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Buone nuove dal fronte orientale

Il gap di rendimento tra ovest ed est è l’ospite fisso dei trend topic NBA degli ultimi anni. Disequilibrio tra eastern e western conference. A est la squadra di Lebron, a ovest 4 se non 5 contender.  L’anno scorso, Bucks( 41-41), Celtics (40-42) e Nets(38-44) hanno raggiunto i playoff nonostante bilanci tutt’altro che scintillanti. Milwaukee, che si è classificata 6°, non avrebbe giocato la post-season a ovest.Basta guardare il record tra conference degli ultimi due anni per capire la situazione: 547 vittorie e 353 sconfitte in favore dell’ ovest.

Altro indicatore del divario tra le due conference: sempre nella scorsa annata, le squadre ad aver raccolto almeno 50 vittorie sono state 7 ad ovest e solo 3 ad est. L’anno prima, Dallas ha centrato i playoff da ottava con 49 vittorie, ad Atlanta sono bastate soltanto 38 vittorie e 44 sconfitte. Per colmare il livello sono persino cominciati a circolare sul web degli ipotetici nuovi raggruppamenti( dicendo addio alle conference per come sono costituite ora).

Ma quest’anno è cambiato qualcosa, l’est ha deciso di riscrivere il corso narrativo.

Nel momento in cui scrivo, ci sono 11 squadre ad est sopra il 50% di vittorie. Se la regular season chiudesse domani, una squadra (Utah) sotto il 50% di vittorie farebbe i playoff ad ovest e due ad est( New York e Atlanta) sopra il 50% di vittorie dovrebbero guardare la post season da casa. Inoltre sarebbe la prima volta in 16 anni in cui il record della eastern è migliore di quello della western.

L’inversione di tendenza è reale. Non solo per il maggior numero di successi, ma anche per come questa ritrovata competitività viene percepita da allenatori e giocatori:

“Credo che i giocatori e le squadre debbano essere orgogliosi” afferma coach Spoelstra come riportato da Tym Reynolds, di nba.com: “Questi sono quelli che vuoi come avversari. Desideri essere realmente competitivo nella tua conference. Vuoi che le tue partite abbiano un peso ed un significato importante ogni singola sera”

“Penso che l’est quest’anno sia molto forte e i numeri lo dimostrano” sostiene Kevin Love, sempre ai microfoni di nba.com che ha passato sei stagioni a giocare ad ovest con Minnesota: ” E’ un miglioramento che è iniziato nel corso di questa estate. Le squadre che hanno rifirmato giocatori e sono rimaste unite continuano a migliorare. L’est è molto competitivo ora, sta battendo parecchie squadre ad ovest e penso che questo sarà qualcosa che vedremo tutto l’anno.”

LE MIGLIORI DIFESE

Scorrendo la classifica delle squadre che concedono meno punti su 100 possessi, nella top 10 ne troviamo 7  dell’est.  Mentre alcune erano già note l’anno scorso per il loro zelo difensivo( vedi Cleveland e Chicago),la new entry che suscita sorpresa è Orlando, attualmente con un bilancio di squadra che recita 16 vittorie e 12 sconfitte. Passata dalla 4° peggior difesa della lega l’anno scorso, al 6°  posto per defensive rating con 98.9 punti concessi su 100 possessi di oggi. Le rotazioni ora arrivano nei tempi giusti, dentro e fuori area, con l’assetto difensivo che vede Payton-Hezonja e Gordon, possono portare raddoppi sotto e sopra senza lasciare pericolosi buchi.  I Magic sono una delle sorprese di questo mese e mezzo di regular season anche a livello generale.

Scott Skiles è il coach-transizione per ogni squadra NBA che ha allenato, rimane due o tre stagioni, per ordinare il talento e il gioco. Quando poi il roster ha preso forma, viene licenziato per un coach più competente. Ma il suo compito di formatore lo esegue egregiamente. Le idee in attacco dei Magic sono molto più chiare, l’azione non si esaurisce più al secondo o terzo passaggio. E anche quando i set saltano, si creano seconde opzioni offensive proficue. Come da questa situazione di isolamento di Vucevic:

Notare la buona spaziatura sul perimetro di Harris, Fournier e Frye

Il raddoppio Nets viene netraulizzato usando Fournier da sponda per…

…un long two preso con più ritmo.

Il minutaggio è diluito quasi equamente per tutto il back-up. I non titolari giocano almeno 15 minuti, mentre nello starting five non c’è un giocatore che superi i 35 minuti di impiego. Se da una parte la flessibilità può essere un vantaggio per la logorante maratona di 82 partite della regular season, per i playoff serve una gerarchia, servono leader identificabili. I Magic sono una squadra composta sostanzialmente da caratteri miti, a parte Hezonja e Fournier, che non possono – il primo per questioni anagrafiche, il secondo per non essere tra i tre più forti a roster– ancora esercitare questo ruolo.

