Termina così, come da molti pronosticato, la serie tra Golden State Warriors e New Orleans Pelicans: un secco 4-0 per la squadra con il miglior record dell’intera Lega, che maschera però una serie che almeno in due partite avrebbe potuto avere un esito diverso e forse dunque un percorso più lungo e tortuoso per Curry e soci. I Warriors hanno incontrato una squadra sicuramente più debole di loro ma in grado di mettere spesso in campo cuore, grinta e voglia di far bene al di la del pronostico nettamente sfavorevole, che ha alzato bandiera bianca solo in una gara 4 dall’approccio mentalmente complicatissimo dopo l’epilogo shock dell’episodio precedente solamente 2 giorni prima. Onore dunque a questi giovani Pelicans e al loro coach Monty Williams, che non riescono a portare a casa il più classico dei “gol della bandiera” che avrebbero forse meritato di ottenere, ma escono comunque a testa alta al di la del risultato netto; ancor più onore, ovviamente, a questi Warriors di Steve Kerr, che dimostrano se ce ne fosse stato bisogno che le 67 vittorie stagionali non sono state casuali, e di essere squadra vera anche in quello sport diverso chiamato playoffs NBA, non perdendo mai la calma, vincendo almeno 3 partite dal finale equilibrato con grande freddezza (anche in gara 1 i Pelicans erano rientrati minacciosamente nell’ultimo periodo) e compiendo almeno un miracolo in gara 3, che ha dimostrato quanto questi Warriors e le loro bocche di fuoco non siano mai sconfitti fino alla sirena finale: tipica caratteristica delle grandi squadre, come ormai è senza dubbio la creatura di Kerr, con la quale tutti dovranno fare i conti da qui a giugno e non è detto che qualcuno ne venga a capo. Ma vediamo dunque come si sono comportati i protagonisti della serie in questa conclusiva gara 4 e nell’intera serie.
GOLDEN STATE WARRIORS
Stephen Curry: 9, nella serie: 9.5. Chiude una serie mostruosa con un’altra prestazione da marziano che taglia definitivamente le gambe ai Pelicans: 39 punti (con 11/20 e un pazzesco 6/8 da 3), 8 rimbalzi e 9 assist. Tripla doppia sfiorata per un giocatore che ogni giorno supera sé stesso in quanto a partite spettacolose, semplicemente troppo forte per una squadra volenterosa ma che non ha esterni difensivi con le giuste caratteristiche da opporgli come i Pelicans: ora sarà chiamato a dare continuità a queste prime fantascientifiche gare di playoff con un’avversaria molto più ostica come, con ogni probabilità, i Grizzlies e la loro muraglia difensiva. ALIENO
Klay Thompson: 8.5, nella serie: 8. Altri 25 nella decisiva gara 4 per Klay, che mantiene così perfetta la propria media (100 punti tondi in 4 gare). Spesso silente e veramente decisivo in prima persona “solo” nel finale combattuto di gara 2, Thompson in realtà non ha mai fatto mancare il proprio apporto, segnando con precisione chirurgica e percentuali eccezionali (quasi il 50% da 3 nella serie), finalizzando puntualmente i tiri comodi generati dalla circolazione di palla dei Warriors e salendo anche in cattedra nei rari casi in cui i suoi ne hanno avuto bisogno (la citata gara 2, in cui sopperisce perfettamente all’unica gara non eccezionale di Curry); spalla extra lusso per il play da Davidson, ma in grado anche di caricarsi la squadra sulle proprie spalle, paga solamente una gara d’esordio un po’ sottotono (in cui comunque chiude a 21) alzando decisamente il livello nelle successive 3 partite. SPLASH BROTHER
Draymond Green: 9, nella serie: 8.5. Il jolly di Kerr chiude la serie con la prestazione forse migliore di un primo turno giocato a livelli altissimi: quarta doppia doppia su 4 gare con ben 22 punti e 10 rimbalzi, sfiorando anche la tripla doppia con gli 8 assist smazzati, vera novità di questa serie che dà l’idea dell’ampiezza del repertorio ormai in saccoccia dell’ala da Michigan State (secondo assistman di squadra dell’intera serie dietro al solo Curry). Chiude questo primo turno come miglior rimbalzista dei suoi a mani basse (quasi 13 di media), e come detto secondo assistman (6.2), risultando imprescindibile in attacco oltre che in difesa anche quando fatica al tiro (34% da 3 nella serie, nonostante chiuda comunque a quasi 16 punti di media): l’idea di quanto sia ormai insostituibile per gli equilibri della squadra di Kerr lo danno i minuti giocati con 166 in 4 partite, più di qualsiasi altro Warrior, compresi gli Splash Brother. PASSEPARTOUT
