“Houston, we’ve had a problem here”.
Questa la vera frase udita dal Johnson Space Center. Il mittente l’unanimemente noto Apollo 13. Nella stagione appena conclusa anche la corrispettiva squadra cittadina ha avuto un problema: la corsa al titolo si è fermata alle finali di Conference. Troppo più forte Golden State; tuttavia i Rockets non hanno molto da recriminarsi.
La squadra forse comincia la stagione tenendo al centro del bersaglio più una buona prestazione ai playoffs che un cerchio d’oro al dito, poi cresce. Guidata da Harden, sempre più uomo franchigia, colleziona molte vittorie. Certe beghe ad ogni modo rimangono. Per esempio l’assenza difensiva dello stesso Harden (che è ormai ben nota e oggetto di scherno su ogni tipo di piattaforma). L’arrivo di Josh Smith nel mercato invernale però aggiunge benzina al razzo texano. L’ex Pistons, al contrario di quando indossava la maglia di Motor City, esprime un basket niente male, assimilandosi a dovere nel meccanismo di Houston. Ai playoffs, come da copione, i Rockets partono bene. Liquidata Dallas (per 4-1) si incrociano con i Clippers, freschi giustizieri degli Spurs campioni in carica. Sotto 3-1, Houston ha la possibilità di mettere alla prova anche i propri nervi quando si gioca il basket che conta. Serie ribaltata, vittoria Rockets per 4-3 ed è finale. Qui,come già detto, gli Warriors sono superiori e la corsa si arresta in un netto 4-1.
MERCATO
OUT: Josh Smith, Pablo Prigioni, Nick Johnson, Kostas Papanikolaou, Joey Dorsey
IN: Ty Lawson, Sam Dekker, Marcus Thornton, Montrezl Harrell
Durante l’estate la dirigenza Rockets si muove seguendo i consigli della sua stella barbuta. C’è bisogno di qualcuno che possa gestire il pallone in sua alternativa. Quel bisogno è stato soddisfatto portando in maglia Houston uno dei migliori della lega palla in mano: Ty Lawson. L’arrivo di Lawson non è stato sanguinoso, tuttavia nemmeno indolore. Sono infatti volati a Denver: Prigioni, Papanikolaou, Dorsey e Johnson. Oltre anche a una scelta al primo round. Per qualcuno che se ne va, c’è però qualcun altro che arriva. Houston è stata brava ad accaparrarsi due scelte di valore nel recente Draft. Parliamo di Sam Dekker, scelto alla diciottesima chiamata, e Montrezl Harrell, pescato con la trentaduesima. Probabilmente entrambi spenderanno la maggior parte del loro tempo sui parquet della D-League, vista l’affollata rotazione di Houston. Tuttavia Harrell potrebbe essere un valido sostituto di Motiejunas (in recupero dall’infortunio), soprattutto per quanto riguarda i rimbalzi. Dekker invece, con la sua versatilità e le sue qualità da power-forward, potrebbe allargare molto il campo per Houston.
QUINTETTO BASE
SALARI
No |
Player |
Pos |
Ht |
Wt |
Age |
Exp |
College |
Salary |
1 |
Trevor Ariza |
GF/SF |
6′ 8″ |
215 |
30 |
11 |
UCLA |
$8,600,000 |
2 |
Patrick Beverley |
G/PG |
6′ 1″ |
185 |
27 |
3 |
Arkansas |
$915,243 |
33 |
Corey Brewer |
GF/SG |
6′ 9″ |
186 |
29 |
8 |
Florida |
$4,702,500 |
15 |
Clint Capela |
FC/C |
6′ 10″ |
240 |
21 |
1 |
None |
$1,189,200 |
4 |
Will Cummings |
PG |
6′ 2″ |
175 |
23 |
0 |
Temple |
– |
7 |
Sam Dekker |
SF |
6′ 9″ |
230 |
21 |
0 |
Wisconsin |
– |
13 |
James Harden |
GF/SG |
6′ 5″ |
220 |
26 |
6 |
Arizona State |
$14,693,906 |
35 |
Montrezl Harrell |
PF |
6′ 8″ |
240 |
21 |
0 |
Louisville |
– |
12 |
Dwight Howard |
FC/C |
6′ 11″ |
265 |
29 |
11 |
None |
$21,436,271 |
6 |
Terrence Jones |
F/PF |
6′ 9″ |
252 |
23 |
3 |
Kentucky |
$1,618,680 |
3 |
Ty Lawson |
PG |
5′ 11″ |
195 |
27 |
6 |
North Carolina |
$11,595,506 |
9 |
Denzel Livingston |
SG |
6′ 4″ |
178 |
22 |
0 |
Incarnate Word |
– |
32 |
K.J. McDaniels |
SF |
6′ 6″ |
205 |
22 |
1 |
Clemson |
$507,336 |
20 |
Donatas Motiejunas |
F/PF |
7′ 0″ |
222 |
25 |
3 |
None |
$1,483,920 |
42 |
Joshua Smith |
C |
6′ 10″ |
350 |
23 |
0 |
Georgetown |
– |
31 |
Jason Terry |
G |
6′ 2″ |
185 |
38 |
16 |
Arizona |
$5,450,000 |
10 |
Marcus Thornton |
