Secondo quanto riportato da Marc Stein di ESPN, Deron Williams starebbe cercando di liberarsi dal contratto in essere con la sua attuale squadra, i Brooklyn Nets.
L’entourage del giocatore e la dirigenza della franchigia sono attualmente in trattativa per trovare un buyout tale da permettere a Williams di liberarsi dai vincoli dell’accordo, che prevede ancora due anni a 43,3 milioni di dollari totali.
I Nets hanno trovato un partner commerciale che permetterebbe loro di facilitare questa importante operazione in uscita. L’obiettivo principale del management della squadra è quello di evitare di pagare una salata luxury tax alla fine della stagione, in modo tale di avere anche una maggiore flessibilità finanziaria futura.
Nel caso in cui Deron Williams dovesse rescindere il contratto, i Dallas Mavericks sarebbero il team in prima fila per assicurarsi le prestazioni dell’ex point guard degli Utah Jazz. Infatti, secondo Marc Stein, esisterebbe “un forte interesse reciproco” tra l’ex All-Star ed i Mavs. Quest’ ultimi, scottati dalla vicenda DeAndre Jordan, sono alla ricerca disperata sia di un centro che di un playmaker di spessore da aggiungere al roster per il prossimo anno.
L’eventuale divorzio tra D-Will ed i Brooklyn Nets rappresenterebbe l’ennesimo scossone di una offseason NBA più pazza ed incerta degli ultimi anni. Mentre DeAndre Jordan si è rimangiato la parola data rifirmando con i Los Angeles Clippers, la guardia ex Portland Trail Blazers Wesley Matthews ha trovato l’accordo con il vulcanico presidente dei Mavericks, Mark Cuban, firmando un contratto quadriennale a 70 milioni di dollari totali. Matthews ha giocato con Williams nella stagione 2009-2010 con la casacca dei Jazz.
Tuttavia, D-Will sembra un giocatore in declino rispetto a quello fenomenale ammirato negli anni con la franchigia di Salt Lake City. Nel 2014/2015 l’ex Illinois ha totalizzato una media di 13 punti e 6,6 assist per partita in 68 gare giocate, ma il dato più preoccupante è rappresentato dalla sua percentuale di tiro dal campo, che corrisponde appena al 38,7 % e rappresenta la peggiore registrata in carriera.