Andrew Bogut: 5, nella serie: 6. Abbastanza invisibile in questa gara 4, limitato nel minutaggio da problemi di falli, il centro australiano non conclude benissimo una serie in cui comunque non demerita, pur senza fare cose eccezionali. Difende, prende i rimbalzi, si fa trovare pronto quando viene pescato sugli scarichi dai compagni (oltre il 60% al tiro nella serie), va sul velluto con l’impalpabile Asik mentre soffre ovviamente molto di più la rapidità di Davis quando NOLA va col quintetto piccolo. Ciò nonostante difende in maniera enciclopedica sul Monociglio nell’ultimo possesso di gara 3, ultimando così la rimonta che taglia le gambe agli avversari anche nella successiva gara 4, e già questo basta e avanza per la sufficienza. TOTEM
Harrison Barnes: 6, nella serie: 6.5. Altra gara classica del Barnes versione Warriors di Kerr: si vede poco ma sta tranquillamente in campo, punisce quando deve punire al tiro, si fa sentire anche a rimbalzo e dà equilibrio al quintetto con la sua duttilità su entrambe le metà campo. Pur senza mai strafare, ha fatto il suo compito designato per tutta la serie, alzando il livello proprio nell’avvio della rimonta in gara 3, dimostrando così di essere un giocatore su cui si può fare affidamento anche nei momenti caldi nonostante l’età ancora verde. AGENTE SEGRETO
Andre Iguodala: 5.5, nella serie: 5. Gioca un delle migliori partite offensive della serie in questa gara 4 in cui chiude con 8 punti con 3/8, il che è tutto un dire. L’energia e l’apporto nella propria metà campo non manca mai, ma in attacco è un disastro e non basta il sistema poco adatto alle sue caratteristiche di tiratore discontinuo a giustificarlo: chiude le quattro gare con gli stessi punti di Bogut (25), ma con 9/29 al tiro comprensivo di un orribile 2/16 da 3. Per una squadra che punta a punire col tiro aperto dopo la circolazione di palla è veramente troppo poco, e rischia di trasformarlo da sesto uomo di lusso ad anello debole su cui puntare per scardinare il marchingegno di Kerr da parte degli avversari, che potrebbero addirittura riproporre l’hack-a-Iggy visto in gara 1. CECCHINO A SALVE
Leandro Barbosa: 6, nella serie: 6.5. Spesso preferito a Livingstone come primo cambio del back court in virtù della sua lunga esperienza anche nella post season, il brasiliano gioca un’altra gara solida, portando punti e vitalità dalla panchina. Parte un po’ impreciso in gara 1, ma si riscatta bene fin da gara 2, in cui impedisce il crollo dei suoi dopo l’ottima partenza dei Pelicans, replicando poi con canestri importanti anche nelle due gare di New Orleans: alla fine chiude con 6 punti in 12 minuti di media. PRONTO USO
Shaun Livingstone: 5, nella serie: 5.5. Nella gara in cui ha più minuti non riesce a sfruttare a dovere l’opportunità, chiudendo con una virgola. Serie difficile per l’ex Nets, inutilizzato in gara 1 e sostanzialmente ininfluente in gara 2 e 4, dà un senso al proprio personale primo turno sfoderando un’ottima prova proprio nell’ormai storico quarto periodo di gara 3, in cui propizia la rimonta con bei canestri che ne mostrano tutto il talento e l’atletismo: magari non sarà un protagonista, ma con queste caratteristiche può venir buono in qualsiasi momento. LAMPO NEL BUIO
Marreese Speights: 5, nella serie: 4. Giocatore molto importante dalla panchina in stagione, ha toppato totalmente il primo turno, non trovando mai ritmo e risultando a tratti addirittura dannoso quando più c’era bisogno di lui (in gara 3). Dà una mano, ma nemmeno moltissimo, solo in gara 2, poi tanto nervosismo, tiri sbagliati (3/16 dal campo nella serie) e, di conseguenza, panchina. GRANDE ASSENTE