SG |
6′ 4″ |
205 |
28 |
6 |
LSU |
$8,697,500 |
50 |
Jeremy Tyler |
C |
6′ 10″ |
250 |
24 |
4 |
None |
– |
5 |
Chris Walker |
PF |
6′ 10″ |
220 |
20 |
0 |
Florida |
– |
COACH: Kevin McHale
L’originario di Hibbing, Minnesota, è ormai sulla panchina di Houston dal Giugno 2011. Con lui sul pino, la squadra ha sempre migliorato la propria prestazione anno dopo anno. 34 vittorie a fronte di 32 sconfitte è il record di Houston al termine della stagione 2011-12 (mutilata dal lockout). Nell’ultima invece il record è ben diverso: 56-26. La tattica di gioco un po’ “Old School” che esprime McHale non sempre è apprezzatissima, ma non è comunque disprezzabile visti i risultati dei suoi in campo. Amante delle statistiche e delle analisi ben studiate, porta Houston al secondo posto di quella tonnara che è la Western Conference. Ad ogni modo non è solo un freddo calcolatore. McHale è un forte sostenitore del dialogo occhi negli occhi coi giocatori, indispensabile più di ogni lavagnetta in determinate situazioni. Nello spogliatoio gode di rispetto e stima da parte dei suoi; più volte Harden e Howard hanno speso parole in suo favore. Ovviamente sarà sulla panchina dei Rockets anche quest’anno: McHale ha firmato un triennale con la franchigia nel Dicembre 2014, l’asticella da imporre alla squadra è sempre lassù in alto, sempre di più.
GIOCATORE CHIAVE IN ATTACCO: James Harden
Poco da dire qui, se non che il titolo di MVP non è andato in Texas solo a causa dell’onirico Warrior col #30. Harden ha disputato una stagione stratosferica: 27.4 punti di media, 7.0 assist e 5.7 rimbalzi. Questi numeri hanno fatto sì che rimanesse in corsa per l’MVP fino all’ultimo. A lui quindi le redini della squadra nella fase offensiva. Le doti del Barba sono ben note a tutti gli appassionati. Diciamo solo che sarà fondamentale per lui essere presente nei momenti che contano, quando i nodi verranno al pettine e la palla arriverà nelle sue mani per i tiri decisivi.
GIOCATORE CHIAVE IN DIFESA: Trevor Ariza
Potrebbe rivelarsi croce e delizia della squadra. Qualora Ariza esprimesse le sue vere qualità difensive in modo costante, l’ingranaggio di Houston comincerebbe a girare a ritmi cui solo poche squadre sono in grado di arrivare. Se però non dovesse trovare il ritmo giusto, cosa che a volte gli è capitata, lascerebbe dei buchi difensivi non da poco. Con Howard a fare la guardia sotto canestro è quindi indispensabile che tutto il meccanismo difensivo dei Rockets funzioni al meglio. Dati i suoi centimetri è importante anche che Ariza conquisti quanti più rimbalzi potrà, viste le difficoltà manifestate dai lunghi nella scorsa stagione.
POSSIBILE RIVELAZIONE: Donatas Motiejunas
Se il lituano saprà far valere i propri centimetri sotto canestro potrebbe essere la vera marcia in più di Houston. Ha terminato la stagione 2014/15 con una media di 12 punti esatti a partita, ma solo 5.9 rimbalzi. Sempre per i rimbalzi, la media in carriera è di 4.2. Questo dato evidenzia quindi quanto Motiejunas non abbia una spiccata propensione per le carambole, nonostante i suoi due metri e tredici centimetri. Importantissimo quindi per lui catturarne il più possibile fin dalla prima palla a due; infortunio permettendo. Se ci riuscirà, potrebbe spaccare il campionato in favore dei suoi.
MIGLIOR COMPRIMARIO: Jason Terry
Il miglior sesto uomo per la stagione 2008/09 è ormai un veterano nella Lega. Vincitore del titolo nel 2011 nella gloriosa cavalcata dei Mavs, porta con se un bagaglio di esperienza non indifferente. Le sue cifre della scorsa stagione non sono altissime: 7.0 punti di media a partita, 1.9 assist e 1.6 rimbalzi. Un’annata non particolarmente prolifica, quindi. Nelle partite che contano, però, non sono importanti solo i numeri. Quando Houston si troverà in piena offseason e dovrà gestire qualche situazione difficile, forse la competenza di Terry in materia potrebbe risultare molto utile. “Old but gold.”
