Immagini a canestro – Ball don’t lie

Alle nostre spalle abbiamo il bosco verticale. Le due torri sono state rese abitabili già da un annetto. Alzando lo sguardo, l’opera dello studio Boeri sembra una partita di Jenga sospesa a metà. Con i blocchetti di legno lasciati lì a marcire da due giganti, tanto da aver fatto formare del muschio sopra ogni singolo tassello. ( o quelli che nella realtà, smettendo di fantasticare per un secondo, sarebbero 830 alberi piantati sui balconi dei due edifici).

Il Samsung District si trova in quella conca di cemento che separa piazza Gae Aulenti dalla Torre Diamanti e dagli altri grattacieli sorti negli ultimi 10 anni per dare a Milano un sapore internazionale e per ricucire i quartieri di Porta Nuova, Porta Garibaldi e Isola.

E’ qui che si tiene l’inaugurazione di Immagini a Canestro: Ball Don’t Lie, la prima mostra digitale dedicata all’universo NBA. Nella lounge room in cui veniamo fatti accomodare in attesa della presentazione, proviamo i giocattolini Sasmung. Sono quasi tutte applicazioni per controllare elettrodomestici o oggetti della casa tramite cell. ( Così intuitive che in 15 minuti di tentativi non siamo riusciti ad aprire la porta-esempio dallo smartphone-chiave.)

Eccoci nella saletta della mostra, bianca, un canestro con un pallone incastrato tra i ferretti ed il tabellone in plexiglass, alcune postazioni video con cuffie e immagini che passano in loop sui teleschermi. A sciogliere il clima ci pensa Massimiliano Finazzer Flory, l’ideatore della mostra che in due secondi lancia un altro dejà vu: l’intro di Space Jam. Michael che parla con il papà dopo un 7/7 nel canestro in cortile: “voglio giocare a North Carolina”. Altro fiume di ricordi.

Ci sono alcune special guest, il primo intervento della mattinata è di Sandro Gamba, dice che il suo primo incontro ravvicinato con la NBA risale al 63’. Dan Peterson, subito dopo, lo corregge: “ Sandro ha marcato Jerry West alle olimpiadi del 1960, è riuscito a tenerlo a 32 punti”. Mr. Logo e Gamba si sono incrociati nel girone eliminatorio e ai quarti di finale del torneo olimpico a Roma. L’altra guardia titolare di quella spedizione USA che conquistò l’oro senza troppo fatica era Oscar Robertson( giusto per chiarire il livello).

“E’ il sogno dei cestisti di tutto il mondo, poter giocare nella NBA” sostiene Dino Meneghin, che non è andato molto lontano dal realizzare questo sogno. “Ma erano altri tempi. In una seconda vita, farei subito la mia valigia di cartone. Mi presenterei dicendo: ‘queste sono le mie capacità, so fare bene questo, questo e questo”.

La leggenda della pallacanestro europea( e non), ex presidente della FIP, inserito nella Naismith Hall of Fame si immedesima nel ragazzino con la canotta di Curry in punta di piedi, che cerca di riprendere proprio Dino mentre dice queste parole.

Chiude il giro di ospiti speciali Alice Sabatini: la fresca Miss Italia madrina dell’evento. Ha la voce un po’ spezzata quando afferma che per lei è un onore trovarsi qui, vicino ad icone del basket italiano. L’ultima volta che è stata a Milano per motivi cestistici -continua- era quando ha vinto il premio come miglior giocatrice in una partita di Coppa Italia. Durante una sua pausa, errutta il vocione di Dino: “BRAVA!”.

Sulle 10 stazioni video presenti è  facile riconoscere The Shot, o il lay-up di Lebron contro i Celtics senza nemmeno sentire la voce di Kevin Harlan nei due principali focus su MJ e Lebron. Un altra clip è dedicata ai Rookies di tre generazioni diverse: il primo Shaq ai Magic, Wade che inaugura la lunga scalata al vertice degli Heat,  Draymond Green, Festus Ezeli e Harrison Barnes dei Warriors, e infine i Bounce Brothers : Wiggins e Lavine.

Poi si va dietro le quinte con All Access. Le immagini  con gli allenatori, i giocatori e gli arbitri microfonati durante le partite (il capitolo sugli arbitri rivela il genere di preparazione dei referees prima di scendere sul parquet ad ogni partita). Gli assist più spettacolari, da un no-look di Magic Johnson a uno dietro la schiena di Steph Curry, i record con le immagini del career high da 81 punti di Kobe Bryant contro Toronto nel 2006 e i 37 in un quarto di Klay Thompson di quest’anno.

L’impressione iniziale – e più cinica- è che siano tutti highlights facilmente reperibili su youtube e che con un budget importante, si potrebbe allestire un museo NBA a casa propria. Il che è vero. La raccolta dei buzzer beater più memorabili, Lebron, Michael, lo slow-mo setoso della phantom cam: tutte immagini che si possono recuperare con un click. In un secondo momento- tuttavia-  la cattiva sensazione di essere davanti ad un prodotto confezionato bene ma già usato, affievolisce, perchè realizzo che la mostra digitale è per tutti. Proprio come una qualsiasi mostra d’arte. Per alcuni potrà valere da ripasso, per altri da scoperta.

Prima di tuffarci sul ripasso dalla A alla Z, abbiamo trovato 10 minuti per fare alcune domande a Dino Meneghin.

