Partiamo dalla fine (per i pochi non lo avessero ancora visto).
Barnes che sbaglia al ferro e il cronometro che avanza inesorabilmente più veloce di un Harden che fino a quel momento era stato il migliore sul parquet. Il raddoppio proprio ad opera degli Splash Brothers e la palla che gli si spegne tra le mani. Game, set and match (and series, aggiungerei io).
Una sconfitta pesante per dei Rockets che erano rimasti in partita fino alla fine. Nonostante il parziale nel primo tempo, nonostante tutte le difficoltà. Merito di una Barba che mai come questa notte non voleva proprio saperne di perdere.
Una dedizione e una voglia di non mollare manifeste sin da subito. Fin dal primo possesso dell’incontro. Vedere per credere.
(se il video non si vede, il canestro è il primo all’interno degli highlight della gara caricato nella parte conclusiva dell’articolo)
Thompson sofferente nella marcatura in post e poi l’errore nel concedere il libero aggiuntivo. Harden è stato bravissimo nell’arco di tutta la serata a sfruttare la maggiore fisicità rispetto al numero 11 dei Warriors e paziente nell’aspettare che la gara andasse a lui. 38 punti, 10 rimbalzi e 9 assist. Una quasi tripla doppia finitagli tra le mani senza neanche cercarla troppo.
Gli avversari da battere però, erano davvero troppi. E molto ben attrezzati. Sapientemente condotti da uno Steph Curry sempre più MVP anche nella postseason. Sempre più giocatore totale, variegato e cangiante come nessuno nelle scelte offensive. Partiamo dalla specialità della casa, il tiro da 3.
Fase di semi transizione. Curry sul lato debole blocca per l’uscita di Barbosa (da notare la qualità del blocco con il quale riesce a “tenere” ben 2 avversari). La palla è in punta da Green e Bogut sta arrivando a rimorchio.
In realtà il gioco è chiamato per lo stesso Steph. Difatti in una frazione di secondo, appena gli avversari mollano un attimo la pressione (una ricezione di Barbosa a 8 metri dal ferro è accettabile in linea di massima), tutto cambia. E’ il brasiliano a portare il blocco e lo stesso Bogut a creare quella sorta di “Elevetor screen” che tanto bene riesce in casa Warriors.
In questo caso non c’è neanche bisogno di chiudere bene le porte dell’ascensore. La palla è già in volo verso la retina. Il ferro non lo sfiora neanche.
(Il rumore che fa quella palla quando entra ti fa davvero pensare che al mondo esistono delle belle cose. Ti riconcilia con la vita.)
Va bé, passiamo oltre. Di fronte a cotanta maestria, vanno pur presi dei “provvedimenti” per limitarne l’impatto (4 triple nel solo primo quarto per il playmaker numero 30). Vediamo un’altra situazione.
Doppio blocco alto in punta per Curry. Il lungo DEVE per forza aiutare (ricordate come tira da 3, si?). Sia da una parte che dall’altra. Per forza. Soprattutto se la posizione di Brewer è così passiva da non mettere pressione sulla palla né tanto meno essere pronto a passar subito sul blocco.
Il risultato? Ce lo spiega bene il rettangolo azzurro. Nessuno a difesa del cenestro, area totalmente aperta. Il numero 30 ringrazia e non se lo fa ripetere 2 volte.
Acrobazia e palla che scivola ancora una volta dentro. Incontenibile. Illimitabile (che in italiano non si dice). Se mette il tiro da 3, non esistono antidoti. E le cifra (e i record) sembrano suggerirci questo. E’ alla sesta gara in questi playoff con almeno 5 triple realizzate. Record assoluto, avendo giocato solo 12 partite. Senza senso davvero.
Ma quello che più mi meraviglia è il numero totale di canestri dalla lunga distanza.
Non credo serva aggiungere altro. Per distacco il miglior realizzatore con i piedi dietro l’arco.
Certo è che Golden State è molto brava a lucrare su questa condizione di vantaggio, generata dall’avere in squadra un giocatore come il figlio di Dell. Curry produce attacco per il semplice fatto di essere sul parquet e da lì parte una scossa che si propaga lungo tutto il campo, a tutti i compagni. Ne siano da esempio i numeri del primo tempo.
Al netto di 11 palle perse (sembravano quelle degli Warriors di inizio stagione), 21 dei 23 canestri realizzati sono stati assistiti. 6 dei quali di Draymond Green, l’altro giocatore chiave della franchigia californiana.
Come già scritto in un articolo di approfondimento l’8 dicembre infatti (sì, in tempi non sospetti), il numero 23 gialloblu si sta dimostrando essere un all around player come pochi altri. Giocatore tuttofare in entrambe le metà campo.
Come ad esempio in questo caso. Accoppiato con Terry sfrutta subito il miss match spalle a canestro, lo batte e si va a prendere anche il tiro libero supplementare (con tanto di muscoli in vista, per non far mancare davvero nulla).
Ma ancora più importante è la capacità di dare ritmo ed opzioni ai propri compagni. Il referto a fine gara dice 12-8-7, ma non coglie fino in fondo quanto Green cambi il volto alla sua squadra. Prendo un’azione delle tante, per rendere l’idea.
Ha appena preso il rimbalzo ed è in una situazione da “ultimo uomo”. E’ il più lontano dei 10 in campo dal canestro avversario, ossia la condizione meno favorevole in linea teorica per spingere la transizione. Ma lui lo fa lo stesso.
Meno di 3 secondi dopo è dall’altro lato e tutta la difesa è costretta a collassare su di lui. I tiratori si sono già posizionati sul lato debole. Per lui è un gioco da ragazzi trovare Barnes che con l’extrapass mette in ritmo Thompson per l’unica tripla a bersaglio di serata. Negli highlights seguenti l’azione è al minuto 5:13 (ma se volete, guardateli tutti. C’è tantissimo Green).
Quest’azione va a referto nel modo seguente: 3 punti di Thompson, 1 assist di Barnes ed 1 rimbalzo difensivo del 23. Per questo bisogna andare oltre i numeri (alle volte) per capire il valore di quanto messo in mostra in campo. E con Green tocca (e conviene) farlo.
L’importante è che ne valga la pena. E questa notte non ha deluso.