Quando tutta una città si riunisce, con il suo affetto e il suo sostegno, all’interno di un’arena per poter tifare i proprio beniamini, si ha la consapevolezza che si sta facendo qualcosa di grande. Così ieri notte, di fronte a una Quicken Loans Arena gremita e eccitata al massimo, i Cleveland Cavaliers hanno compiuto l’impresa, di nuovo, e si sono portati in vantaggio 2-1 nelle NBA Finals 2015, vincendo Gara 3 per 96-91. È stata una partita intensa, ricca, densa, che ha portato alla ribalta protagonisti inaspettati e ha consegnato alla storia il nome di LeBron James. Ai Warriors, autori di un primo tempo lontano dai loro standard, non è bastata la rimonta furibonda degli ultimi due quarti, guidata dall’MVP (fino a quel momento molto poco “Valuable”) Steph Curry. Ma andiamo a vedere i singoli protagonisti di questa Gara 3, e come si sono comportati sul parquet.
Ecco a voi le pagelle della terza gara delle NBA Finals 2015.
CLEVELAND CAVALIERS
LeBron James voto 9: Non si possono, non si devono usare troppe parole per descrivere la partita del Re. L’aggettivo “esaltante” potrebbe forse bastare. Domina il parquet con una personalità debordante, terrorizza gli avversari anche solo facendogli leggere il nome sulla maglia, difende come se non ci fosse un domani, prende rimbalzi, il pallone passa sempre dalla sue mani, segna a ripetizione, smista per i compagni, ma soprattutto è concreto e spettacolare al punto giusto. Anche stanotte è in ritmo da tripla doppia con 40 pts, 12 rbd e 8 ass, a cui aggiunge anche 4 stl (di cui una fondamentale nel finale su Curry) e 2 blk, e quando la partita sembra mettersi male, nell’ultimo minuto, è lui a tenere Golden State lontana, con una gran tripla, una schiacciata di pura potenza su alley-oop di Dellavedova, e con i liberi finali che chiudono i conti. I suoi 123 punti complessivi in tre partite sono un record delle Finals. Sta giocando in una maniera sublime, al di sopra di ogni commento possibile. Bisogna solo rimanere a guardare. WE ARE ALL WITNESSES.
Matthew Dellavedova voto 8.5: L’anno scorso, quando la franchigia dell’Ohio decise di portarlo in NBA da undrafted, nessuno sarebbe stato disposto a pagarlo un dollaro bucato. Quando Mike Brown gli concedeva tanto spazio veniva deriso. Quest’anno si prevedeva che sarebbe uscito dalle rotazioni, ma, complice il Caso, gli infortuni e tanto tanto cuore, Delly si è ritagliato un ruolo importante, fino a diventare il titolare nel ruolo di PG dopo l’infortunio di Kyrie Irving. Si rende autore di una partita sensazionale, portando una pressione pazzesca su Steph Curry, e costringendo l’MVP a tre quarti di semianonimato. Inesauribile, si dimostra anche capace di difendere sui lunghi, quando costringe Ezeli all’errore nonostante il facile mismatch. Si reinventa anche realizzatore, sfoderando la sua prestazione offensiva migliore (20 pts e 4 ass, con 7/17 dal campo) e un circus shot nel finale che salva i Cavs dal rientro di Golden State. Il suo impegno in campo è commovente e giustamente i tifosi dei Cavaliers lo eleggono a idolo della Q. Stanotte Curry, al rientro in albergo, deve aver controllato di non averlo sotto il letto. Ma Delly era nascosto dietro le tende. STALKER.
Tristan Thompson voto 7: Il canadese ex Univeristà del Texas magari non sarà bellissimo sul parquet, ma ogni notte mette in campo tutto quello che ha, e quello che ha lui sono muscoli, centimetri e tanta cattiveria agonistica. Il sunto di tutte queste qualità è la sua prima azione in questa Gara 3, un rimbalzo offensivo catturato partendo dalle spalle del difensore e trasformato in schiacciata violenta. Se i Cavaliers riescono a prevalere sotto le plance per tutto il primo tempo è per la maggior parte merito suo, che cattura 13 carambole, di cui 4 offensive. A rimbalzo è talmente tanto zelante che a un certo punto fa annullare un canestro a LeBron per interferenza offensiva. Il suo plus minus di +10 è, dopo quello di Delly, il migliore di Cleveland, indice, più della doppia doppia d’ordinanza (10 pts e 13 rbd), della sua importanza sul campo per gli uomini in bordeaux-oro. CAVALIERE DELLA TAVOLA ROTONDA.
