Categorie: Primo Piano

Marco, Danilo e Andrea. Italians play it better!

Strade diverse, percorsi separati, un sogno azzurro coccolato insieme per tutta l’estate. Adesso però, il pensiero è solo uno, tre lettere bianche scritte su un logo rosso e blu. NBA. Mai come quest’anno i tre ragazzi italiani sono chiamati ad una prova di forza, ad una svolta, chi per conquistare definitivamente il ruolo di leader, chi per evitare di perdere anche l’ultimo treno a disposizione.

Il primo è Marco Belinelli. Le più grandi soddisfazioni sul parquet sono indiscutibilmente le sue. Ramingo e tormentato, dopo anni di lungo vagabondare, ha messo insieme tutto. Gli insegnamenti di CP3 agli Hornets (adesso Pelicans.. va bè, a New Orleans!), quelli fondamentali ricevuti ai Bulls e quelli vincenti degli Spurs. E’ diventato un giocatore completo, con un anello al dito, che ha deciso di monetizzare il lavoro di questi anni (difficile dargli torto davanti a 19 milioni di buoni motivi).

Destinazione California. Non la baia con i suoi guerrieri (progetto tecnico perfetto per uno come Marco), non le pendici della collina di Hollywood. Sacramento Kings, un ottimo coach (chiedere a Gallinari per ulteriori informazioni) e una rivoluzione tecnica dai contorni un po’ offuscati, almeno per il momento. Rondo, Gay e Cousins insieme, nella stessa metà campo con canotte dello stesso colore addosso, è un mix che mette a dura prova anche un allenatore esperto come Karl. “Share the ball” sarà il richiamo che più di frequente sarà costretto a pronunciare.

Belinelli in questo contesto sarà uno degli uomini in uscita dalla panchina, uno di quelli che devono dare spaziature, allargare il campo mettendo punti rapidi, da lontano e possibilmente tenendo il minor tempo possibile la palla in mano.

Come già visto nel primo incontro (perso) contro i Clippers, il giocatore di San Giovanni in Persiceto verrà spesso utilizzato in giochi lontano dal pallone. In questa situazione il doppio blocco sulla linea di fondo lo “libera” dalla marcatura di Crawford.

La differenza in questo caso la fa Cousins e la sua capacità di aggiustare il blocco senza che gli arbitri rilevino alcun tipo di violazione. A questo punto l’uscita del numero 3 dei Kings è pulita, libera ed in ritmo. Non resta che mettere l’arancia nel cesto.

Il jump shot difatti è la tipologia che più utilizza Belinelli (oltre il 97% delle sue conclusioni), ma non sempre esso è un tiro da 3 punti.

Queste le zone e il numero di tiri che Belinelli ha preso nell’ultima stagione

Viste le tendenze della scorsa stagione infatti, ciò che il Beli deve provare a fare (così come sta già facendo l’intera Lega) è ridurre i tiri dal midrange, ancora presenti nel suo gioco e figli in parte della costruzione d’attacco degli Spurs (che il tiro “buono” lo prendono a prescindere da dove sono posizionati i tuoi piedi). A Sacramento quelle zone di campo saranno sovraffollate dai Gay e i Rondo (qualora decida di tirare) di questo mondo.

Meglio girare alla larga, come ha fatto Danilo Gallinari nello spezzone di stagione giocato la scorsa primavera.

O tiro da tre, o al ferro. Una heatmap da tiratore purissimo la sua. Profilo al quale quest’anno cercherà di aggiungere il definitivo spessore di leader. Non tanto e non solo a livello di punti (non sono mai stati un problema), quanto come capacità di trascinare, condurre e motivare i compagni.

A Gallinari quest’anno viene chiesto di gran lunga il compito più difficile. Diventare una stella. Non LeBron James, sia ben chiaro. Ma uno su cui fare affidamento, sempre. Un pezzo fondamentale con cui costruire una squadra vincente. Uno di quelli da cui i suoi Nuggets possano pensare di poter ripartire (quante cose sono cambiate da quando c’era Karl? Tutto, tranne il Gallo).

E anche per lui la prima partita stagionale sembra andare in questa direzione. 23 punti, miglior realizzatore dell’incontro e importante vittoria contro Houston. Con tanto di punti esclamativi.

Tre schiacciate una più bella dell’altra, condite da altrettante triple ed un +20 di plus/minus che lascia pochi dubbi.

Gli infortuni delle ultime 2 stagioni hanno ritardato una maturazione che sembra essere giunta a compimento. Tutti abbiamo negli occhi le immagini dell’Europeo del mese scorso e le prodezze che il ragazzo di Graffignana ha messo in mostra. Così come quelle del Mago, di Andrea Bargnani, davvero all’ultima opportunità a livello NBA.

1 milione, 362mila e 900 dollari molti di noi non li vedranno mai. Ma per un giocatore “dell’esperienza” (in senso NBA) di Andrea sono il minimo salariale (si, lo so, la vita è ingiusta con noi poveri mortali). Una scelta precisa: voglio un’ultima possibilità. Qui. Ora.

Questa la distribuzione di tiro di Bargnani. Una enorme macchia con tanto, tantissimo, troppo midrange

Il contesto Nets però di certo non è il più promettente al momento. Una franchigia che dopo le spese folli di 3 stagioni fa (rivelatesi un fallimento) sta faticosamente cercando di risalire la china. L’esordio anche per lui è stato convincente nelle cifre.

Palese anche dal video è l’uso continuativo del midrange (6/12 da 2 per il Mago). Ma i tiri dal campo sono stati 13, purtroppo. Una conclusione tentata e sbagliata dalla lunga distanza. Un errore di quelli che fanno notizia (in negativo).

Per Bargnani diventa quindi fondamentale mantenere alto il livello di concentrazione e di impegno, a prescindere dai risultati di squadra. Perdere anche questo treno vorrebbe dire chiudere definitivamente il rapporto con l’NBA, una relazione mai idilliaca, neanche durante le stagioni migliori a Toronto.

La stagione da poco cominciata ci dirà tutto questo. E magari troveremo risposta alla nostra domanda. Do Italians (really) play it better?

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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