I re delle triple doppie

Nella stagione da primato dei Golden State Warriors, uno dei loro alfieri sta portando avanti, per conto suo, una caccia spietata alle vette di una particolare e celebrata statistica del panorama NBA. Punti, rimbalzi ed assist come se piovesse per Draymond Green, uomo ormai in missione dalla prima palla a due stagionale, riuscendo ad accumulare cifre impressionanti e rimarchevoli. In questa ormai prima metà di regular season 2015-16, l’ala della franchigia della Baia è stato indubbiamente il re delle triple doppie nella Lega.

Il prodotto di Michigan State, infatti, in appena 40 partite disputate è stato capace di andare in doppia cifra in tre categorie statistiche per ben 8 volte, capeggiando la speciale classifica. Negli ultimi 30 anni, solo un altro giocatore aveva messo assieme più triple doppie dopo così poche partite, ossia il Jason Kidd, cultore della materia, versione 2007-08, con 10. In questa stagione Green, almeno per il momento, è riuscito a lasciare indietro il più immediato gruppetto degli inseguitori, formato da altri due habitué della specialità: Russell Westbrook (5) e Rajon Rondo, fermatosi, per modo di dire, a quota 4. A parte Hassan Whiteside, capace di farne registrare due, tutti gli altri giocatori NBA si sono limitati alla singola prestazione su singola serata.

L’obbiettivo del numero 23 dei Warriors non può non essere il titolo NBA, magari condito da qualche trofeo stagionale, oltre ad una convocazione che sembrerebbe scontata per l’All Star Game. Per quel che contano statistiche del genere, Draymond potrebbe comunque togliersi qualche altro sfizio e veder stampato il proprio nome negli annali della storia NBA.

Un primo traguardo prestigioso, apparentemente a portata di mano, sarebbe quello di raggiungere le 10 triple doppie stagionali, un ulteriore record nel record. Non si tratta di acque in cui si sia navigato così tanto spesso. Dagli anni Ottanta in poi, infatti, solo ad altri 8 atleti è stato concesso di scollinare oltre la doppia cifra, con Magic Johnson capace di piazzarne ben 17 in due annate distinte (1988-89 e 1990-91). Il regista dello Showtime era decenni luce avanti ai propri avversari, prototipo del playmaker del 2000, capace di prendere il rimbalzo e di andare subito in contropiede, spesso e volentieri trovando il proprio compagno libero con l’assist illuminante. Eppure, anche a dispetto delle 138 triple doppie, non è lui a guidare la speciale classifica all-time.

Al primo posto, infatti, ad un’altezza apparentemente irraggiungibile, troviamo The Big O, al secolo Oscar Robertson. Con le 181 occasioni in cui ha raggiunto la tripla doppia, Robertson l’ha resa, di fatto, una statistica di una certa rilevanza all’interno del panorama cestistico. La ciligiena sulla torta, come tutti sanno, la mise nel 1962, quando chiuse in tripla doppia di media la regular season. In tante altre occasioni il fenomeno di Cincinnati, anche lui davvero venuto da un altro pianeta e da un futuro lontano, sfiorò il bis dell’impresa, ma considerando le sue prime 4 annate tra i professionisti, ecco che la tripla doppia, sempre di media, viene servita su di un piatto d’argento.

Tanti volti illustri nella top 10 dei triplo-doppisti, più quello di un giocatore probabilmente meno noto al grande pubblico. Al terzo posto si piazza un altro nome già citato nelle scorse righe, quel Jason Kidd che è l’unico, oltre ai due mostri sacri, ad avere superato la fatidica quota 100, fermandosi, per la precisione a 107. Dietro di lui, e non poteva essere altrimenti, la piovra delle statistiche, Wilt Chamberlain, unico centro presente in graduatoria e penalizzato, come il collega e rivale Bill Russell, dall’assenza delle stoppate, conteggiate solo in epoca successiva alla sua. Il fenomeno di Philadelphia ne ha fatte registrare 78, ma con due peculiarità; suoi, infatti, sono due record, gli ennesimi nell’albo d’oro della storia della Lega. Wilt, infatti, detiene il primato per gare consecutive in tripla doppia (9) e per esser stato l’unico a mettere a referto un triplo 20: 22 punti, 25 rimbalzi e 21 assist nel 1968, contro i Pistons. Come al solito, unico.

Al quinto posto troviamo The Legend, Larry Bird, “fermatosi” a 59, anche a causa dei troppi problemi fisici. A seguire, l”intruso” di cui accennavamo prima. Trattasi di Lafayette “Fat” Lever, vero scricciolo ma capace di ergersi al di là della relativa altezza e ritagliarsi un posto negli annali con le sue 43 triple doppie, guidando i Denver Nuggets degli anni’80. Subito dopo ecco il primo giocatore in attività, quel LeBron James, fermo attualmente a quota 39, e che è stato anche il più giovane triplodoppista della storia, a poco più di 20 anni nel Gennaio del 2005, contro i Blazers. Per converso, il più vecchio è stato Karl Malone, nella sua unica annata in maglia Lakers, a 40 anni suonati nell’autunno 2003 contro San Antonio. Tornando ad LBJ, è al secondo posto, sempre dietro Magic, per triple-doppie nei Playoffs (30 vs 13) e nelle Finals (8 vs 6).

