Categorie: Playoffs NBA 2015

Considerazioni conclusive sulle Finals: onore ai vincitori (e ai vinti)

I Golden State Warriors nella notte si sono meritatamente laureati campioni NBA (clicca qui per il recap della gara di questa notte). Le 83 vittorie con cui la squadra di Kerr è riuscita a conquistare l’anello sono infatti seconde soltanto alle “Win” raggranellate dai Bulls nelle stagioni ’97 e ’98 (il coach dei Warriors dovrebbe saperne qualcosa in proposito).

Una serie finale piena di storie e colpi di scena. Il turning point, gara 4 (qui l’analisi della partita). Cleveland avanti 2-1, col fattore campo a proprio favore e con un LeBron James dominatore e trascinatore.

Small ball. Questa la soluzione vincente adottata da Golden State. La definitiva consacrazione del basket del terzo Millennio. Pace and Space, senza un vero lungo sul parquet sin dalla palla a 2. Con Bogut, centro titolare e fondamentale durante tutta la stagione, in campo soltanto per 3 minuti TOTALI negli ultimi 3 episodi della serie.

Tutto questo per ridar vita, linfa e “spazio” a Green, ritornato ad essere l’ago della bilancia da cui “pendono” i destini Warriors. La tripla doppia di questa notte (16-11-10) l’effige, il sigillo lasciato dal quasi DPOY e quasi MIP della Regular Season.

Il Larry O’Brien Trophy non è “quasi”, ma tutto tutto tuo Draymond.

L’MVP delle Finals però, è stato un altro. Mai era successo che un giocatore sempre partito dalla panchina durante la stagione fosse nominato miglior giocatore dell’ultima serie. Davanti alle partite all around di Iguodala si è stati costretti a fare un’eccezione (le “polemiche” a riguardo le lasciamo volentieri agli altri).

Un dato su tutti. Con il numero 9 in campo (222 minuti), Warriors a +62 di plus/minus. Senza -19. Tutto merito di una vera e propria esplosione in queste ultime 6 gare. Vedere per credere.

Un progresso completo e totale, per qualsiasi tipologia di tiro, sia in attacco che in difesa. Sia come quantità, che come qualità (le %). Sia dalla panchina (le prime 3) che partendo in quintetto (le ultime 3).

Prestazioni certamente legate in maniera diretta a quelle delle 2 star, degli uomini copertina di questa serie finale. Partiamo da chi ne è uscito sconfitto.

Dare il premio di MVP ad un giocatore che ha marcato uno che in 6 partite ha fatto 35,8 punti, 13,3 rimbalzi e 8,8 assist di media rende bene l’idea della grandezza di LeBron James.

Iguodala difatti ha oggettivamente limitato un avversario che ha fatto registrare quelle cifre lì. Ha rubato palloni, messo e tolto pressione di continuo, giocato il più possibile nel cilindro dell’avversario, da vero specialista in materia. E nonostante tutto James ha fatto 215 punti, più tutto il resto.

Qualcosa davvero di fuori dall’ordinario.

Senza Varejao prima, Love e Irving poi, tutto, ma proprio tutto il peso, è finito sul groppone del 23. Ha portato un’intera città alle prime 2 vittorie nelle Finals. E’ il primo giocatore a guidare ENTRAMBE le squadre per punti segnati, rimbalzi e assist. Il “losing effort”, lo sforzo perdente più importante dell’intera storia recente delle Finals NBA.

Potrei davvero star qui per ore ad elencare tutti i record fatti registrare dal Prescelto, ma sintomatico di quello che più di tutto è mancato ai Cavs è il dato con il Re ON/OFF court. Senza di lui in campo nella serie:

JR Smith 0/9 FG

Dellavedova 0/7 FG

J. Jones 0/3 FG

Shumpert 0/2 FG

Totale 0/21. Il nulla. Senza di lui, il vuoto. Totale assenza di alternative, resa manifesta anche dal margine di punteggio combinato dei quarti nelle 6 partite della serie dalle 2 squadre.

Primo quarto (su 6 partite): +6 Warriors

Secondo quarto: +3 Cavaliers

Terzo quarto: +1 Warriors

Quarto quarto + Overtime: +39 Warriors

Il dato definitivo, quello che più di tutto spiega come l’apporto dato di volta in volta dai vari Livingstone, Barbosa, Ezili e Lee sia stato determinante per poter chiudere al meglio le gare con i “titolari”.

Tutti titolari diciamo, tranne uno. Uno un po’ più importante degli altri, anche in una squadra come Golden State. Nonostante i raddoppi continuativi. Nonostante la marcatura asfissiante di Dellavedova. Nonostante non abbia ricevuto neanche un voto come MVP di queste Finals.

Le prime che lo hanno visto protagonista. Le prime vinte. Ennesima conferma di come “le dicerie e le credenze comuni” con lui non valgano.

Nei Playoff del 1990 tutte le squadre messe insieme segnarono 90 canestri da 3 punti. Come somma totale. Curry, da solo, ne ha messe a referto 98.

Il più grande spettacolo dopo il Big Bang.

Grazie Steph. Grazie ragazzi. Tornate presto. Ci mancate già.

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Stefano Salerno

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