pablo Prigioni.
E qui esce fuori la bravura di questo allenatore. Quando Beverley è andato out per la stagione, McHale ha inserito Jason Terry e Pablo Prigioni nel quintetto. Poi, con Howard out, ha spostato nello starting five Joey Dorsey, Smith e Motiejunas. Nel momento in cui anche il lituano ha concluso la sua stagione per infortunio, ha scongelato dalla panchina il rookie Clint Capela (ottenendo tra l’altro riposte importanti) facendolo giocare sia in coppia con Smith che con lo stesso Howard, il quale è stato utilizzato e verrà utilizzato con un minutaggio contenuto, proprio per non perderlo nuovamente nei playoff.
Tutti i giocatori, dalle riserve alle star come Harden e Howard, lo adorano e apprezzano la capacità di McHale di imprimere il suo carattere al team. Le squadre candidate al titolo sono avvertite: quest’anno gli Houston Rockets fanno paura e non sarebbe affatto una sorpresa vederli lottare per il titolo a Giugno.