Steve Kerr: 6.5, nella serie: 8. Scampagnata anche per il coach in quest’ultimo atto della serie, in cui i suoi volano presto in vantaggio e non si guardano più indietro, ma non è sempre stato così facile: perlomeno nelle due gare centrali per lunghi tratti New Orleans con l’orgoglio resta in partita, conducendo anche con buon margine per lunghi tratti. Ma il fenomenale rookie in panchina tiene fede ai propri principi di gioco, che si rivelano saldi ed efficaci anche nelle difficoltà, intervenendo solo con piccoli ma mirati accorgimenti (vari giocatori su Davis, compreso Klay Thompson, lettura dei frequenti cambi difensivi avversari, buona scelta nelle rotazioni). Poi spesso ci pensano i fenomeni che ha in squadra (uno, in particolare), ma la loro mentalità è quella giusta e questa non è che il coach a trasmetterla. TIMONIERE
NEW ORLEANS PELICANS
Anthony Davis: 9, nella serie: 9. Altra prestazione super di Davis nell’ultima gara dei suoi playoff 2015, chiusa con 36 punti (14/20 al tiro…), 11 rimbalzi e la sensazione di essere veramente l’ultimo ad alzare bandiera bianca. A 22 anni e all’esordio ai playoff, il prodotto di Kentucky ha impressionato per tutte e 4 le gare per maturità, leadership e ovviamente rendimento assoluto: oltre 30 punti e 11 rimbalzi di media, tra le migliori prestazioni per un esordiente nella post season della storia. E ora che ha rotto il ghiaccio, avrà ampiamente modo di rifarsi anche dal punto di vista dei risultati di squadra. PREDESTINATO
Tyreke Evans: 4, nella serie: 5. Gioca un paio di buone gare (quelle centrali), in particolar modo gara 2, ma in questa gara 4 sembra già in vacanza, giocando una partita a tratti addirittura indolente. Doveva essere la spalla designata di Davis insieme a Gordon, invece proprio come l’ex Clippers alla fine ha tradito ampiamente le aspettative: pur in parte falsato da una gara 1 in cui esce infortunato dopo 12 minuti, chiude ad appena 10 punti di media tirando malissimo (14/43 dal campo) dopo aver viaggiato ad oltre 16 di media in stagione, e non bastano i 5 rimbalzi e 5 assist (a loro volte inferiori rispetto alle cifre stagionali) e le pochissime palle perse per riscattare una serie in cui non lascia mai veramente il segno. Vero che erano i primi playoff in carriera e non era in condizioni fisiche perfette, ma è parso il lontano parente del ROY di Sacramento. DESAPARECIDO
Eric Gordon: 7, nella serie: 4.5. Riscatta una serie molto altalenante con una buona prestazione balistica in quest’atto conclusivo (29 con 12/21), che però sa molto di stalla chiusa quando i buoi sono già ampiamente scappati. Le statistiche complessive non sono nemmeno malaccio (quasi 19 di media con il 45% dal campo), ma mai come nel suo caso sono totalmente devianti rispetto alla realtà: gioca infatti solo due gare offensivamente buone (gara 2 e 4), mentre in gara 1 non si vede moltissimo e in gara 3 è un completo disastro, inoltre fatica per tutta la serie in difesa con un back court sì fortissimo, ma con il quale non sembra nemmeno di una categoria paragonabile, e anche in gara 2 pur giocando bene in attacco viene ridicolizzato da Klay Thompson soprattutto nei momenti decisivi della gara, risultando a sua volta decisivo, ma in negativo. Come Evans, finora non è parso la spalla ideale per Davis e questi playoff non fanno che confermarlo. FUMOSO
Omer Asik: 3, nella serie: 4. Non ha segnato per l’intera serie (8 punti in 4 gare…), ma in questa quarta partita non piglia nemmeno rimbalzi e allora non si capisce bene cosa faccia in campo, nonostante il minutaggio sia ormai ridotto (solo 13 minuti). Utile solo sporadicamente a rimbalzo offensivo (3 di media), il turco conclude la serie se possibile ancora peggio di come l’aveva iniziata, e i numeri sono impietosi: 2 punti con un orribile 2/10 al tiro (e non è che prenda esattamente jumper dalla lunga con 3 uomini addosso…), 7 rimbalzi, più di una palla persa a sera. Completamente impalpabile. FANTASMA