J.R. Smith voto 6.5: Tutti abbiamo imparato ad accettare J.R. così com’è J.R., nei suoi istanti di genio e nei suoi momenti di follia. Stanotte l’ex Knicks ha deciso di mostrare più il primo del secondo, e così, dal momento del suo ingresso in campo, mette insieme un bellissimo canestro in sospensione e un assist nel traffico per il canestro in avvicinamento di Mozgov. Poi nel secondo quarto si accende e per un po’ segna con regolarità, mettendo anche una tripla assurda. Dopo la sfuriata però, finisce le batteria e ritorna a giocare nell’ambito della normalità, facendo il compitino e lo stretto necessario per portare a casa la gara. I suoi 10 pts (4/9 dal campo) sono un apporto fondamentale alla causa, ma è la sua sola presenza, che costringe i Warriors a marcarlo stretto nel timore che possa accendersi da un momento all’altro, a fare la differenza per Cleveland. MINA VAGANTE.
James Jones voto 6.5: Quando i Cavs lo hanno messo sotto contratto lo hanno fatto su richiesta specifica di LeBron, che aveva trovato l’intesa con lui negli anni floridiani. Questa scelta sembra pagare incredibilmente bene soprattutto adesso, nel momento del bisogno, con l’ex Miami Heat capace di mettere tiri estremamente pesanti, in momenti estremamente delicati (leggasi il gioco da 4 punti e la bomba in chiusura di secondo quarto). Qualche errore in fase difensiva gli toglie mezzo voto, ma la sua rimane innegabilmente una prova di valore, una delle sue migliori in questi Playoffs. Il 100% dal campo sarebbe un dato notevole, se non si fosse limitato a due soli tiri, i 7 pts in 10 minuti sono, invece, oro colato. PRENDI E SPARA.
Timofey Mozgov voto 6.5: Partita di sostanza, conservativa e senza sbavature per il centro russo che tanto bene aveva fatto in Gara 2. Stanotte il suo impatto è più limitato sia dal punto di vista realizzativo (6 pts, 3/6 dal campo) che nei rimbalzi (5 per lui a fine partita), che sono il regno di Tristan Thompson, ma quando segna su alley-oop di LeBron fa emozionare tutta la Quicken Loans Arena. A impreziosire la sua prestazione giungono le 4 stoppate, fondamentali nell’economia della difesa dei Cavs. TOTEM.
Iman Shumpert voto 6: L’altro ex Knicks inizia la serata in maniera non proprio fantastica, andando a infrangersi contro il blocco di Draymond Green, e rischiando di infortunarsi al braccio. La sua perdita sarebbe stata insostenibile per i Cavs già martoriati. Invece lui rientra e si toglie anche lo sfizio di piazzare una bella tripla. È il suo unico acuto offensivo, visto che in attacco non si prende quasi nessun tiro (1/2 il suo bottino, in 32 minuti), ma partecipa magnificamente allo straordinario effort difensivo della squadra, limitando Klay Thompson in maniera magistrale mentre è in campo. La sua competenza difensiva è pari alla bruttezza della sua pettinatura, il che la dice lunghissima su quanto sia utile il ragazzo dal suo lato del campo, ma si gioca mezzo voto pasticciando una rimessa dal fondo nel finale che rischia di mandare in fumo tutto il lavoro fatto dai Cavs. CATENACCIARO.
Mike Miller voto 6: In una squadra che sta basando la sua rotazione alla Finals NBA su un giro di 7 giocatori, ogni pedina recuperata è importante come un diamante particolarmente grande e prezioso. E il buon vecchio Mike Miller non fa eccezione. A 35 anni, l’ex Miami Heat e Memphis Grizzlies si guadagna i suoi 5, onesti, minuti nella mischia, suddivisi tra secondo e ultimo quarto, e mettendo a referto una palla recuperata. Proprio su quel recupero abbiamo apprezzato una delle immagini più belle di questa gara, il vero e proprio emblema della “voglia” dei Cavs: un uomo di 35 anni che rientra da un infortunio, che rincorre una palla vagante e la recupera gettandosi a terra come se il mondo dipendesse da quello, per consegnarla alle mani del caldissimo Delly, pronto a sfruttare al meglio i risultati di quello sforzo. Geniale a mettersi la maglia di LeBron in panchina. STAGIONATO 15 AÑOS.
