Categorie: Playoffs NBA 2015

Finals: La conferenza stampa integrale di Coach Kerr

Al termine di una stagione fantastica  e dopo una cavalcata incredibile quale è stata l’avventura dei  Playoffs, i Golden State Warriors si sono laureati campioni NBA 2014-2015.

Tralasciando momentaneamente, per quanto risulti impossibile,  prestazioni sublimi dei giocatori, da Andre Iguodala, l‘MVP delle Finals, a Steph Curry, MVP della regular season, passando per Thompson, Ezeli e Livingston, c’è chi davvero ha contribuito a plasmare la costruzione del titolo giorno dopo giorno, chi ha dovuto scrollarsi di dosso etichette che lo davano per inesperto, chi ha rischiato ed è stato premiato nella maniera più dolce possibile; stiamo parlando del Coach, Steve Kerr.

Kerr, vincendo il titolo, ha raggiunto nientemeno che Pat Riley nel molto più che esclusivo Olimpo che vede un allenatore rookie vincere le fnials; risultato ottenuto per l’ultima volta proprio dall’attuale plenipotenziario dei Miami Heat nel 1982, con i Lakers dello Showtime.

Senza aggiungere altro all’impresa di Kerr, vi riportiamo le sue dichiarazioni della conferenza stampa post-partita, raccolte da Scott Patsko del Northeast Ohio Media Grup.

Prima di iniziare la conferenza, voglio fare le mie congratulazioni a Cleveland e a Coach Blatt che ha svolto un ottimo lavoro. Se pensate agli infortuni che sono capitati a due dei loro tre migliori giocatori,e nonostante tutto arrivare alle finals, competere ad altissimi livelli e ad a tratti riuscire a ridurci alle corde, hanno davvero fatto un ottimo lavoro. Mi pare ovvio sottolineare che LeBron è un giocatore incredibile. Quindi, congratulazione ai Cavs.”

“Quest’anno siamo stati fortunati sotto molti punti di vista. Come prima cosa, l’integrità fisica.  Per vincere un titolo ci vuole ovviamente molto lavoro, ma anche molta fortuna. I nostri ragazzi sono stati bravi a sfruttare il momento, ed è stato fantastico: che nottata che è stata, signori!”

Dopo questo cappello introduttivo di Kerr, vi riportiamo le domande che sono state rivolte al coach dei Warriors; introdurremo con G la domanda rivolta dai giornalisti e con K la risposta dell’allenatore.

G: “Che cos’è che porta alla vittoria, la validità di un sistema di gioco che non può essere battuto, o l’avere giocatori speciali che a loro volta costruiscono un sistema?

K:  “So che si è parlato molto durante l’anno soprattutto sul nostro sistema di tiro da 3 punti e se si possa vincere tirando così. Ci sono diversi stili di gioco che possono funzionare, bisogna scegliere quello più adatto al proprio parco giocatori e allenatori. Ma credo che quello che sia stato veramente sottovalutato durante tutto il campionato è la combinazione tra grande attacco e gran difesa. Abbiamo avuto la difesa migliore della lega e siamo stati la squadra che segnava più canestri di tutte, la squadra numero in merito agli assist e  la squadra che ha concesso la più bassa percentuale di successo dal campo ai nostri avversai. Quando hai una combinazione di questo genere, riuscirai a fare cose molto buone. Sia che tiri da 3 o da 2, la cosa più importante è l’equilibrio. Per vincere un titolo devi essere in grado di fermare i tuoi avversari, nei momenti cruciali e poi trovare un modo di segnare.”

G: “Steve, hai detto agli inizi della serie che Andre Iguodala era il tuo miglior giocatore ed ora ha vinto il titolo di MVP delle Finals. Secondo te qual è stato l’aspetto del suo gioco che lo ha portato a vincere il premio?”

