Sacramento Kings Season Preview: l’anno del riscatto?

Non è passata che una quindicina d’anni da quando i Sacramento Kings erano definiti da Sports Illustrated “The Greatest Show on Court”, con tanto di copertina dedicata. Eppure quei fasti paiono sempre più appartenere a un’era geologica fa, non solo per l’ormai cronica assenza ai playoff (in caso di mancato accesso anche in questa stagione i tifosi festeggerebbero il triste anniversario in doppia cifra, secondi solo ai Timberwolves in quanto ad annate consecutive in Lottery), ma anche per come spesso i Kings siano sembrati nel recente passato il miglior spettacolo sul parquet solamente in chiave grottesca: ne è l’emblema la passata stagione, iniziata con grandi ambizioni e pure con una partenza che lasciava ben sperare (5-1), e naufragata poi per l’ennesima volta in un mesto 29-53 di record finale, al cui contributo si sono succeduti ben tre allenatori (Mike Malone, Tyrone Corbin e infine George Karl, tutti con record più o meno negativi), palesando una volta di più un enorme senso di inadeguatezza e di confusione nei vertici della franchigia. Scontato dunque il terremoto estivo, sia a livello dirigenziale che di roster, per provare ad evitare alla vecchia ARCO Arena (ora denominata Sleep Train Arena), casa della squadra per l’ultimo anno prima del trasferimento nel nuovo palazzetto, di andare in pensione senza più vedere tra le propria mura la post season e i campanacci dei suoi caldissimi tifosi.

 

IL MERCATO

 L’estate, si diceva, è stata piuttosto movimentata: via Pete D’Alessandro, approdato a Denver, e pieni poteri a una vecchia gloria della franchigia come Vlade Divac, già all’interno dell’organizzazione e promosso ora General Manager. Il mercato, in gran parte gestito dallo stesso neo GM, è stato svolto con l’obiettivo di rafforzare subito la squadra, liberando in primis spazio salariale (via Jason Thompson, Nik Stauskas e Carl Landry sostanzialmente per nulla) e poi provando l’assalto ai free agent più pregiati, in particolare nel settore esterni: ma viste le acque non esattamente limpide in cui sta nuotando il vascello viola, non sono stati pochi i gentili dinieghi (su tutti quelli di Monta Ellis e Wes Matthews), e anche la firma più importante, quella di Rajon Rondo, è arrivata con un semplice annuale, con l’ex Boston pronto a fuggire dalla capitale della California in caso di necessità (o a rinegoziare l’accordo al rialzo col nuovo contratto collettivo). Oltre al play in arrivo da Dallas, Sacramento si è portata a casa parecchi buoni comprimari, con il comune denominatore dell’esperienza in contesti vincenti (Marco Belinelli, Kosta Koufos, Caron Butler), con la speranza di trasmettere tale mentalità a un roster ancora relativamente giovane.

Ancora una volta piuttosto sorprendente invece la scelta al Draft, con la sesta moneta spesa per chiamare Willie Cauley-Stein: un centro, peraltro dalle caratteristiche gradite a coach Karl, la cui scelta ha avviato numerose speculazioni su una possibile, clamorosa trade che coinvolga DeMarcus Cousins, già ai ferri corti con il nuovo allenatore e il suo gioco inadatto alle sue caratteristiche. Ma per ora DMC è rimasto al suo posto così come l’ex coach dei Sonics, in un tentativo di convivenza che pare già piuttosto difficoltoso.

 

ARRIVI: Willie Cauley-Stein, Rajon Rondo, Marco Belinelli, Kosta Koufos, Caron Butler, Quincy Acy, James Anderson, Seth Curry, Duje Dukan

PARTENZE: Jason Thompson, Andre Miller, Derrick Williams, Reggie Evans, Carl Landry, Nik Stauskas, Ray McCallum, Ryan Hollins

STARTING FIVE

 

LA PANCHINA

 

PAYROLL

In verde le player options, in blu le team options (Credits to Basketball-Reference.com)