GOLDEN STATE WARRIORS
Stephen Curry voto 7.5: Inizia con un tripla immediata che lascia presagire foschi scenari in casa Cavs. Poi si scopre che l’MVP ha tolto gli occhialetti al suo gemello della pubblicità di State Farm e lo ha mandato in campo così. Dellavedova gli pianta le zanne nei polpacci, lo segue come un’ombra dannatamente appiccicosa, in qualsiasi zona del campo vada il #30 dei Warriors, Delly è lì, e questo Steph lo soffre moltissimo, per tre lunghi quarti. Limitato al tiro, limitato nel gioco, sparacchia senza riuscire a trovare un minimo di ritmo. Poi, all’inizio dell’ultimo quarto, Kerr gli fa notare la scritta Finals, stampigliata bella leggibile sul parquet della Quicken Loans Arena, e allora l’MVP si risveglia, tirando fuori una prestazione spettacolosa per i suoi e riportandoli a contatto nei minuti finali. 24 pts dei suoi 27 complessivi arrivano nel quarto quarto, le percentuali, prima disastrose, si fanno accettabili, poi buone, poi ottime considerando il coefficiente di difficoltà dei tiri di cui il #30 si incarica (alla fine è 50% con 10/20 dal campo). La sfortuna e LeBron James gli negano il finale felice di quella che sarebbe stata una rimonta da capogiro. Con il vero Curry ci si diverte di più! TROPPO TARDI.
David Lee voto 7: Quando Steve Kerr ha scongelato David Lee dalla panchina e lo ha gettato nella mischia, tutti hanno ridacchiato sotto i baffi. Un giocatore che non toccava il campo da mesi, buttato in una partita così delicata, e perdipiù nel suo esordio alle Finals? Invece l’ex Knicks (uno dei tanti della partita) ha messo in campo una prestazione che, sebbene nei numeri possa sembrare non esattamente eccezionale (11 pts con 4 rbd e 2 ass), è stata fondamentale per i Warriors per rimanere attaccati alla partita. Il suo ingresso in campo svolta la partita, e apre nuove possibilità nell’attacco di Golden State, tutte da esplorare. Lo dimostra il suo stupefacente plus minus di +17, e il suo 100% (4/4) al tiro. Potrebbe essere un fattore nelle prossime gare. RESUSCITATO.
Andre Igoudala voto 7: La serata di Iggy è buona, e tra i californiani è uno dei pochi a cercare di resistere al ciclone Cavs durante i primi quarti, piazzando 15 pts importanti, con il 50% dal campo (6/12, 2/8 da tre). In difesa però non riesce a fare quella differenza che, soprattutto in Gara 1, lo aveva portato a limitare LeBron, risultando fondamentale nella vittoria di Golden State. Continua a essere un fattore importantissimo dalla panchina dei Warriors, ma se continua a giocare in questo modo, sarebbe assurdo negargli un posto da titolare, soprattutto nelle prossime gare, che saranno caldissime. Questa decisione sarà un problema di Steve Kerr, ma, ad essere sinceri, tutti gli allenatori vorrebbero avere problemi simili. UOMO IN PIÙ.
Festus Ezeli voto 6: Il centro di riserva dei Warriors non sfigura affatto nei 18 minuti che passa in campo, anche se tira con percentuali non proprio esaltanti per un lungo (33%, 2/6 dal campo) mettendo a segno 5 pts, ma soprattutto tirando giù 7 rbd. Per niente male per uno con il suo curriculum, non esattamente di primissimo piano. Però il tiro, anche da vicino, è un grosso problema, e l’utilizzo del corpo non è ancora al suo massimo, dal momento che non è riuscito a farlo valere contro la difesa di Matthew Dellavedova, sicuramente decisa e competente, ma assolutamente insufficiente a livello fisico. Lascia intravedere sprazzi del buon giocatore che potrebbe essere, ma a Golden State servirà un suo miglioramento offensivo, soprattutto se le prestazioni del centro titolare Andrew Bogut continueranno a essere queste. Ma andiamo per gradi. LAVORATORE.
