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Lo strano caso di Curry, da MVP a MIP?

Stephen Curry è il padrone della NBA al momento, per padronanza tecnica e sicurezza nei propri mezzi. Dimostrazione lampante nell’ultima gara nel Martin Luther King Day dominata alla Quicken Loans Arena di Cleveland dove i Golden State Warriors hanno sotterrato i Cavaliers per 132-98 nel rematch delle ultime NBA Finals.

Una prova di forza sia a livello collettivo da parte dei campioni in carica sia a livello individuale da parte dell’MVP della stagione 2014/2015. Curry sfodera una prestazione superlativa da 35 punti in appena 28 minuti d’impiego: 12 su 18 al tiro, 7 su 12 dalla lunga distanza, 4 su 4 ai liberi, 5 rimbalzi, 4 assist, 3 recuperi e un impressionante +35 di plus/minus.

Il successo dello scorso giugno non ha per nulla saziato la fame di vittoria di Curry, che ha festeggiato per pochi giorni ma poi si è subito rimesso a lavorare sul suo gioco in entrambe le metà campo. E i frutti del duro lavoro estivo iniziano a vedersi adesso: quando siamo giunti circa a metà della regular season, il prodotto di Davidson può vantare numeri da capogiro con un incremento in quasi tutte le voci statistiche del suo tabellino se confrontate alle cifre della stagione scorsa, quella in cui ha chiuso da MVP.

Da 23.8 punti di media dell’anno scorso a 29.9 di quest’anno, dal 52.8% da 2 punti a 57.8%, da 44.3% da 3 punti a 44.7%, da 4.3 rimbalzi a 5.3, da 2 a 2.1 nelle palle rubate: tutti numeri che lo candidano a tutti gli effetti non solo come pretendente al premio di MVP anche in questa stagione, ma anche nella corsa a quello di MIP.

Già perché le cifre di Curry sono in linea coi parametri più significativi per assegnare il riconoscimento come Most Improved Player of the Year. Una crescita esponenziale, continua, una cultura del lavoro innata oltre alla predisposizione tecnica e un talento sopraffino: tutte componenti che sono alla base del fenomeno col numero 30 sulle spalle in maglia Warriors.

Nella storia della NBA solo 4 giocatori eletti MVP  hanno poi ricevuto un voto nella classifica come MIP nel proseguo della loro carrera: Bill Walton (MVP nel 1978, poi un voto ricevuto nel 1986 come MIP), Karl Malone (MVP nel 1997, un voto nel MIP dell’anno successivo), Shaquille O’Neal (MVP nel 2000, un voto nel MIP del 2005) e LeBron James (4 MVP e votato nella classifica del MIP per il 2014, salvo poi scoprire a posteriori che un giornalista l’aveva votato per sbaglio pensando che quella fosse la scheda per il titolo di Most Valuable Player).

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Pubblicato da
Simone Domenichetti

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