Quincy Pondexter: 4, nella serie: 5. Termina solo con la chiusura della serie la fase calante di Q-Pon, che aveva iniziato splendidamente i propri playoff (20 in gara 1 marcando Curry) per poi perdersi alla distanza. Totalmente impalpabile nei 20 minuti in campo in gara 4, l’ex Memphis doveva essere l’elemento d’esperienza di quintetto e lo stopper difensivo designato, invece è parso spesso un pesce fuor d’acqua compiendo un deciso passo indietro rispetto agli ottimi playoff giocati coi Grizzlies due stagioni e fa e dimostrando di poter essere probabilmente un semplice role player e poco più. INVOLUTO
Ryan Anderson: 5, nella serie: 5. Gioca una discreta gara 4 ma non riesce a incidere come in gara 3 e la squadra ne risente. Era un elemento chiave tatticamente, che avrebbe potuto permettere di abbassare il quintetto per star dietro ai velocissimi Warriors senza perdere troppa fisicità, portando in dote un tiro in grado di aprire il campo lasciando l’area alle incursioni di Davis unito a una prestanza fisica probabilmente indigesta ai Warriors. Peccato giochi una serie assolutamente al di sotto delle sue possibilità, soprattutto nei primi due episodi, con l’unica eccezione di una monumentale gara 3 che, guarda caso, i Pelicans non vincono per un soffio (e per un paio di magie altrui). Un suo rendimento più incisivo avrebbe potuto fare parecchia differenza per New Orleans. ASSENTE INGIUSTIFICATO
Jrue Holiday: 5, nella serie: 4.5. Ancora una gara 4 piuttosto anonima per quello che in teoria dovrebbe essere il play titolare della squadra, limitato in questa serie da una forma ancora piuttosto precaria dopo il lungo infortunio alla gamba. Rientra per i playoff probabilmente in non perfette condizioni e forzando un po’ i tempi, e il DNP di gara 2 pare indicativo in questo senso; non gli si può quindi chiedere il suo abituale rendimento, anche perché riesce a stare in campo veramente pochi minuti per incidere, ma, pur con tutte queste attenuanti, il suo apporto è veramente troppo limitato per poter sperare in un voto migliore. Ammirevole il fatto di stringere i denti e provare a dare qualche minuto alla causa, ma finisce solo con l’avere la stessa influenza del fratello Justin dall’altra parte (mai entrato), quando non è addirittura dannoso in alcuni frangenti. ASSENTE GIUSTIFICATO
Norris Cole: 4, nella serie: 7. Peccato per una gara 4 molto negativa (0/5 dal campo per 0 punti e 4 palle perse) che macchia una serie giocata molto bene dal play arrivato da Miami. Porta sempre energia, cambio di ritmo ed esperienza dalla panchina, risultando globalmente il migliore dei suoi in uscita dal pino. E’ nettamente il Pelican con più esperienza in post season e si vede benissimo che sa come interpretare queste gare, al contrario di molti compagni. MR. EXPERIENCE
Dante Cunningham: 7, nella serie: 6.5. Forse il migliore considerate le possibilità in una gara 4 per la verità molto presto indirizzata dalla parte avversaria, e dove ha dunque maggiore margine di manovra rispetto al solito. Nel corso della serie invece non risulta mai decisivo, non essendo questo il suo ruolo, ma porta puntualmente il suo mattoncino risultando comunque prezioso per far rifiatare i compagni senza pagare troppo dazio. ONESTO LAVORATORE
Monty Williams: 5, nella serie: 6.5. Con soli due giorni disponibili non riesce a recuperare mentalmente i suoi dopo la beffa di gara 3 e vede presto la gara mettersi male; prova a scuoterli nel finale ottenendo una minima reazione d’orgoglio seppur a buoi ormai fuggiti. Nel corso della serie invece riesce spesso a sopperire al divario con gli avversari, ampliato dal rendimento al di sotto delle aspettative di molti dei suoi, grazie a buone soluzioni tattiche in particolare in attacco (veloce circolazione di palla in gara 2, maggior ritmo e contropiede in gara 3, oltre ovviamente all’affidamento totale a Davis vista anche la scarsa verve di molti compagni), mentre in difesa, non avendo gli elementi per chiudere tutti gli scorer dei Warriors, si limita al cambio difensivo sistematico con risultati alterni. Insomma, prepara bene la serie e fa quel che deve fare col materiale a disposizione, meritando forse la gloria di una vittoria che però alla fine non arriva. CONDOTTIERO SFORTUNATO