Leandro Barbosa voto 6-: La guardia brasiliana riesce a impattare la partita dalla panchina in modo vagamente positivo. Lo dimostra il +11 di plus minus, dato più alto della squadra dopo quello di Lee. Ma tira male (2/7 dal campo) e spreca alcune occasioni per riavvicinarsi ai Cavs. Deve salire di giri per fare la differenza. La sua esperienza potrebbe essere importante in un roster giovane come quello di Golden State. RIMANDATO.
Draymond Green voto 5.5: Dichiarare prima dell’inizio della serie che LeBron James “non è Dio” era sembrata una spavalderia già prima che il Re cominciasse a giocare come la macchina da basket che sta dimostrando di essere. Adesso il buon Draymond non solo si trova a dover marcare il Re, infuriato per il suo reato di lesa maestà, ma sembra anche aver dimenticato quello che era stato capace di fare in regular season. Abulico e timoroso, la sua partita può essere riassunta in una singola azione del terzo quarto, quando riceve palla solo e solitario sul perimetro per quello che potrebbe essere il più aperto dei tiri aperti. Senza ragione apparente invece, Green penetra, finendo per buttare l’azione e i possibili punti che avrebbero riavvicinato i Warriors. Il suo tabellino parla di 7 pts con solo 2/10 dal campo (20% al tiro), 7 rbd e 3 ass. Ma queste sono le Finals, e questi numeri non bastano. Draymond deve tornare a essere almeno simile a come era in regular season se vuole sperare di battere questi Cavs. IN CONFUSIONE.
Klay Thompson voto 5: Il secondo Splash Brother sembra condannato a una serata di sofferenza. Per tutto il primo tempo, complice la pressione difensiva di Cleveland, sbaglia tantissimo, e non riesce mai a incidere. Nel secondo tempo si vede un po’ di più, ma evidentemente così non va. Anche quando Steph Curry suona la carica e ricomincia a segnare in maniera continuativa tiri astronomici, Klay non riesce a seguirlo, e rimane impantanato nella sua serata no. Una serata fatta di 14 pts con 6/16 dal campo e 2/7 da tre, senza particolari squilli di tromba. Da uno con la sua classe, il suo talento, e, perché non dirlo, il suo stipendio (Klay gode attualmente dei benefici di un quadriennale da 70 milioni di dollari) è lecito aspettarsi molto, ma molto di più. CRASH BROTHER.
Shaun Livingston voto 5.5: La maggior profondità della panchina dei Warriors non si è tradotta in qualità. La prova è la prestazione del playmaker ex Brooklyn Nets, che mette in campo pochi punti (solo 4), scarsissima partecipazione offensiva (solo 4 tiri presi, e due sbagliati) e inconsistenza difensiva. Vista la rotazione strettissima dei Cavs, la sua freschezza dovrebbe poter fare la differenza. Ma così non è, e alla fine rimane il sapore dell’occasione sprecata. Si attendono miglioramenti nelle gare a venire. RIVEDIBILE.
Andrew Bogut voto 4.5: Per portarlo a Oakland, Golden State dovette mandare a Milwaukee un certo Monta Ellis, ma fino a questo punto delle Finals il centro australiano non sta giustificando l’investimento. Praticamente invisibile sul parquet, nel primo tempo sbaglia tutte le scelte nelle situazioni nelle quali è chiamato in causa. Mette a segno 4 pts, con percentuali decenti, ma dopo 17 minuti di sofferenza, Kerr decide di preferirgli un redivivo David Lee. Ogni volta che sarebbe necessario salire di livello, lui riesce a fare sempre un passo indietro. Stanotte ne è stata una ulteriore prova. Deve cominciare a metterci più intensità sul campo, o sarà scavalcato in ogni gerarchia. A RISCHIO.
Harrison Barnes voto 4: Non è mai stato un giocatore con i 30 pts nelle mani, ma almeno nelle uscite precedenti il buon Harrison aveva sempre fatto il suo. Stanotte invece è un produttore inesauribile di sciagure per Golden State. Sbaglia tutti i suoi 8 tiri dal campo (di cui uno da tre) e non riesce a procurarsi nemmeno un libero, chiudendo la sua prova a 0 pts. In più, a fronte dei 3 rbd catturati, perde tre palloni sanguinosi. Dopo 19 minuti a vederlo arrancare sul campo, Steve Kerr ha pietà di lui e lo tira fuori dalla partita. Il suo -14 di plus minus è il dato più eloquente della sua serata no. DA DIMENTICARE.