A chiudere la top ten, con oltre 30, ci sono due ex Celtics, Bob Cousy e John Havlicek, che precedono Grant Hill, le cui 29 escursioni in tripla doppia sarebbero potute essere infinitamente di più senza gli infortuni che lo azzopparono sul più bello. E Michael Jordan? Niente paura, subito dopo Hill troviamo proprio MJ con 28, di cui 16 solo nella stagione 1988-89.

Tra le curiosità statistiche ve ne sono due, di particolare importanza, che appartengono ai Syracuse Nationals. Secondo quanto riportato dal leggendario Harvey Pollack, la prima tripla doppia di sempre sarebbe da ascrivere ad una delle prime superstar della Lega, Dolph Schayes, in grado di riuscirvi nell’ormai lontanissimo 1951 contro i Knicks. Ad un altro giocatore dei Nats, invece, l’onore di esser stato l’autore della tripla doppia più veloce di sempre. Jim Tucker, nel 1955, ce la fece in soli 17 minuti, tre in meno di quelli impiegati da Westbrook nel Marzo del 2014.

Considerando solo l’ultimo trentennio, il massimo di punti realizzato in occasione della “protagonista” del nostro articolo è stato 49, in coabitazione tra Westbrook (lo scorso Aprile contro i 76ers) e Bird, che si avvalse però di un tempo supplementare contro Portland nel 1992, solo poche settimane prima del ritiro. Oltre ai soliti noti (Jordan, James, Carter, T-Mac, gli stessi Webber e David Robinson), spiccano i 45 punti di un altro folletto della Denver della run&gun di coach Moe prima e Westhead poi, Michael Adams, che segnò tale raffica di punti nel Gennaio del 1991.

Shaquille O’Neal detiene il record, fatto registrare nella stessa partita, per il massimo di rimbalzi (28) e stoppate (15, uguagliando Manute Bol) che scaraventò sulla pelle dei malcapitati Nets il 20 Novembre 1993. Alla voce recuperi da segnalare gli 11 con cui Kendall Gill nel 1999 impreziosì la propria prestazione da tripla doppia con un record NBA. E gli assist? Dal 1985 ad oggi il top sono stati i 24 di Rondo in maglia Celtics contro New York.

Realizzare una tripla doppia dovrebbe costituire un punto alto e, soprattutto, edificante per un giocatore, sia che esso sia abituato a veleggiare in doppia cifra in più categorie statistiche sia che si affacci per la prima (e magari anche unica) volta su tale palcoscenico. Può essere condita dal sapore dolce di una vittoria, oppure avere lo sgradito gusto della sconfitta, seppur con una prova personale tale da potersi guardare allo specchio. Eppure, anche in un’occasione del genere, che dovrebbe comprovare la poliedricità di un atleta NBA così come essere sintomo dell’aver giocato duro per 48 minuti, non mancano i momenti di ilarità e di mani in faccia dalla disperazione.

L’antipasto è servito dal solito sospetto, il personaggio principale dello Shaqtin’ a Fool, Javale McGee. Nel Marzo del 2011, in maglia Wizards, pur con la squadra sotto di 20 punti si adoperò per cercare l’ambita tripla doppia, riuscendo nell’intento ma beccandosi un tecnico per essersi appeso al ferro, per celebrare. Agonia infinita, invece, quando manca un rimbalzo per completarla. Tra chi ha cercato di riuscirvi, senza esito (cfr. Andray Blatche) a chi invece, come Bob Sura in maglia Atlanta nel 2004, se la vide rescindere dalla Lega (sarebbe stata la terza consecutiva, addirittura), in quanto nell’ultima azione offensiva non cercò veramente di tirare e quindi non poteva trattarsi di rimbalzo in attacco.

Emblematica la scelta di Anthony Bowie, riserva degli Orlando Magic, nel 1996 contro Detroit. Con circa 2 secondi da giocare, ed un assist lontano dalla tripla doppia, nonostante i suoi fossero avanti di 20 chiamò personalmente il timeout. Il suo allenatore, Brian Hill, gli diede direttamente la lavagnetta con fare disgustato, mentre Doug Collins, coach dei Pistons, disse ai suoi giocatori di farsi da parte vistosamente, per protesta. Bowie riuscì a completare l’opera, mente i giocatori di Detroit abbandonavano il parquet prima dello scadere dell’azione, venendo pure puniti con una multa dalla Lega. Hill, in imbarazzo, si scusò poi urbi et orbi, davanti le telecamere, col suo collega del Michigan.

Manca qualcuno? Certo che sì. Non possiamo chiudere senza citare l’immortale Ricky Davis. Nel 2003 i suoi Cleveland Cavaliers erano in vantaggio di 25 punti contro gli Utah Jazz a pochi secondi dal termine, col nostro ad un rimbalzo dalla tripla doppia. Lasciar perdere e pensare alla partita successiva? No. Fare finta almeno di andare a tirare in attacco e recuperare il pallone? Troppo semplice. Quel genio di Davis pensò bene di tirare, sbagliando, nel proprio canestro. Non solo, come chiunque poteva immaginare -Ricky a parte- non poteva essere considerato un rimbalzo, ma il folle gesto provocò la stizzita reazione dei Jazz, prima con l’evidente spintone del noto pacifista Deshawn Stevenson, quindi con le parole al vetriolo di coach Sloan. No, non poteva mancare di certo la prodezza delle prodezze all’interno del viaggio nel mondo delle triple doppie.

Alessandro Scuto

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