IL COACH

Se l’intenzione dei Kings era quella di cambiare rotta dotandosi di figure che abbiano esperienza nelle gare che contano, difficilmente per la panchina avrebbero potuto trovare di meglio in giro di George Karl, stando quantomeno all’invidiabile palmares. Esperienza in panchina ultratrentennale, Karl è attualmente l’allenatore con più vittorie in attività (1142) e può vantare la guida di squadre molto intriganti nel gioco e dai record più che positivi nel corso della propria carriera (Sonics, Bucks, Nuggets…). Molti però lo additano come eterno incompiuto, come timoniere in grado di creare una squadra da playoff ma di non riuscire mai ad arrivare in fondo, come dimostra la sua bacheca tristemente vuota di Larry O’Brien; per i detrattori, ciò sarebbe dovuto a una filosofia di gioco rapido che prevede interpreti il più possibile atipici e versatili, di difficile realizzazione e, all’esame dei fatti attuali, mai veramente vincente in quanto a titoli NBA. Naturale dunque che, al netto del rispettabilissimo curriculum, la sua scelta da parte dei Kings abbia destato non poche perplessità, vista la presenza di un leader tecnico dalle caratteristiche di DeMarcus Cousins, esattamente opposte a quelle volute dal coach per i propri lunghi. In appena uno scorcio di stagione in California, il rapporto tra i due pare esser già molto teso, non aiutato di certo dal carattere non facile di DMC e dalla scarsa elasticità di Karl, non nuovo a dissidi con alcuni propri importanti giocatori: l’impressione è che, certo non con grande lungimiranza, la dirigenza abbia messo due galli nel pollaio e che uno dei due dovrà cambiare aria. Proprio dal rapporto con l’ex Kentucky quindi passeranno gran parte delle fortune del team e, di conseguenza, del futuro di Karl sulla panchina di Sacramento.

 

GIOCATORE CHIAVE ATTACCO

Nonostante un’idea di gioco che non pare proprio premiarne le doti tecniche, è chiaro come non possa che essere ancora una volta DeMarcus Cousins il perno offensivo e carismatico, il cosiddetto giocatore franchigia di questi Kings in cerca di riscatto. In una stagione in cui è stato a tratti limitato da guai fisici, Boogie ha migliorato ancora una volta i propri numeri (24.1 punti e 12.7 rimbalzi), risultando, ad appena 25 anni da poco compiuti, forse il miglior centro puro offensivo dell’intera Lega. Inutile specificare dunque quanto, anche al netto di un atteggiamento difensivo come al solito molto rivedibile, DMC rimanga il giocatore fondamentale del presente e del futuro, per il quale in estate si è speso in prima persona il proprietario Vivek Ranadivé al fine di spegnere le insistenti voci di mercato. Come detto in precedenza, sarà cruciale il proprio rapporto con Karl, e come verrà gestita un’eventuale rottura definitiva da parte della franchigia: avere un DMC svogliato o mal gestito, o addirittura perderlo in un’eventuale cessione, potrebbe fare la differenza tra una stagione potenzialmente positiva e l’ennesima annata che va ad assiepare il già colmo dimenticatoio di casa Kings.

Nelle foto prestagionali il clima pare molto sereno, riuscirà a rimanere tale durante l’anno? (credits to: basketusa.com)

GIOCATORE CHIAVE DIFESA

Al momento della chiamata numero 6, parecchie sopracciglia si sono alzate al nome di Willie Cauley-Stein, e molti come detto hanno collegato la sua scelta a una possibile trade che coinvolgesse Cousins. Invece Boogie è rimasto, e l’intenzione della chiamata del prodotto da Kentucky pare dunque affiancarlo proprio al più illustre ex Wildcat. In effetti, nonostante nessuno dei due abbia gioco perimetrale per aprire un po’ il campo (come peraltro Karl ama fare…), Cauley-Stein si è distinto al college come eccezionale difensore, in grado di marcare sia esterni che lunghi grazie a un mix di altezza, braccia lunghe e piedi veloci, e, considerata anche la partenza di un pedina difensivamente molto importante come Jason Thompson, sembra proprio che WCS possa diventare il bodyguard difensivo di DMC. Ma anche in questo caso, come spesso accade coi Kings, siamo nel campo dell’ipotesi, all’interno di un’altra convivenza tecnica possibile ma non certo immediata. Comunque vadano le cose tra i due, rimane il fatto che le caratteristiche difensive di Cauley-Stein faranno molto comodo a una squadra negli ultimi anni ai limiti dell’imbarazzante nella propria metà campo.