K: “Beh, marcare LeBron James è il lavoro più duro di tutti nel basket. Quindi dopo le prime tre gare abbiamo deciso di promuoverlo a starter perché stava facendo il miglior lavoro di copertura su LeBron. Ma Andre è riuscito a contribuire in molte altre maniere: Cleveland aveva pianificato di togliere tiri a Steph e Klay e di forzare le giocate di Draymond Green ed Iguodala. Ed Andre ci è riuscito, ha segnato molte triple stanotte, ben 25 punti. Si può discutere sul fatto che il premio di MVP delle Finals lo avrebbe potuto vincere Steph, o LeBron, ma per noi è davvero una gran bella sensazione vedere Andre con il trofeo, perché ha sacrificato il suo ruolo di starter dall’inizio della regular season. Non è mai partito dalla panchina per tutta la sua carriera e lui ha sacrificato tutto per aiutarci a far migliorare Harrison (Barnes) e la nostra panchina in generale, e tutto questo ha definito l’andamento dell’intera stagione. Un All-Star, un oro olimpico che dice ‘Va bene, non sarò titolare” ha contribuito in maniera enorme a risultati che abbiamo ottenuto, quindi per me vedere Andre che riceve quel premio è come un cerchio che si chiude nel migliore dei modi. Non c’è persona migliore a cui potesse succedere tutto questo.

G: “Siete stati molto disciplinati nei vostri festeggiamenti, specialmente nel non eccedere ed avete parlato molto della visione d’insieme, del contribuito di tutti. Come è andata però negli spogliatoi?” 

K: “Beh, li non siamo stati così disciplinati! (ride). Negli spogliatoi c’era gioia allo stato puro. Ho affrontato i playoffs da giocatori, ho vinto le finals 5 volte, ma erano 12 anni che non avevo a che fare con tutto questo, dalla mia ultima annata con gli Spurs. Non mi ricordavo quanto potesse essere estenuante: due mesi di fila di stress fisico ed emotivo, è come una montagna russa continua. Ci sono giorni di sconforto, e giorni più sereni, non ti godi mai una vittoria perché pensi subito alla gara successiva. Quindi dopo due mesi di tutto questo, alla fine c’è molta energia repressa ed il sollievo è la sensazione più forte che si prova.

G: “Sentivi la pressione dei 40 anni senza un titolo? Che sensazione ti da la fine di un periodo di astinenza da titolo lungo ben 40 anni?”

K: “Non ho molto da dirvi su questo, perché durante questo periodo di forte competizioni non potevo permettermi di pensare a cose di questo genere. Una delle scene più belle per me è stato salire sul palco della premiazione e sentire i cori di, non saprei, forse 50 persone vestite di giallo che cantavano “Warriors, Warriors”. Mi ricordo quando da giocatore arrivavo alla Oracle Arena, anno dopo anno, e giocavo contro squadre che erano tutto fuorché forti, ma nonostante tutto i tifosi erano sempre li ogni singola stagione. Rumorosi, incoraggianti, passionali. Quindi non potrei essere più felice per la nostra fan base che ci ha supportato sempre, durante tutto questo.

G: “Come sei riuscito a tenere le redini di una squadra come questa pur essendo così giovane, ed avendo in rosa giocatori di spicco? Siete stati la squadra migliore per quanto riguarda la fase offensiva durante tutta la stagione, eppure nessuno dei tuoi giocatori fondamentali come Iguodala, Bogut e David Lee si sono mai lamentati per lo scarso minutaggio”.

K: “Tutto questo la dice lunga sul carattere di tali giocatori. Bob Myers ed il suo staff hanno fatto un lavoro incredibile mettendo insieme questo roster. Io ero perfettamente conscio della versatilità del roster, ma appena ho conosciuto personalmente i giocatori ho realizzato che avevano lo spirito, l’emotività e l’unione al livello necessario per vincere. Volevano vincere, gli mancava davvero poco per ottenerlo. Le scorse annate hanno ottenuto grandi risultati, e nonostante ciò sono stati grandiosi nell’accettare la visione che io ed il mio staff avevamo, e lo hanno fatto fin dall’inizio della stagione. Come ho detto, il sacrificio di Andre, il sacrificio di David Lee, la loro volontà nell’accettare i rispettivi ruoli  e il loro voler spingersi sempre oltre durante tutto il campionato sono state le chiavi per ottenere il successo.

