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Il racconto di una giornata con l’Olimpia e NBA 2k16

Per la stragrande maggioranza dei fan della NBA nel mondo, la stagione della pallacanestro inizia solamente negli ultimi giorni di ottobre, quando le casacche delle trenta franchigie vengono smosse dalla naftalina estiva e si ricomincia a cacciare il Larry O’Brien Trophy, sempre alla ricerca di un nuovo padrone. Eppure c’è una porzione di questi fan che oltre ad ammirare le superstar sul parquet, si fanno coinvolgere anche dalle loro proiezioni grafiche nei videogiochi della saga 2K. Ecco quindi che, per questi devoti gamers, non c’è da aspettare Halloween per iniziare a darci dentro con la pallacanestro americana, visto che – come ogni anno – a fine settembre uscirà NBA 2K16, nuovo prodotto della 2K Sports.

La presentazione del Gioco è datata 24 Settembre, in un lussuoso hotel nel centro di Milano. Alla premier parteciperanno anche alcuni giocatori dell’Olimpia Milano, squadra testimonial del gioco e presente nei team dell’Eurolega, aggiunta di qualche anno fa. Io e Pietro arriviamo di buon’ora e ci accomodiamo nella sala conferenze, dove ad attenderci c’è uno schermo al plasma che proietta tre immagini di tre giocatori diversi: James Harden, Stephen Curry e Anthony Davis, le tre facce del videogioco che succedono a Lebron James e Kevin Durant. Sotto una scritta abbastanza eloquente: “Be The Story”, il fulcro della modalità MyPlayer, totalmente rivoluzionata rispetto alle edizioni precedenti. E con un regista d’eccezione, Spike Lee. Che ha immaginato la vita di un giovane che si affaccia al mondo del basket professionistico a 360°, un po’ come fece in quel famoso film con Ray Allen… Giusto per darvi un livello della drammaturgia dell’esperienza che si può vivere in NBA2K16.

 

Dopo i consueti video di presentazioni, intervallati dagli interventi di Alessandro Cattelan – volto di Sky e appassionato del Gioco, si passa alla parte pratica, con diverse consolle che vengono messe a disposizione di noi presenti per provare a giocare una partita con il nuovo sistema. Io mi affido ai Phoenix Suns di Steve Nash, Amare Stoudemire e Mike D’Antoni: 7 seconds or less, insomma. Pietro sceglie invece i Minnesota Timberwolves del suo idolo Kevin Garnett e del nuovo allenatore dei Chicago Bulls, Fred Hoiberg. La sfida ha inizio: la prima sensazione è che si ha una giocabilità estrema, decisamente migliorata rispetto alla scorsa stagione nei movimenti, più veritieri, e nei movimenti senza palla dei giocatori. Quel che cambia drasticamente è il modo di chiamare gli schemi: se nell’edizione 2k15 bastava selezionare il modus operandi le levette analogiche, da quest’anno ci si deve giostrare con la levetta analogica e un menù a tendina che compare sullo schermo, ampliando così le possibilità di giochi e combinazioni. Inoltre sono da registrare diverse nuove modalità di passaggio e i movimenti in post la cui meccanica – a detta dei programmatori – è stata totalmente ricostruita da zero, per dare ancora più opzioni al giocatore. Insomma, un’esperienza di gioco totale che ci fa lasciare la postazione di gioco pienamente soddisfatti. Finita la sessione di prova, iniziano le interviste con i giocatori presenti. Ecco le parole dei Men In Red, riportate integralmente.

INTERVISTA A DANIELE MAGRO, classe 1987 – Centro. A cura di Marco Lo Prato.

Cominciamo dal piatto forte di giornata, la NBA. Tu hai una squadra preferita, oltre-oceano?

“Sì, da quando c’erano Steve Francis e Cuttino Mobley tifo gli Houston Rockets. Poi sono arrivati Yao Ming e Tracy McGrady e mi sono innamorato di quella squadra, tant’è che ancora oggi la seguo”.

Qual è stato il lungo a cui hai tentato di rubare qualcosa, a livello di movimenti e leadership? 

“Ho apprezzato tanti giocatori, è difficile sceglierne uno. Se proprio devo dire un nome, faccio quello di Tim Duncan, di cui ho apprezzato i movimenti e che mi sembri giochi una pallacanestro per certi versi europea, anche se in America. E’ difficile comunque prendere spunto dal tipo di lunghi che ci sono oltreoceano perché lì c’è un altro livello di fisicità, a cui è difficile arrivare”.

Ora passiamo all’Olimpia, reduce da una stagione claudicante. Cos’è che ti è piaciuto del tuo primo periodo a Milano e chi ti ha impressionato dei tuoi nuovi compagni?

“Non sarebbe giusto fare un nome solo, tutti stanno dando il massimo. Non c’è una star assoluta, ognuno ha il suo ruolo e il suo gioco. Mi ha sorpresa la dedizione con cui tutti ci stiamo dedicando a preparare meticolosamente la stagione, a partire dalla Supercoppa. Ci stiamo amalgamando pian piano, il fatto di non essere mai stati insieme si fa sentire, inutile negarlo. Per ora stiamo tutti molto bene insieme”.

Cosa vi ha detto Repesa, non appena riuniti? Ha puntato subito sul tasto della rivincita o è partito più soft?

“Ovviamente tutta la società non è contenta della scorsa stagione, quindi quest’anno hanno voluto rinnovare la squadra e Repesa ha voluto avere fin da subito le redini del gruppo in mano e ha preteso disciplina. Questo è il punto fondamentale e se noi seguiremo il coach il resto vedrà di conseguenza, imparando il suo gioco e il suo modo di fare. Poi è ovvio che bisogna vincere, non ci si può nascondere dietro ad un dito. Dobbiamo lavorare per questo”.