 

RIVELAZIONE DELL’ANNO

Tutti, giustamente, parlano dei Kings come squadra dal grande talento a roster citando i vari Cousins, Rondo e Gay; ma in quanto a talento puro non è lontanissimo da questi mostri sacri nemmeno Ben McLemore. Considerato ai tempi di Kansas prospetto di primissimo livello, dopo due stagioni di ambientamento e maturazione, a 22 anni compiuti, la guardia pare ormai pronta a dare un contributo importante alla squadra, forte anche della fiducia incondizionata della franchigia (sempre in quintetto lo scorso anno e senza più l’ingombrante presenza di un altro giovane promettente come Nik Stauskas alle spalle). L’unica incognita pare lo spazio e le responsabilità disponibili in un contesto storicamente intriso di accentratori, ma, con un play puro come Rondo e una chioccia esperta e marchiata Spurs come Marco Belinelli, McLemore, alla terza stagione nella Lega, potrebbe comunque passare definitivamente dallo status di “talento acerbo” a quello di giocatore determinante.

MIGLIOR COMPRIMARIO

Una delle note più liete dell’estate dei Kings è stata la costruzione di una panchina finalmente di buona qualità ed esperienza: e l’elemento più rappresentativo di queste caratteristiche è certamente il nostro Marco Belinelli, che ha costruito un’intera carriera come preziosissimo gregario in grado di farsi trovare sempre pronto in caso di necessità. Voluto fortemente e responsabilizzato dallo stesso Vlade Divac per aiutare i Kings a tornare finalmente ad essere una squadra vincente, Marco pare già ora uno dei maggiori “equilibratori” di un team talentuoso ma volubile in molti suoi elementi, e non potrà che arrivare alla nuova stagione ancor più carico dopo l’eccezionale Europeo giocato. Il suo apporto alla squadra e allo spogliatoio sarà con ogni probabilità molto positivo, e, con maggiori responsabilità rispetto al periodo a San Antonio, non è detto che il cecchino da San Giovanni in Persiceto non si tolga anche qualche soddisfazione a livello individuale.

MIGLIOR INNESTO

Il mercato, come detto, è stato piuttosto movimentato, ma è ovvio che il nome di punta tra i tanti approdi a Sacramento non possa che essere quello di Rajon Rondo. Solo un paio d’anni fa considerato tra i migliori 2-3 playmaker dell’intera Lega, l’ennesimo ex Wildcat dei Kings ha subìto una grossa involuzione tecnica dopo lo scioglimento dei Big Three di Boston, non riuscendo più ad esprimersi ai livelli di quel glorioso periodo né in contesti meno competitivi (come i Celtics del post Allen, Pierce e Garnett) né in team più rodati e ambiziosi (come l’esperienza a Dallas, negativa sia individualmente che per i risultati di squadra). Scaricato dai Mavericks, addirittura con l’accusa di averne anchilosato i buoni ingranaggi di squadra, Rondo non ha avuto il mercato che probabilmente auspicava, firmando alla fine un annuale con Sacramento: è dunque evidente che le motivazioni per il proprio rilancio ci siano tutte (sia tecniche che economiche vista la scadenza dell’accordo e il nuovo contratto collettivo in vista). Eppure l’ex Celtics è un altro elemento dall’indole molto particolare, sicuramente un vincente nei momenti migliori ma molto discontinuo nelle difficoltà, ed è chiaro come a Sacramento non possa essere tutto subito rose e fiori. Le sue doti difensive e la sua leadership ed esperienza potrebbero risultare inestimabili per questi Kings, ma molto del suo rendimento effettivo dipenderà dallo stesso atteggiamento del giocatore, nonché dal suo feeling con la filosofia di gioco di Karl e con lo stesso coach (mai idilliaci i suoi rapporti con i precedenti allenatori): insomma, un’altra sliding doors per l’andamento stagionale di Sacramento.

