99-98 per i padroni di casa (clicca qui per il recap completo), partita fatta sì di strappi, di parziali, ma sempre (soprattutto nel secondo tempo) in sostanziale equilibrio. Un continuo inseguirsi fino all’epilogo, la palla persa che chiude l’incontro in favore degli Warriors e forse mette la parola “fine” sulle speranze di vincere la serie per i Rockets.
Forse, però. I numeri parlano chiaro. Soltanto 4 squadre nell’intera storia NBA sono riuscite a rimontare dal 2-0 iniziale in tutte le precedenti edizioni delle Finali di Conference. Nel 94% dei casi è arrivata alle Finals la franchigia che le prime 2 gare le aveva vinte. Difficile quindi, molto. Ma non impossibile.
Nel frattempo noi ci dedichiamo ad altri numeri. Diamo i voti ai protagonisti (nel bene o nel male) della gara di questa notte. Let’s go!
GOLDEN STATE WARRIORS
Curry, 8. C’è poco da fare, il migliore. Aggredisce la partita già dal primo quarto (15 punti) e poi riprende in mano il discorso nel finale. A 2 minuti dalla fine la decide così. Rubata + canestro da 2 (non una tripla per questione di centimetri) + assist al bacio per Bogut. Alla fine sono 33, ma i numeri sono davvero l’ultimo degli indicatori. MVP
Thompson, 6. Meno ispirato del solito in fase realizzativa (1/7 dall’arco) e molto sofferente a difesa del proprio ferro su un Harden 5 stelle extralusso. Si rifà con una stoppata in scivolamento sul Barba nei minuti finali dal peso specifico indicibile. Solido.
Green, 8. Dinamico, vitale, utile, intelligente. In attacco e in difesa. Decisivo come nessuno, forse più di Curry. Marca Smith ma cambia su Howard, poi flotta su Harden e fa taglia fuori a rimbalzo. E ricomincia. Ogni santissima volta, ogni santissima azione. Il boxscore non vado neanche a leggerlo, non mi interessa. Come te non c’è nessuno.
Bogut, 7. Record personale di stoppate ai Playoff (5), unico del quintetto titolare con plus/minus positivo (+8). Prezioso quando si tratta di contenere Howard, propositivo anche in fase di realizzazione (14 punti con 9 tiri). Tanta roba.
Panchina Warriors, 7. Ad inizio secondo quarto la scossa arriva proprio dalle seconde linee, così come il parziale che porta Golden State sul +17. Ad inizio quarto quarto, la storia non cambia. Preziosi.
HOUSTON ROCKETS
Harden, 8. Sì, non è riuscito a costruire un tiro per sé e per i compagni nell’ultimo possesso. Sì, poteva chiamare timeout e fermare il gioco. Sì, ha sbagliato un libero che col senno di poi risulta molto pesante. Ma, onestamente, chissenefrega. Partita monumentale del Barba, forse la migliore della carriera ai Playoff. Tra canestri realizzati, assist primari e secondari genera 60 punti, un’enormità. Se quel possesso finale è risultato decisivo, è perché lui ha portato i compagni fin lì. Campione.
Howard, 7. Punto di riferimento fondamentale. Sempre lì, a dar battaglia. Segna punti pesanti (19) e prende rimbalzi come nessuno. Un dato senza senso per rendere l’idea: su 22 possibilità di rimbalzo che ha a disposizione nel match, ne cattura 17. Il 77%. Superman.
Smith, 5. Troppo testardo sin dall’inizio, prende e tira tutto ciò che gli capita tra le mani. Forza tante, troppe situazioni (e i 17 tentativi dal campo sono lì a testimoniarlo). Disfunzionale come non lo era da un po’, peccato. Ma si sa, è Josh.
Jones, 6,5. 26 ottimi minuti sul parquet, tante opzioni offensive (con un Harden così ispirato far canestro diventa più semplice per tutti) e buona qualità difensiva. Utile.
Terry, 6. Marcare Curry non è facile per nessuno. Lui ci prova e non sempre ci riesce. Manda a bersaglio delle triple molto pesanti ed in generale è in campo quando la squadra mette a referto i parziali più importanti (il plus/minus dice +12). Un motivo ci sarà. Jet.