25 Marzo 1986. Sono 30 gli anni di Marco Belinelli. Il giocatore, attualmente legato con contratto triennale ai Sacramento Kings, ne ha fatta di strada per arrivare fino al tetto del mondo, toccato in maglia Spurs qualche anno fa.
L’NBA è diventata casa sua da diverso tempo, così come diverse sono state le sue destinazioni: San Francisco, Toronto, New Orleans, Chicago, San Antonio e la già citata Sacramento. Il tempo di fare il resoconto della sua avventura, fino a qui, c’è stata. Davanti ai microfono di Gazzetta.it, Belinelli ha snocciolato qualche curiosità sulla Lega Americana:
Negli Usa sono arrivato a 21 anni, da ragazzino. Ho vissuto tanti momenti belli e brutti. Ma di sicuro sono cresciuto come uomo e come giocatore. E sono sempre rimasto orgoglioso di essere italiano. Siamo dappertutto. Specie a San Francisco e Toronto ho trovato comunità italiane significative. E instaurato rapporti di amicizia importanti. A San Francisco con Giulio Tempesta, che ha un ristorante lì e che è stato una figura importante nel mio periodo di adattamento iniziale. Frisco è una delle città più belle d’America. Sacramento e’ carina, ma spesso anche adesso nel giorno libero faccio un salto verso la Baia…
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Il compagno con cui hai legato di più durante la tua carriera NBA?
Ce ne sono tanti cui sono particolarmente legato. Turkoglu, Paul, Noah e Ginobili sono i primi nomi che mi vengono in mente. All’inizio uscire con i compagni di squadra è stato cruciale anche per migliorare il mio inglese. Se non volevi fare scena muta….A Bologna con Coach Repesa l’inglese era già la prima lingua, ma non lo parlavo certo come adesso, allora….Se devo fare un nome solo dico Manu: giocatore fantastico e persona super. In questo ambiente impari a giudicare i tuoi compagni nello spogliatoio per gli uomini che sono, non per lo stipendio che portano a casa….Se ce n’è stato qualcuno che mi è stato sulle scatole? Ovvio, più di uno. Ma non si può dire….Può compromettere l’intesa sul parquet, certo. Falsità e gelosia sono i tratti che mi danno più noia…. Allenatori? Thibodeau mi ha dato tanta fiducia per fare il salto di qualità, e Popovich. Pop è il top del top, uno “vero”, un maestro di vita. E ovviamente Messina: nella parentesi Spurs mi e’ sempre stato vicino.
I tifosi italiani?
I tifosi italiani sono fantastici. Li trovo in tutte le Arene. Spendono soldi, fanno lunghi viaggi, prendono le ferie, tutto per venire a vedermi giocare, anche in città fuori dalle rotte turistiche come Sacramento adesso, o San Antonio nel recente passato. Cerco sempre di fare un gesto per ricambiare l’attenzione. Un saluto, una foto. Qualcosa che li faccia sentire presi in considerazione. La passione dei tifosi mi riempie di gioia.