G: “Coach, prima ci hai elencato alcune statistiche in cui avete primeggiato. Una cosa che mi ha colpito è che siete stati i primi anche per quanto riguardo la velocità ed il ritmo tenuto, credo che siate la prima squadra nella storia dell’NBA a vincere un titolo con questa statistica. Hai mai dubitato del fatto di poter vincere il titolo considerando che ad un certo punto questa gara , nello specifico, è stata giocata ad un ritmo altissimo?”

K: “Non ne ho dubitato perché guardando questi Warriors negli anni passati, sentivo che aumentando un pochino il ritmo si sarebbero potuti raggiungere risultati davvero positivi. Davvero, la chiave di tutto è stata la difesa. Mark Jackson ed il suo staff hanno costruito negli anni un gigante difensivo, davvero, questo gruppo l’anno scorso è stato il terzo per efficienza difensiva.  Come ho detto in precedenza, il segreto è equilibrare attacco e difesa. Sapevo che in difesa non c’era quasi nulla da aggiustare, e sentivo che se avessimo giocato un po’ più veloce ed avessimo aumentato il numero di possessi la nostra difesa avrebbe retto comunque grazie al nostro sistema di tiro ed in particolare al gioco dinamico di Steph. Sentivo che avrebbe potuto funzionare ed Alvin Gentry è stato uno dei più convinti propositori del ritmo elevato e della combinazione di tutto ciò. Sapevo che avrebbe funzionato, ma sarei un bugiardo se dicessi che sapevamo che avremmo vinto il titolo.

G: “Come sai, Cleveland è stata una delle tue prime mete agli inizi della tua carriera da giocatore. Ha significato qualcosa per te vincere il titolo proprio qui? So che questo non è lo stesso palazzetto, ma chiaramente è la stessa città”.

K: “Sicuramente è stato molto significativo. Ho visto Mark Price qualche giorno fa in corridoio, è stato grandioso rivederlo. Ho ricordi bellissimi di Cleveland, è come se avessi una famiglia qui. Ho giocato a Cleveland per 3 anni e mezzo, questa città ha dei fan fantastici. Quando ho visto i Cavs che emergevano ad Est sono stato felicissimo per entrambe le fan base, sia dei Warriors che dei Cavs, perché so quanti tanti anni difficili hanno dovuto affrontare i tifosi di entrambe le franchigie. L’ho detto in precedenza, gli infortuni che hanno avuto i Cavs sono stati davvero troppo da sopportare. Sarebbe stata una serie diversa con Kyrie e Kevin Love, hanno avuto un anno stellare. I tifosi qui sono così rumorosi, sono molto incoraggianti, e questa è una cosa che mi porto dietro dagli anni fantastici in cui ho giocato qui.

G: “Avete avuto anche molto odio nei vostri confronti, ma c’è stato una sorta di ritornello in particolare, con Charles Barkley che ha affermato spesso che le jump-shooting teams non possono vincere un titolo. Voi non avete mai dato peso a queste dichiarazioni, ma c’è stato un momento che la cosa vi ha dato davvero fastidio? Volete rispondere a queste critiche?”

K: “A chi, a Charles?”

G: “O a chiunque altro lo abbia detto”

K: “No, non mi curo di cose di questo tipo. L’unica cosa che avrei voluto far notare, ma non ho mai fatto, è stata sulla nostra difesa. Tutti volevano parlare di quanti tiri da 3 ci prendessimo. Siamo stati la miglior squadra difensiva della lega, ed è grazie a questo che si vince. Devi essere in grado di segnare punti in qualche modo, ma devi essere anche forte in difesa. Devi essere grandioso in difesa per vincere un titolo. Non so per quale ragione ma è ciò è stato snobbato per tutto l’anno. Ma è l’equilibrio tra difesa e attacco che conta e non credo che la gente lo abbia fatto notare abbastanza.

G: “Perché non lo hai fatto tu? Perché non vuoi dire niente a Barkley o a qualcun altro?”

