L’All Star Weekend è arrivato, e le squadre potranno godere di qualche giornata di sosta nel bel mezzo della stagione. Di questa pausa saranno estremamente grati i Chicago Bulls, nel pieno di una striscia negativa che dura da quattro partite oltre che in un generale momento di appannamento che ha portato la franchigia dell’Illinois a subire 13 sconfitte nelle ultime 18 partite, e cinque consecutive in casa. L’ultimo tracollo, in ordine di tempo, è la grave sconfitta di 23 punti inflitta agli uomini in maglia Bulls dagli Atlanta Hawks allo United Center. Queste prestazioni hanno fatto precipitare Chicago al settimo posto in una insolitamente agguerrita Eastern Conference, dove ormai raggiungere il 50% di vittorie non basta più a garantirsi automaticamente un posto ai playoff.
Con un record di 27-25 nel momento in cui si scrive, infatti, i Bulls sono tallonati tanto dagli Charlotte Hornets quanto dai Detroit Pistons (che al momento occupano il posto #9 con un record di 27-27). Nella situazione attuale, i Bulls, la cui ultima assenza dalla postseason risale alla stagione 2007/08, e che hanno costituito una delle più solide realtà della Eastern Conference negli ultimi anni, si trovano nella condizione di dover temere per la loro partecipazione ai playoff. Certo mancano ancora 30 partite alla fine della stagione, troppe per preoccuparsi seriamente, ma troppo poche per non farlo.
A causare questo “momento no” ci sono certamente gli infortuni che hanno martoriato il roster dei Bulls, colpendo tra l’altro i suoi elementi chiave: Joakim Noah, out for the season dopo l’operazione chirurgica alla spalla (lussata in uno scontro contro JaVale McGee a gennaio); Nikola Mirotic, ancora fuori dopo l’appendicectomia di fine gennaio e senza una data di rientro in campo prevista; l’All Star Jimmy Butler fuori fino a marzo per la distorsione del ginocchio rimediata a inizio febbraio e anche Taj Gibson, che si è infortunato leggermente proprio contro Atlanta (anche se non dovrebbe rimanere ai margini per troppo tempo). Non si possono inoltre dimenticare i continui acciacchi che perseguitano Derrick Rose. Questo improvviso esodo dei suoi giocatori in infermeria, ha costretto coach Fred Hoiberg a presentare, nelle ultime partite, starting five pesantemente rimaneggiati, arrivando addirittura a mettere in campo come backcourt titolare la coppia Kirk Hinrich-E’Twaun Moore – non esattamente un sogno per una squadra che vuole e deve essere una contender.
Ma i problemi non stanno solo nelle assenze, benché pesanti. Il progetto di rinnovamento intrapreso dai chicagoini a partire da questa estate sembra infatti tardare a pagare i suoi dividendi. Il licenziamento di coach Tom Thibodeau e della sua mentalità difensiva (che era divenuta una delle caratteristiche distintive dei Bulls dell’ultima decade) e l’ingaggio di coach Fred Hoiberg dovevano portare aria nuova nell’attacco dei Tori, ma – al contrario – il risultato è stato sconcertante: con un Offensive Rating di 103.5 pts segnati ogni 100 possessi, i Chicago Bulls sono 25esimi nella NBA, un brusco e netto calo rispetto all’Offensive Rating di 107.5 della scorsa stagione (11esimi nella lega). All’attacco asfittico fa da contraltare anche una difesa meno attenta: considerando solo le partite giocate dal 9 gennaio in poi, il Defensive Rating dei Bulls è di 107.4 pts subiti ogni 100 possessi, il che rende la squadra della Windy City una delle dieci peggiori difese della lega – giusto un filo meglio degli anarchici Sacramento Kings (che hanno un Defensive Rating di 108.1). Vero che, considerando l’intera stagione, le statistiche della difesa sono perfettamente in linea con quelle dello scorso anno a marca coach Thibs (104.3 di Defensive Rating nel 2014/15, 104.2 in questa stagione), ma il rapido declino dei numeri nell’ultimo mese è un insistente campanello d’allarme ormai impossibile da ignorare.
Altro dato preoccupante è l’apparente incapacità della squadra di chiudere i match nel momento decisivo: Chicago guida attualmente la lega per partite perse dopo essere stati in vantaggio di almeno 5 punti nell’ultima frazione (9) e fa registrare un inquietante -99 di plus/minus nei quarti periodi o negli overtime (il quarto dato peggiore della lega). In una parola, i Bulls non sembrano essere clutch.
E a remare contro i progetti di successo in quel dell’Illinois ci si mette anche il calendario non esattamente favorevole, che prevede, subito dopo l’All Star Weekend, due partite chiave contro i Cleveland Cavaliers (18 febbraio) e i Toronto Raptors (19 febbraio), rispettivamente prima e seconda nella Eastern Conference. Nella peggiore delle ipotesi quindi, Chicago potrebbe clamorosamente trovarsi, tra una settimana esatta, virtualmente fuori dai playoff, pur con un record del 50%, costretta a inseguire almeno il piazzamento #8.
Ovviamente il rientro degli infortunati potrà sicuramente cambiare e migliorare questo panorama: difficilmente Chicago continuerà a difendere tanto male, e il ritorno di qualche pedina fondamentale potrebbe rivitalizzare anche l’attacco. Ma sarà necessario combattere duramente in ogni partita, giocandosi il posto con alcune squadre che, a inizio stagione, erano considerate assolutamente inferiori. Una posizione in cui nessuno si sarebbe mai immaginato di vedere questi Bulls.