CHICAGO BULLS
TOP
Derrick Rose. Sempre più vintage, ieri ha impedito ai Bulls di perdere in 48 minuti di gioco con 34 punti, 8 assist e 5 rimbalzi. I Bucks sono la miglior difesa della Eastern Conference, hanno mandato per tutta la partita raddoppi e trappole di ogni tipo in aiuto del già ostico Carter-Williams, ma non sono riusciti a fermare Rose in alcun modo. Nei pochi minuti di riposo a inizio secondo quarto i Bulls sono finiti sotto di 18 punti, poi recuperati quasi totalmente prima dell’intervallo con il rientro del loro MVP a dirigere le operazioni. Aveva chiuso la partita con un gran quarto periodo, prima che una fiammata di Middleton portasse Milwaukee sul +1 con dieci secondi da giocare; senza timeout, per i Bulls lo schema è stato semplice: palla a D-Rose, MCW lasciato lì come un birillo e via, dritto al ferro dove è stato travolto da tre Bucks in aiuto disperato. A questo punto ecco l’unica pecca della partita con il primo libero sputato dal ferro, mentre il secondo, che stava per beffare allo stesso modo i Bulls, si è poi accomodato nella retina. Al secondo overtime la chiude con sei punti mostrandosi il più fresco in campo nonostante i tanti minuti, che le sue gambe non vedevano dal lontano 2011. Quello che ha colpito di più è stata la pressione che ha esercitato sulla difesa, creando tiri aperti per i compagni o trovando l’uomo giusto per continuare l’azione quando veniva raddoppiato. Se questo è D-Rose, i Bulls fanno paura.
Tony Snell & Mike Dunleavy. Tutti gli altri giocatori hanno avuto alti e bassi durante la partita, per questo non meritano un posto fra i “Top”, anche se i 53 minuti di Jimmy Butler hanno fatto di lui un valido candidato per l’ambitissimo riconoscimento. A spuntarla sono invece i due tiratori scelti dei Bulls che, in assenza di “Threekola” Mirotic, hanno tirato fuori il meglio con 4 triple a testa su 14 tentativi totali. Oltre alle percentuali va premiata la loro importanza tattica: infatti, se non avessero punito i difensori dei Bucks che si staccavano per cercare di arginare gli attacchi di D-Rose, per i Bulls non ci sarebbe stato lieto fine in questa partita. Dunleavy è un computer che raramente fa la cosa sbagliata in campo, mentre T-Snell ha trovato finalmente fiducia dopo un altalenante anno da rookie e si sta trasformando in un eccellente 3 and D player dalla panchina. Keith Bogans è solo un brutto ricordo, adesso se vuoi fermare Rose questi due presentano il conto, e più salato lo riescono a rendere, meglio è per Chicago.
FLOP
Aaron Brooks. Brutta giornata per chiamarsi Brooks. Quella che di solito è la scintilla in grado di regalare punti veloci ai Bulls e prezioso riposo a Derrick Rose, stasera ha solamente favorito la fuga iniziale dei Bucks. 2 punti, 0 assist e 2 palle perse in nove minuti di azione non raccontano tutte le difficoltà che ha avuto il piccoletto da Seattle in questa partita. Carter-Williams ha approfittato della sua stazza per spingerlo in post basso e far collassare la difesa di Chicago, mentre in attacco le trappole che Rose smantellava con sicurezza facevano andare in crisi Brooks, rendendo i Bulls stagnanti e prevedibili al punto di farli anche incappare in un paio di violazioni dei 24 secondi. La partita storta capita, vedremo se almeno questo Brooks riuscirà a riscattare la giornataccia di ieri con una Gara 4 sui suoi livelli abituali.
MILWAUKEE BUCKS
TOP
Giannis Antetokounmpo. Anche se spero sempre non faccia nè troppo bene nè troppo male per non esser costretto a scriverlo, stavolta ne è valsa la pena. Se Rose è stato vintage, Giannino è stato un salto nel futuro. Ha marcato tutti dal centro al play, ha difeso bene sul perimetro, ha protetto il ferro, è andato a rimbalzo e ha giocato 51 minuti di grande intensità. Non è finita qui però: nel primo tempo ha fatto intravedere il proprio potenziale offensivo attaccando il ferro e segnando anche il jumper quando i difensori si staccavano nel tentativo di arrestarne l’incedere. Nel finale cala, comprensibilmente vista l’inesperienza e l’inaffidabilità del suo tiro da fuori, ma la sua lunghezza crea comunque grattacapi agli attaccanti ed è ciò che rende Milwaukee così solida difensivamente insieme alla possibilità di cambiare su chiunque, sempre gentilmente offerta dal greco. 25 punti, 12 rimbalzi, 2 stoppate e tanta voglia di vedere che cosa diventerà questo ragazzo fra qualche anno!
John Henson. 15 punti, 14 rimbalzi e 3 stoppate per relegare in panchina il fabbro Zaza Pachulia e diventare l’ancora della difesa dei Bucks insieme a Giannino. Milwaukee decide di giocare con quattro piccoli intorno a lui per lunghi tratti di partita e Henson riesce a fare reparto da solo, per rubare una metafora al mondo del pallone, contro tre clienti infernali come Noah, Gasol e Gibson, senza contare quel missile col #1 sulla schiena che piombava in area senza preavviso e con intenzioni poco pacifiche. Se i Bucks restano in partita è merito anche dei suoi 6 rimbalzi offensivi, gli stessi di Antetokounmpo, che consentono al non brillantissimo attacco della sua squadra di prendersi qualche tiro in più. Spettacolare la sua putback dunk a una mano fra Noah e Gasol, testimonianza delle sue grandi doti fisiche e atletiche. Sanders chi?
FLOP
Zaza Pachulia. 6 rimbalzi, 2 punti e -18 di +/- in 19 minuti. Non si vede mai, nemmeno per una mischia. Non commette neanche un fallo, specialità della casa, in mezzo all’area non si vede e la difesa quando lascia il posto a Henson sale di colpi notevolmente. Fa talmente poco che è anche difficile parlarne male.
Ersan Ilyasova. Non vi dico neanche la statline perchè non importa in questo caso. Dovrebbe essere il più grosso problema dei Bulls senza Mirotic, essendo uno stretch four che costringe Gibson e Noah a uscire dal pitturato. Invece gioca solo 22 minuti e non va nemmeno in doppia cifra, tanto che Kidd lo sacrifica in nome dello small ball senza pensarci su due volte. Se i Bucks vogliono strappare una partita a Chicago, Ilyasova deve essere protagonista, ed ha i mezzi tecnici per farlo.