MIGLIORE INNESTO: Ty Lawson
Come accennato in apertura, l’ex Nugget potrebbe fare seriamente la differenza nell’economia del sistema Rockets. La diciottesima scelta al Draft 2009 ha concluso la stagione con 35.5 minuti di media, 15.2 punti a partita e 9.6 assist. Se si dovesse dimostrare all’altezza del ruolo che probabilmente gli sarà affidato, ovvero gestire la palla per dare modo ad Harden di rifiatare, potrebbe rivelarsi una spina nel fianco in più per le altre squadre. Lawson, ad ogni modo, ricoprirà un ruolo importante anche nella postseason. Il ventisettenne di Clinton è nel fiore della sua maturazione cestistica (seppure non privo di problemi fuori dal campo) e se saprà gestire le proprie emozioni e sfruttare il bagaglio di esperienza accumulato negli anni passati potrebbe rivelarsi un jolly di peso per Houston.
PUNTI DI FORZA
Con l’aggiunta di Lawson e la presenza in roster di Howard e Harden anche a Houston si può cominciare a parlare di “Big Three”. Indubbiamente quindi la carta più potente che i Rockets tengono tra le mani è proprio la presenza in squadra di star in grado di fare la differenza. Harden ha chiuso la stagione con cifre altissime e con Lawson a fare da esca agli avversari potrebbe addirittura alzare le percentuali. Probabilmente, però, la vera forza di Houston sta nella sua profondità. La squadra ha uno scheletro ben definito, con rotazioni complete e di ottima qualità. Escono dalla panchina nomi come Patrick Beverley, Jason Terry e Corey Brewer (che può giocare sia da 2 che da 3). Il già citato Ariza può rivelarsi fatale anche in attacco. Infine la rotazione dei lunghi: il valzer è ovviamente aperto da Howard, cui poi si aggiungono Terrence Jones, Motiejunas e Clint Capela. Nella stagione appena conclusa gli infortuni sono stati inclementi anche con Houston e proprio la profondità della sua panchina ha contribuito a tenerla a galla. Un’annata con meno infortuni potrebbe essere quella giusta per Houston per scatenare tutto il proprio potenziale nella corsa all’anello.
PUNTI DI DEBOLEZZA
Rimbalzi ma soprattutto le palle perse. Le palle perse e ancora le palle perse. Troppe quelle di Houston. Harden è uno dei principali fautori della statistica in questione per i suoi. Nella serie contro Golden State i turnovers sono stati fatali. I lunghi, invece, non hanno ancora provato di essere grandi rimbalzisti. Ok Howard e Capela ma Motiejunas, per dirne uno, ha ancora delle difficoltà che dovrà risolvere il più in fretta possibile.
MIGLIOR SCENARIO
“And I think it’s gonna be a long, long time till touch down brings me round again to find”. Così canta Elton John in “Rocket Man”. I razzi texani anelano un anello da diverso tempo; questa potrebbe essere finalmente la volta buona. Stagione conclusa con un record maggiore o uguale del precedente. Playoffs affrontati e superati. Vittoria finale alle Finals. Questo lo scenario che sognano in quel di Houston. Dal primo giorno della stagione 2015/16, infatti, il pensiero sarà rivolto al titolo Nba.
PEGGIOR SCENARIO
Fuori prima delle finali di Conference. Lo scenario cestistico della Western Conference non è molto dissimile da un nido di vipere in questi anni, è vero; tuttavia Houston non può assolutamente permettersi di abbandonare i playoffs prima delle finali. Non eguagliare il risultato dell’anno scorso sarebbe molto deludente per i texani e potrebbe influire negativamente sullo spogliatoio, cosa non buona per la stagione successiva.
PREVISIONI REALISTICHE
Una sconfitta nelle finali di Conference non è comunque da escludere. Ricordiamoci che anche le altre squadre non sono rimaste con le mani in mano durante la pausa estiva. Aldridge agli Spurs su tutti. Una dipartita alle porte di giugno non sarebbe quindi una nota di disonore sullo spartito della franchigia, a patto che sia combattuta e non un replay della passata edizione. La stagione di Houston guarda sicuramente al titolo: cadere lottando per conquistarlo è accettabile, qualche calo di intensità e colpo di fioretto lungo il percorso anche; ma non ci si può arrendere prima ancora di essere saliti in pedana.
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