Anche se Efrid Payton sta cercando di farsi sentire vocalmente dai suoi compagni, come evidenzia Skiles in un articolo sul sito dei Magic di Sport Illustrated:

“Gli piace imparare. E’ un tipo tranquillo, si può cadere nella trappolla di dubitare, mettere in discussione il suo QI cestistico. E sarebbe un grosso errore, perchè ha una naturale predisposizione per questo gioco. Un’altra cosa che gli è successa è stata quella di diventare molto più verbale, più partecipe nell’ultimo mese. Incoraggiamo tutti i nostri giocatori ad esserlo, ma è molto più importante che quella voce provenga dallo spot di playmaker”

Payton migliora l’attacco dei Magic, non unicamente per i 5.8 assist e  i 1.6 assist secondari che serve e fa servire ai compagni, ma anche per le sue brucianti entrate a canestro a transizione ancora in corso, o per spezzare la routine dopo alcuni possessi giocati sulla metà campo, aspettando la difesa. Penetra al ferro molto di più rispetto alla scorsa stagione, 7.3 entrate a partite che converte con 4 punti a gara. E’ indubbio che la spinta propulsiva dell’attacco di Orlando parta da lui.

Un ‘altra difesa top 10 NBA è quella degli Heat (quinti per la precisione, con 98.2 punti concessi su 100 possessi). Il core di Miami è rimasto inalterato: Dragic, Wade e Bosh sono i principali mandanti dell’attacco Heat. Whiteside è definitivamente entrato nei meccanismi di squadra: in attacco è uno dei più efficaci roller della lega con 1.28 punti per possesso per ogni pick and roll giocato, in difesa contrariamente a quanto si penserebbe è un rim protector nella media ( tiene gli avversarsi che si avventurano nell’area piccola al 51%), il suo forte è la difesa fuori dall’area, sui tiratori. Può cambiare agevolmente sul portatore avversario, o aiutare il difensore del portare a contenere l’uomo. Sui tiri contestati dietro l’arco limita gli avversari al 15%.

Una super difesa, esaltata anche da super-atleti. La coppia di rookie Winslow-Johnson e il buon Geraldo formano 3/5 di una delle second-unit più forti difensivamente parlando, in particolar modo sulla palla, arrivando a contestare quasi ogni conclusione.

REINVENTARSI

Fuori il nome delle squadra a est che da un radicale cambiamento del roster ha avuto profondi benefici! Indiana. Quella dei Pacers è stata anche una rivoluzione del sistema di gioco. Detta in maniera alquanto approssimativa: con la partenza di due lunghi orientati al gioco interno come Hibbert e West, Vogel ha dovuto cambiare fisionomia offensiva. Togliendo giochi per il tiro dalla media o per cercare profondità sotto canestro e aggiungendo tanto tiro perimetrale.  Al punto dal trovarsi vicini al riscrivere il record di precisione dalla lunga distanza. I Pacers 2.0 stanno tentando 23.6 tiri da fuori a partita, realizzando il 40% di questi( secondi in NBA). Non è semplicemente l’aver digerito un altro sistema che enfatizza le spaziature in attacco,  la novità nel contesto Pacers consiste nel poter usare tracce e non per forza schemi, muoversi più liberamente, slegati.

“Non mi sento ancora del tutto a mio agio”, ha dichiarato Frank Vogel alla pagina dei Pacers di nba.com: “Giocare una pallacanestro così libera, fuori dagli schemi, non è il mio genere, ma sta cominciando a piacermi”

Il record di Indiana è 16-11, merito di un Paul George tornato dall’infortunio al perone più forte di prima che viaggia su cifre lebroniane, al massimo in carriera per punti (25.6) rimbalzi (6.8) e assist (4),  ma anche di una difesa non tanto peggiorata dalla scorsa stagione. Anzi, la tenuta sulle linee di passaggio fornita da Hill, Miles, George e un disciplinato Ellis consente una copertura del perimetro superiore a quella dell’anno scorso.

OLD WILD WEST

E’ ancora presto per confermare questo shift di rendimento. Siamo solo ad un quarto di regular season, alcune squadre della western possono ancora emergere da gennaio in avanti. Altre, come Houston dopo il pessimo avvio di novembre, stanno già emergendo( in mini striscia di 3 vittorie consecutive).

I reali avversari di ogni squadra con ambizioni da titolo ad est erano e rimangono i Cavs.  Giocando senza Irving e Shump, con un Lebron in dosaggio, hanno vinto 17 partite( senza contare l’ultima contro i Sixers, che ha segnato il rientro di Kyrie).

Per quanto sia bello vedere una rifiorita eastern conference, se si dovesse isolare in un cerchio le possibili contender, la maggioranza di queste continuerebbe a provenire dal vecchio e selvaggio ovest.

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Pubblicato da
Pietro Caddeo

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