History of a shoe parte oggi dal lontano 26 giugno 1996, siamo ad East Rutherford, New Jersey. Il giorno dell’NBA Draft. Ecco che appare sul palco una figura, è David Stern, commissioner della NBA, che si appresta a parlare al microfono di fronte a milioni di spettatori, presenti e collegati all’evento. Stern prende fiato, poi recita la classica formula: “With the first pick in 1996 NBA Draft, the Philadelphia 76ers select…“, piccola suspance, “Allen Iverson, from Georgetown University!“. Segue immediatamente il boato della folla. Fra il pubblico degli interessati (i giocatori) si alza in piedi il “chiamato”. Ha in braccio la figlia, subito la mette nelle mani della madre Ann, che bacia così come gli altri parenti seduti intorno a lui, poi stringe le mani di chi si congratula e si dirige verso il palco, indossando il cappellino della squadra che lo ha voluto, dove il commissioner lo sta aspettando per le foto di rito. Il momento è uno di quelli importanti, è l’inizio di un viaggio all’insegna delle sfide e del riscatto da un passato difficile, “The Answer” è arrivato e nulla sarà più come prima.
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Facciamo un piccolo passo indietro. Siamo a Canton, Massachusetts, qui sorge la sede americana del produttore di abbigliamento sportivo Reebok. Ci sono due giovani impiegati, con tanta voglia di dimostrare la propria bravura, si chiamano Todd Krinsky e Que Gaskins. Entrambi sono grandi appassionati di pallacanestro; il secondo, in particolare, proviene da Washington DC ed è un fan dei Georgetown Hoyes, fra i quali dal 1994 al 1996 ha giocato Allen Iverson. In più, il coach delle superiori di Gaskins è in quel periodo l’assistente di John Thompson a Georgetown, e fornisce informazioni importanti su questo piccolo giocatore dalle incredibili abilità.
I due amici e colleghi hanno ormai deciso, questo Iverson è un fenomeno pazzesco e vogliono a tutti i costi provare a farlo diventare un testimonial Reebok, così coinvolgono il designer Scott Hewett ed iniziano a lavorare ad un primo progetto.
Iverson non si era ancora dichiarato per il salto fra i Pro, ma i giovani della Reebok volevano essere preparati con anticipo, l’obiettivo era di quelli grossi. Sì, perché “AI” ha sempre indossato scarpe Nike fino ad allora. Bethel high school, dove aveva frequentato le superiori il giovane Allen, era sponsorizzata da Nike, il suo coach dell’Università era nel consiglio di amministrazione di Nike Inc. e, durante la gioventù, aveva sempre partecipato ai “camp” organizzati dal produttore dell’Oregon. Il destino di Iverson sembrava quindi indirizzato verso Nike, che in quel periodo era una vera e propria potenza, mentre Reebok stava passando un momento non molto felice.
Nike e Reebok erano le contendenti per accaparrarsi quello che sarebbe stato senza alcun dubbio il giocatore scelto per primo al Draft del ’96. Reebok però aveva un vantaggio, offriva una montagna di soldi (60 milioni in 10 anni) e la garanzia di avere la propria scarpa personalizzata fin dall’inizio. Nike, dal canto suo, poteva semplicemente offrire un contratto simile a quello proposto altri giocatori, quindi, inizialmente, niente signature shoe. La mentalità, a Beaverton, Oregon, era questa: “C’è ogni anno un NBA Draft”. Intendendo che la possibilità di prendere una superstars si presenta annualmente, quindi perderne una non è necessariamente una disfatta definitiva. Non avevano fatto i conti però con il fatto che non ogni anno è disponibile un Allen Iverson.
L’opportunità per il 21enne degli Hoyes era troppo grande e decise così di coglierla. Era fatta, Iverson e Reebok da quel momento erano sull’onda della ribalta.
1996 – Reebok The Question
sinistra: iverson contro jordan
destra: le prime signature shoes di Iverson
Nonostante tutti gli interessamenti, tante erano le domande sul giocatore nativo della Virginia, e tante erano quelle su Reebok. Serviva una risposta. Lo sappiamo tutti, la risposta è la logica conseguenza di una domanda, nacque così l’idea di chiamare la prima signature shoe di Iverson “The Question”.
