Uno dei playmaker più “rivoluzionari” degli ultimi decenni, campione NBA nel 2011 con i Mavericks sul finire di una incredibile carriera. 10 volte All-Star, secondo di un soffio (dietro Tim Duncan) nella corsa da MVP del 2002, oro olimpico a Sidney e Pechino.
University of California a Berkeley per 2 anni (si sono visti atenei peggiori) e poi seconda scelta assoluta al Draft 94, davanti a quel Grant Hill con cui “dividerà” il premio di co-rookie of the Year. Tre anni a Dallas, poi Phoenix e nel 2001 l’approdo ai Nets. 6 anni (7, con quello del back-to-back tra Dallas e il New Jersey) in cui Kidd si esprime ai massimi livelli, costretto ad arrendersi nel 2002 soltanto ai Lakers più forti degli ultimi 20 anni.
Il titolo tanto inseguito arriva nel 2011, nella Dallas degli esordi, con Nowitzki, Chandler e una invidiabile batteria di tiratori (nel 2010 chiude la stagione col 42,5% dalla lunga distanza, mai stata la specialità della casa).
Alla fine il conto in banca recita 188 milioni di dollari, mentre il contatore degli assist segna 12091 soltanto per quel che riguarda la Regular Season. Ne hai fatti felici davvero tanti, Jason.