K: “Non lo so. Voglio bene a Charles. Voglio dire, lui mi ha sempre sostenuto in qualsiasi discussione abbia partecipato mentre ero a TNT. Quindi può dire ciò che vuole, gli voglio bene”.

G: “C’è stato un gran parlare del fatto che non si vede spesso una squadra con un allenatore rookie vincere un titolo, o che non si vede sempre una squadra con nessun giocatore che avesse esperienza riguardo le Finals e che alla fine arriva alla vittoria. Voi siete riusciti a fare entrambe le cose ed è la prima volta da molto tempo a questa parte che accade. Cosa si può dire su chi ha detto che devi avere esperienza, che devi imparare a perdere prima di vincere? Chiaramente questo non è stato il vostro caso”.

K: “Credo che ogni stagione sia diversa. Il tutto si basa molto sui match-ups e sugli infortuni e forse anche un po’ sulla fortuna. Siamo stati molto fortunati ad avere i nostri giocatori sani per quasi tutta la stagione e questo ha voluto dire molto. Ma qualcuno deve comunque vincere: questo è stato l’anno in cui LeBron ha lasciato Miami per tornare a Cleveland con un gruppo tutto nuovo, ma senza avere la continuità che aveva a Miami. Gli Spurs, i campioni uscenti, sono stati eliminati al primo turno e credo che loro sarebbero stati il nostro ostacolo più grande. Quindi le cose hanno girato in nostro favore e noi siamo stati bravi a trarne vantaggio. Ogni anno c’è un caso diverso, una squadra cade, un’altra emerge, ci sono infortuni, rimbalzi strani della palla…qualsiasi cosa. Alla fine, l’unica cosa conta è che abbiamo vinto.

G: “Puoi fare un confronto tra il grande momento che hai vissuto ai tempi di Chicago ed il tuo canestro che vi portò alla vittoria, e la vittoria di stasera?”

K: “Quello fu un gran momento per me da giocatore. Da allenatore è diverso perché ti senti responsabile per molte persone. Anche se non prendi un tiro, se non prendi un rimbalzo, senti solamente che vuoi che la gente intorno a te vinca e vuoi aiutarli in qualsiasi modo. Sono emozionato per molte persone: per i  nostri giocatori, chiaramente, ma anche per le persone della nostra organizzazione come Rick Welts, Joe Lacob, Peter Guber e l’intero gruppo, sono semplicemente un gruppo fantastico. Credo che da allenatore apprezzi la visione d’insieme un po’ di più rispetto a quando sei un giocatore.

G: “Non è affascinante come si sia evoluto il gioco? Tu hai giocato con Jordan, hai giocato con Duncan. Avresti mai immaginato una point guard come Stephen Curry diventare uno dei giocatori più immarcabili dell’NBA? Secondo te, come calza Steve nel ruolo di giocatore in grado di cambiare il gioco e come riesce a cambiare ancora questo ruolo?

K: “Me lo sono immaginato con Steve Nash. Steve è stato un po’ il primo Steph Curry, leggermente differente ma molto simile per impostazione mentale e per capacità di passaggio e ball handling. E i Suns sono andati davvero vicini a vincere il titolo, le cose non hanno girato in loro favore. Ma mi sono immaginato Steve nel ruolo di giocare in grado di trasformarsi e trasformare il gioco. Io ero li con Nash come general manager, e credo che sarebbe toccato a lui cambiare il gioco, ma lui ha aperto la strada a Steph. Credo che Steve ha aperto le porte ad un’intera generazione di point guard, e con il gioco che cambiava, Mike D’Antoni è stato in grado di fare suo questo stile ai tempi di Phoenix: il campo ha cominciato ad allargarsi, l’intera NBA ha cominciato a vedere ali e centri in grado di tirare da 3 ed un ritmo sempre più veloce. Credo proprio che Mike D’Antoni e Steve Nash abbiano aperto la strada a Steph Curry e so che Steph direbbe esattamente la stessa cosa: ha un grandissimo rispetto per Steve.

 

 

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Pubblicato da
Simone Maccari

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