Dopo aver perso LeBron James tutti si sarebbero aspettati un declino lento ed inesorabile per i Miami Heat. Cosa che, al contrario, non è successo. Dopo un primo anno post-LBJ fuori dai playoff (record 37-45) la franchigia della Florida ha saputo pensare subito a lavorare per costruire un gruppo futuribile e di altro affidamento di professionalità. E’ vero, la firma “riparatoria” di Luol Deng e l’arrivo di Dragic a metà della scorsa stagione avevano fatto esaltare tutti, ma le cose nonsono andate esattamente come ci si aspettasse. L’off-season 2015 è stata una occasione per resettare mentalità e gioco, includendo innesti di esperienza e giocatori giovani, con la giusta voglia di imparare. Chris Webber, ex superstars dei Sacramento Kings, ha voluto esprimere la sua idea tramite i microfoni di TNT, emittente per cui lavora, spiegando la sua visione rispondendo ad una domanda che faceva riferimento a “come far giocare i veterani in una lega dominata da giovani talenti”, esemplificando il tutto con i Miami Heat:
“Penso che una squadra in ricostruzione con dei veterani debba non solo ricostruire gli obiettivi, ma ricostruire la mentalità del roster. E penso che la cosa più bella di questi Miami è che si vede che è una squadra costruita secondo le idee di Pat Riley. Costruisce una squadra di rookie, attendendo la possibilità di firmare superstar, attorno a giocatori come DWade o altri che possano fare da mentori. Se hai giocatori che hanno vinto dei campionati come lui o Bosh non ci penserei due volte, lì manterrei assolutamente nel roster facendoli giocare fino a quando non ne avranno abbastanza, ci guadagnano tutti . Situazioni differenti per Kobe Bryant e Tim Duncan. Tim è ancora un parte del puzzle, ma non deve essere presente ogni notte, non deve più essere sempre lui a mostrare la via ogni notte, anche se quando conta vuoi sempre averlo in campo perchè sai che ti darà una grande mano. Il suo ruolo è cambiato, così come lo è il roster colmo di star. Per Kobe invece la situazione è ancor più diversa, non ha giocatori che possano aiutarlo a fare da mentore, è l’unico ad essere responsabilizzato”