Per il giovane “AI”, il look di queste sue prime scarpe non era importante, ciò che importava era avere le proprie scarpe, come “Mike” (Jordan ndr). Quando le vide però, fu amore a prima vista, era così eccitato che prese il telefono ed iniziò a chiamare amici e parenti dicendo: “Ho le mie scarpe!”. Queste nuove Reebok non piacevano solo ad Allen, piacevano a tutti. Dopo il primo giorno di vendita erano già esaurite. Iverson era un ragazzo di quartiere, uno “della gente”, in cui i ragazzini si rivedevano e che era riuscito a realizzare i propri sogni. Possedere un paio di Reebok Question era il manifesto dell’ammirazione che la gente aveva di questo giovane uomo.
Le particolarità delle Question sono il taglio medio-alto; una tomaia completamente in pelle di ottima qualità; un sistema di lacci che formano la scritta Reebok; la punta di un colore che contrasta con il resto della scarpa in modo che si veda bene anche quando Iverson penetra a tutta velocità verso il canestro; il sistema di ammortizzamento Hexalite con le iconiche finestre a tema nido d’ape che sono poi diventate il marchio di fabbrica della Reebok.
Queste scarpe lo accompagneranno per tutta la sua prima grandiosa stagione, arricchita dal premio di Matricola dell’anno.
1997 – Reebok The Answer
Reebok The Answer
La prima stagione di Iverson è storia, i numeri lo dimostrano: 23,5 punti, 7,5 assist e 2,1 palle rubate per partita. Il crossover eseguito ai danni di sua ariosità (“his airness” ndr) Micheal Jordan è pura poesia in movimento. Nominato Rookie dell’anno e nell’All Rookie First team. Tutte le domande hanno avuto risposta, ed è una di quelle che non si dimenticano.
Giunge così il momento di consacrare definitivamente questo piccolo grande uomo fra i migliori giocatori NBA, il suo soprannome è ufficialmente diventato “The Answer” e così anche le sue seconde scarpe personalizzate.
Le Reebok The Answer furono innovative sotto diversi punti di vista, primo fra tutti era il logo di “AI”, che si presenta semplice ma azzeccato, è la nascita del logo “I3”. Altra particolarità è il sistema di lacci nascosto da uno strato di pelle che va a coprirlo interamente, creando così una linea uniforme votata alla velocità del giocatore. A completare queste scarpe viene inserito il sistema di ammortizzamento DMX 10, il quale prevede il posizionamento di 10 sacche sotto al piede che trasferiscono aria durante il movimento per creare una sensazione di camminata sulle nuvole.
1998 – Reebok The Answer II
Conosciute anche come The Answer Lite, prevedevano il sistema di ammortizzamento DMX in una versione alleggerita in modo da avere una scarpa meno pesante ma che fornisse prestazioni ai massimi livelli. Caratteristica che risalta è sicuramente il nome Iverson in rilevo sulla tomaia. Per il resto, le differenze con le prime The Answer sono minimali.
Da notare che indossando queste scarpe nella stagione 1998-1999, accorciata dal lock-out, Allen Iverson ha registrato una media di 26,8 punti per partita ed ha raggiunto per la prima volta in carriera i Playoffs con un record di 28 partite vinte e 22 sconfitte.
1999 – Reebok The Answer III
Dal punto di vista delle caratteristiche non cambia nulla rispetto alle precedenti, viene ridefinito però il design, in particolare risalta la linguetta che si va ad inserire direttamente nel sistema di allacciamento. Al tutto vengono aggiunti materiali di prima qualità.
Indossando le Reebok The Answer III, “AI” venne selezionato per la prima volta a partecipare all’NBA All-Star Game e fu l’unico giocatore a ricevere un voto per la corsa al titolo MVP oltre a Shaquille O’Neal (che lo conquistò).
2000- Reebok The Answer IV
sinistra: Iverson scavalca Tyrone Lue
destra: reebok the answer IV
La più popolare di tutta la linea “Answer”, le quarta iterazione fu semplicemente un concentrato di bellezza. La chiusura a zip è uno degli elementi più caratteristici, ai quali si aggiunge il logo “I3” che dalla punta si sposta verso il centro della scarpa come se il vento creato dalla velocità lo spostasse. La suola vede spiccare nella parte posteriore la faccia di “AI” e le sue immancabili trecce.
Le Reebok The Answer IV sono ricordate per aver aiutato la point guard dei Sixers a raggiungere il titolo di MVP e le Finali NBA contro i fortissimi Los Angeles Lakers. Famossima la scena di Iverson che scavalca Tyrone Lue dopo aver segnato un canestro importante in Gara 1.
Per ora il viaggio fa una sosta, ma non temete, continuerà nel prossimo appuntamento con History of a shoe!
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Apprezzo l'impegno che avete messo nel realizzare questo articolo, è stato un viaggio soprattutto per uno come me appassionato di basket, grazie..