Tristan Thompson ha rinnovato il suo contratto con i Cleveland Cavaliers, dopo un lunghissimo tira e molla con la dirigenza dell’Ohio. 5 anni di contratto e soprattutto 82 milioni di dollari. Cifre importanti che hanno “scatenato” le reazioni e i commenti di molti. Ne sia d’esempio il tweet di DeMarcus Cousins, uno che come al solito non le manda certo a dire.
In molti se lo saranno chiesto e per questo vogliamo farlo anche noi. TT “vale” un contratto del genere in una logica NBA?
La prima risposta, quella di getto, è NO, soprattutto se giochi nella squadra di LeBron James (23 milioni scarsi), Kevin Love (19,5 milioni di bigliettoni verdi) e Kyrie Irving (14,7). I 14 milioni abbondanti garantiti a TT in questa stagione sono il trampolino di lancio definitivo per sfondare la soglia chiamata “Luxury Tax”.
Due i dati interessanti su cui puntare l’attenzione.
Il primo, sin troppo semplice da notare, evidenziato in rosso. 112 milioni. Una cifra spropositata, anche in funzione di futuri e poco rilevanti tagli al roster (in tabella ad oggi sono ben 20 i giocatori da stipendiare).
L’altra è più subdola, ma sul medio periodo potrebbe risultare decisiva. I Cavs hanno già “ipotecato” 63 milioni di dollari abbondanti di spesa nella stagione 2019-2020, tra ben 4 anni. Una cifra che non è destinata a LBJ, che non ha ancora chiarito cosa vorrà fare in futuro, ma che di certo non si accontenterà delle briciole nei prossimi anni. Anzi.
Potrà mai Cleveland dire di no a LeBron?
Sarà quindi “costretta” (la più bella delle costrizioni, sia ben chiaro) a firmare un contratto che le regalerà almeno altri 4 anni di Luxury Tax da pagare, nonostante i 2,6 miliardi l’anno garantiti dai diritti tv faranno salire dal 2016/2017 a quasi 80 milioni di dollari la possibilità di spesa delle franchigie.
Certo, sotto il profilo tecnico si potrebbe facilmente obiettare. “Mi garantisco la possibilità che Love, Irving e LBJ giochino insieme per i prossimi anni, una squadra da Titolo 7 giorni su 7, 12 mesi all’anno. Cosa voglio di più?”.
Ed è per questo che uno come Thompson può tornare utile. Soprattutto quello in modalità Playoff. 9,6 punti e 10,8 rimbalzi giocando tutte le partite. In una squadra così a lungo martoriata dagli infortuni questa è la notizia. 102 presenze stagionali, sempre a disposizione. Così tanto da scalare (per necessità e per virtù) le gerarchie.
In Regular Season sulle 82 partite giocate, soltanto 15 da starter (18%). In Post Season sempre 15 le gare giocate da titolare, ma su 20 totali disputate (75%). Inoltre, il dato che più lo caratterizza. 3,3 rimbalzi d’attacco in 26 minuti di utilizzo (ai PO erano diventati 4,4 in 36), quinto miglior rimbalzista d’attacco della Lega.
Un vortice di numeri, lo so. Cifre che giustificano cifre. Ma il Mondo NBA è così, troppo vasto per essere abbracciato tutto. Bisogna misurarlo per poterlo comprendere.
E i numeri, si sa, possono essere crudeli.
ESPN è al solito impietosa. Nella classifica dei Paperoni NBA (tutti quelli che guadagnano più di 16 milioni di dollari all’anno) Thompson è ultimo per punti, penultimo per gare giocate da titolare e tra gli ultimi quattro in quanto a PER, ossia come “utilizzo del gioco”.
Ok, vero, tutto giusto. Ma altri 3 di quei 27 giocano in squadra con lui (e di punti e PER ne “occupano” tanto). Sicuri che in una logica come quella dei Cavs sia utile misurare il suo impatto così? O forse è proprio un giocatore del genere quello che serve?
Uno che la chiede poco, la tocca spesso sotto il canestro avversario e c’è sempre. In attacco e in difesa, più fisico che mai.
Non so se questo basti a giustificare 82 milioni di dollari. Per scoprirlo tocca aspettare il verdetto del campo. O contare il numero di anelli alle dita di LBJ l’estate prossima.