Quest’aspetto di vivere in una società come l’Olimpia, ovvero quello di essere condannati a vincere, può destabilizzare un giocatore nel corso della stagione?

“Se arrivi in una società del genere sai a cosa vai incontro. Fa parte del nostro mestiere, se hai paura non devi nemmeno venirci in una società del genere”.

INTERVISTA AD ANDREA AMATO, classe 1994 – Playmaker. A cura di Pietro Caddeo.

E’ un dolce ritorno: sei stato nelle giovanili, ora sei in prima squadra. Qual è il tuo primo ricordo delle Scarpette Rosse e qual è l’ultimo?

“Il mio primo ricordo sono le selezioni per gli Under 13: io giocavo con quelli di un anno più grandi di me, classe ’93, e mi ricordo che entrai nella palestra principale che ora stanno ristrutturando e sentivo molta pressione. C’erano tanti ragazzi che avevano il mio stesso sogno e pensare di avercela fatta rafforza il mio carattere. L’ultimo ricordo? L’allenamento di ieri al Forum, dopo cinque ore di media-day (ride, ndi)”.

A roster sei il più giovane, che consigli stai ricevendo dai veterani che giocano nel tuo stesso ruolo?

Cinciarini l’ho appena conosciuto, mentre Lafayette mi dice di stare il più calmo possibile, di fare ciò che so fare meglio. Ho chiesto a lui di darmi qualche consiglio, accetto ogni tipo di critica e lo ringrazio per le attenzioni che mi dà.

Su cosa ti sta facendo lavorare di più lo staff tecnico?

Stiamo lavorando molto a livello fisico, mi seguono i preparatori per aumentare la mia massa muscolare. Repesa vuole che io sia più aggressivo su entrambi i lati del campo.

Cosa ne pensi del cammino dell’Italia agli Europei?

C’è un po’ di rammarico per l’Italbasket, però la Lituania ha fatto una grande partita. Peccato perché ha vinto la Spagna, squadra che avevamo battuto. Nelle partite secche però può succedere tutto, Cinciarini e Gentile sono comunque soddisfatti per il pre-olimpico.

Pensi alla Nazionale, c’è una selezione azzurra nel tuo futuro?

“Lo spero, ho fatto un’estate con la Nazionale Sperimentale, siamo stati in Cina per una tournée”.


Il tuo giocatore preferito a livello NBA?

“Allen Iverson. E’ sempre stato lui il mio idolo. Portare il suo stile di gioco in Europa è difficile perché qui il basket è diverso, però anche quando usavo i videogiochi prendevo ogni volta i Philadelphia 76ers per lui”.

INTERVISTA A OLIVER LAFAYETTE – Playmaker, classe 1994. A cura di Marco Lo Prato

Mancano pochi giorni al debutto in Supercoppa, primo banco di prova della stagione. Cosa ti ha detto Repesa riguardo al tuo ruolo come giocatore e anima della squadra?

“Il coach mi ha semplicemente detto di tenere unita la squadra e di provare a giocare come un gruppo. Questo è stato il tasto più importante su cui Repesa ha battuto: giocare insieme, anche se ovviamente potranno esserci dei periodi di alti e bassi”.

Durante la stagione dovrai competere con Andrea Cinciarini per il posto da titolare nel quintetto. Quali sono le skills con cui convincerai Repesa a puntare su di te?

“Prima di tutto io e Andrea siamo compagni, non avversari. Io e lui, così come tutti gli altri, ci alleniamo per un unico obiettivo, quello di vincere il più possibile. Se entrambi ci stimoliamo ad alzare il livello del nostro gioco è meglio per tutti, ma la cosa più importante è vincere: non dobbiamo pensare a noi stessi, ma a battere gli avversari”.

Sarai uno dei veterani della squadra. Come ti rapporterai agli altri giocatori, soprattutto con i giovani?

“Dirò loro semplicemente di essere responsabili, dentro e fuori dal campo. Non importa quanto si gioca, ma dare tutto sul parquet. Possiamo giocare dieci, venti o trenta minuti a gara, ma l’importante è giocare forte e uscire vincitori”.

Come hai trovato l’ambiente, carico per nuove vittorie o ansioso di deludere le aspettative?

“Sì, qui tutti vogliono vincere (ride, ndr). Mi trovo a mio agio con questo tipo di mentalità, tutti giocano per vincere, vincere e basta. Quando si perde c’è sempre un problema; nel caso dovremo lavorare per risolverlo. Siamo una delle squadre più forti in Italia e dovremo convivere con questo, darci la forza tra compagni e arrivare all’obiettivo finale”.

Ecco, appunto: quali saranno gli obiettivi di quest’Olimpia?

“Sicuramente quello di vincere il Campionato dopo che l’anno scorso la vittoria è sfuggita. Poi proveremo a fare bene per meritarci le Top16 di Eurolega e, perché no, anche i playoffs per le Final Four. Insomma, vogliamo vincere”.

 

 

Ps: Pietro non lo ammetterà mai, ma il match amarcord alla PS4 è stato vinto dal ritmo massacrante dei Suns di Nash e del sottoscritto. Non ti preoccupare, amico mio: l’anno prossimo ti do la rivincita. Ma, per un anno, il Vincitore sono io. Del resto il motto di giornata era #BeTheStory, no? Ecco. E la giornata è già leggenda.

 

Marco Lo Prato – Pietro Caddeo

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Pubblicato da
Marco Lo Prato

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