I tre principali nuovi arrivi in casa Kings (credits to: nba.com)

PUNTI DI FORZA

E’ inutile girarci tanto intorno: Sacramento quest’anno, sulla carta, ha una squadra finalmente competitiva, sicuramente da playoff visti i nomi degli effettivi e il talento generale. Il potenziale offensivo in particolare pare altissimo e molto ben distribuito nei vari ruoli, ulteriormente potenziato da un coach che fa dell’attacco il suo cavallo di battaglia. Lo spettacolo sicuramente non mancherà dalle parti della Sleep Train Arena e, grazie a una tenuta difensiva che pare poter essere molto migliore rispetto agli ultimi anni visti anche gli interpreti ad essa preposti, potrebbero non mancare nemmeno le tanto agognate vittorie.

PUNTI DEBOLI

A roster ci sono sì giocatori con più spiccate doti difensive, ma non è detto che il gioco nella propria metà campo, ormai cronicamente terribile, sia immediatamente risistemato e affidabile, considerato che invece in questo campo Karl non è mai stato un guru: soprattutto all’inizio probabilmente si punterà quindi a fare un canestro in più degli avversari, e non è detto che questo atteggiamento paghi necessariamente dividendi ogni sera, anzi. Ma l’elemento più preoccupante paiono le tante contraddizioni e scommesse all’interno della squadra: in primo luogo la difficile applicazione delle idee di Karl a un gruppo che non ha moltissimi giocatori adatti a realizzarle, lo stesso rapporto del vecchio coach con molti elementi chiave (su tutti, come detto, Cousins), l’inserimento di numerose facce nuove, i tanti, forse troppi, personaggi dall’indole non semplice, l’apporto di Rondo da dottor Jakyll o Mister Hyde. Una situazione insomma che, considerato il talento, potrebbe risultare molto rosea, ma anche una potenziale bomba ad orologeria se uno di questi tanti fattori non girasse per il verso giusto.

MIGLIOR SCENARIO

Il miglior scenario non può che presupporre che tutte le tessere di questo intricato mosaico vadano al loro posto: Karl trova il modo per giocare con un lungo come Cousins riuscendo a valorizzarne le eccezionali qualità, Rondo torna il play geniale dei tempi migliori, Gay porta il proprio contributo offensivo senza risultare eccessivamente accentratore e la squadra vola, forte di un potenziale offensivo straordinario e pienamente sfruttato: seppur presumibilmente con un seed non troppo alto, Sacramento torna finalmente ai playoff, e pure da cliente scomodissimo per chiunque.

 

PEGGIOR SCENARIO

Al contrario, nel peggior scenario le suddette tessere finiscono tutte dal lato sbagliato, con DMC e Karl alla rottura definitiva e al successivo allontanamento di uno dei due (e qualunque fosse la scelta societaria le conseguenze a stagione in corso non potrebbero che essere fortemente negative), Rondo che prosegue nel suo periodo di abulia e Gay che sparacchia. Si fatica a trovare un’amalgama coi tanti nuovi arrivi e di nuovo la stagione va alla deriva coi playoff virtualmente già persi alla pausa per l’All Star Game, ma con un fallimento ancora più pesante visto il potenziale del team.

SCENARIO REALISTICO

Considerato anche solo il livello del roster, pare obiettivamente complicato far peggio delle ultime stagioni e rimanere al di sotto delle 30 vittorie stagionali. Ma il criterio di costruzione della squadra, con il semplice “ammassamento di talento” senza un grosso progetto organico a guidare il tutto, lascia non poche perplessità, viste anche le tante scelte incoerenti, quando non contraddittorie, elencate in precedenza. L’impressione è che i Kings abbiano il potenziale per far bene e che cruciali in tal senso siano i primi due mesi di stagione; ma che vi siano allo stesso tempo ancora molti elementi oscuri che ne limiteranno le risorse. Sacramento potrebbe quindi finire per migliorare certamente il record dalla passata stagione, ma non abbastanza per agganciare i playoff nella terribile Western Conference, chiudendo intorno alle 40 vittorie stagionali. Con buona pace dei campanacciari della vecchia ARCO Arena, che in questo caso non vedrebbero dunque tornare la post season nell’arena che ospitò il Più Grande Spettacolo in Campo.

Credits to: Nbapassion.com

 

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Pubblicato da
Giacomo Sordo

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