 Intervista scritta in collaborazione con Michele e Simone Ipprio*

1)Nella mostra Ball Dont Lie a Milano ci sarà una sezione dedicata ai buzzer beater. La domanda diventa automatica: se potessi fare una carrellata dei tiri più significativi della storia del campionato italiano quali sceglieresti?

“L’unico che mi ricordo al momento è quello di Livorno quando gli avversari segnarono ma era tutto fuori tempo massimo e riuscimmo a vincere quella finale per lo Scudetto. Anche la tripla allo scadere di Ruben Douglas, nella finale scudetto del 2005, contro l’Olimpia. Gli arbitri avevano fatto ricorso all’ istant replay. Poi il tiro è stato convalidato, ma che finale! Altre non ne ricordo, dovrei rivedere le immagini perché l’età è quella che è….. “

 

2) Abbiamo visto tuo figlio Andrea cavarsela egregiamente in studio Sky a commentare gli europei di basket. Lo vedremo anche come telecronista NBA?

“Perchè no? Non so quanto segua la lega americana. Lui conosce benissimo i campionati europei ma perché no. Lui sta prendendo sempre più confidenza, in televisione bisogna saper essere concisi e parlare di cose che possano affascinare il telespettatore. Poi deve solo abituarsi a parlare davanti ad un microfono ed una telecamera, intanto lasciamolo prendere confidenza e poi vedremo. Comunque devo dire che Pessina, che lavora sempre a Sky, fa un buonissimo lavoro.

 

3) Il tuo ricordo più vivido con la Nazionale da giocatore e quello più vivido da tifoso.

“Da giocatore sicuramente quando abbiamo vinto gli Europei a Nantes nel 1983, il gruppo era fantastico, eravamo tutti amici e giocavamo l’uno per l’altro oltre ad essere stati in un periodo di forma eccellente e avere un grande allenatore. Era tutto perfetto tanto da aver vinto il campionato senza perdere una partita, dimostrazione che eravamo proprio pronti. Da spettatore sicuramente quella del 1999 quando in campo c’era Andrea (il figlio, ndr). Attraverso di lui ho rivissuto le stesse emozioni del 1983, senza dimenticare la semifinale con la Lettonia ad Atene. Quella era proprio la testimonianza della forza mentale dei giocatori che entrano in campo con la mentalità di voler scrivere la storia, riuscendoci.”

 

4) Quali sono secondo te i giovani italiani che potrebbero fare il salto oltreoceano nei prossimi anni? Le faccio il nome di Leonardo Totè per esempio.

“Guarda, i ragazzi giovani come Totè io li lascerei perdere perché si rischia di mettergli in testa dei grilli pazzeschi. Leonardo deve dimostrare prima di tutto di essere un grande giocatore per il campionato italiano, Europeo e solo dopo forse potrebbe pensare alla NBA. Questo però non deve togliergli il pensiero di sognare perché questo lo costringe a lavorare più duramente del giorno precedente. Attualmente il più pronto è sicuramente Alessandro Gentile, deve solo migliorare l’attenzione difensiva perché ci sono momenti in cui perde concentrazione e uomo, però fisicamente è pronto, tecnicamente è pronto, deve solo capire che in NBA non avrà tutto quel tempo per gestire il pallone. Siccome è un ragazzo intelligente, quando andrà in America glielo spiegheranno e migliorerà anche in questo.Il basket giocato in America inoltre è molto vicino a quello che piace a lui: corri e tira, uno contro uno di potenza. Ripeto, al momento l’unico che può pensare di giocare in NBA è lui.”

 

5) Pensi che Gentile sia intenzionato ad approdare in NBA dopo essere stato scelto al draft dello scorso anno dagli Houston Rockest ed aver preferito rimanere in Europa?

“Sicuramente sì, forse poteva già andare quest’anno ma avrebbe fatto un anno in panchina. Quindi è stato meglio che sia rimasto qui a Milano dove può fare ancora più esperienza per poi andare dall’altra parte dell’Oceano con le credenziali, non dico da primo attore, ma da giocatore ancora forte, senza dover passare da quella fase in cui dovrebbe guadagnarsi il minutaggio in una stagione da non protagonista come sarebbe stato, magari, quest’anno.”

 

6) Pensi che la NBA verrà mai in Europa ad esportare il suo modello di gestione, magari creando una lega comprensiva delle migliori piazze del vecchio contenente in modo tale da poter promuovere e sviluppare la pallacanestro anche qua?

“Non credo a breve, ci vorranno tanti anni. La NBA ha un pacchetto importante e si porrebbe al di sopra delle federazioni, dell’Eurolega e dei team Europei e non so quanto sarebbero d’accordo. In questo momento la NBA serve a portare proselitismo, propaganda, deve essere preso a modello per capire come lavorare bene ed organizzarsi, imitandoli. I nostri palazzetti, per esempio, non sono all’altezza e in Italia saremmo, di conseguenza, esclusi. Insomma, sarebbe un lavoro molto duro e difficile ma magari, un giorno non troppo lontano, assisteremo all’approdo della NBA in Europa. Dopotutto la direzione è quella, il mondo si sta aprendo e globalizzando ancor di più e bisogna essere pronti a pensare e guardare in avanti, non da qui a 3 anni, ma da qui a 30 anni. Tutti guardano la NBA, chi deve investire i soldi lo fa molto volentieri in un modello come il loro, filosofia che deve essere portata anche da noi.”

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Pubblicato da
Pietro Caddeo

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