Si è dibattuto ampiamente negli ultimi giorni di un torneo che, seppur con qualche eccezione, non ha saputo regalare le emozioni che ne hanno contraddistinto negli anni lo svolgimento: soprattutto nelle ultime fasi abbiamo assistito a match con andamento a senso unico, record di differenziali di punteggio che mai ci saremmo aspettati in un annata che sembrava essere tra le più incerte degli ultimi tempi; i molti adepti della Follia di Marzo auspicavano un cambiamento di trend almeno nel suo epilogo e, probabilmente, nemmeno i più accaniti fan della March Madness avrebbero mai sperato di assistere ad un finale così thriller.
Villanova contro North Carolina rimarrà negli annali come uno dei più chiari e lampanti manifesti di cosa sia la March Madness, uno spot esemplare per tutti coloro che vivranno i prossimi tornei di come la pallacanestro possa essere al contempo così crudele e così abbacinante: la favola dei Wildcats, inseriti di diritto tra le favorite del tabellone, ma mai davvero in grado di conquistare il favore della critica, non potrà che divenire, nel tempo, un viatico per incrementare la già cospicua prole degli amanti della pallacanestro; chi vi scrive è certo che di questa partita, della sua conclusione, se ne parlerà ancora per molti anni e se da un lato non avremmo modo di vedere molti di questi ragazzi in NBA in un futuro prossimo, dall’altro non potremmo che rendere loro grazie in eterno per l’adrenalina che hanno saputo dispensare in una serata in cui il basket ha raggiunto la sua massima espressione.
Volendo analizzare gli aspetti che hanno consegnato a Villanova il secondo titolo della sua storia dopo quello del 1985 non possiamo che partire dalla percentuale al tiro, unico dato statistico, fondamentale, in cui i Wildcats hanno avuto la supremazia sui Tar Heels: 58.3% frutto di 28 canestri su 48 tentativi contro il 42.9% di UNC ( 27-63 ); come appare chiaro dai 63 tentativi, North Carolina ha giocato il match tenendo un ritmo più alto e disponendo di più tiri in virtù delle secondo occasioni create dai 36 rimbalzi conquistati ( contro i 23 di Villanova ).
La supremazia a rimbalzo di North Carolina era quantomeno preventivabile vista la fisicità dei lunghi di Coach Williams, ma UNC ha surclassato Villanova anche negli assist messi a referto ( 16, 6 ) e nella percentuale specifica del tiro dalla lunga distanza ( 64.7% per UNC, 57.1% per NOVA ): sono state 11 infatti le triple messe a segno dei Tar Heels, due delle quali, quelle infilate negli ultimi secondi di partita da Paige per il pareggio, stanno già facendo il giro del mondo tra notiziari e social; 8 le triple a referto invece per i Wildcats, ivi compresa quella allo scadere, per il 77-74 finale, di Jenkins su assist del “nostro” Arcidiacono, eletto Most Outstanding Player della Final Four.
La March Madness non si chiudeva con un tiro allo scadere dal 1983 quando una schiacciata di Lorenzo Charles regalò il titolo NCAA a NC State nella finale contro gli Houston Cougars di Drexler ed Olajuwon, il Buzzer Beater di Jenkins ( 15 punti ) permette a Villanova, quindi, di replicare il titolo del 1985, a coronamento di un torneo giocato in maniera perfetta da una squadra che in molti davano già per spacciata nelle prime fasi: i ragazzi di Coach Jay Wright hanno saputo costantemente salire di grado durante il proprio cammino, cristallizzando questo successo nel già citato dato della percentuale dal campo; il 58% al tiro con il quale hanno viaggiato durante la March Madness è infatti la miglior statistica specifica degli ultimi 50 anni da parte della squadra rivelatasi poi campionessa.
Resta il rimpianto per i ragazzi Coach Williams, autori fin qui di una stagione magistrale la cui più felice conclusione è sfuggita di un soffio: Paige chiude la propria carriera in azzurro con 21 punti e 6 assist, 20 punti e 4 assist per Berry mentre Johnson saluta l’ateneo che fu di Micheal Jordan, ovviamente presente alla finale, con 14 punti ed 8 rimbalzi; nelle fila di Villanova vanno invece segnalati i 12 punti ed 8 rimbalzi di Hart, i 16 punti di Arcidiacono, MOP della manifestazione, la solita presenza sotto i tabelloni di Ochefu, bravo a limitare i lunghi di UNC, e le eroiche prestazioni del già citato Jenkins e del sophomore, top scorer dei Wildcats con 20 punti a referto, in uno dei più impensabili career high che si possano sognare.
Cala dunque il sipario su questa March Madness 2016, con una certezza in più: ad essersi affrontate in finale sono state due squadre esperte, piene di Senior, Junior e senza grandi talenti con un futuro assicurato in NBA; che i vari Coach Cal e K inizino a cambiare idea circa la prospettiva di reclutare un elevato numero di One-and-Done? O, magari, NCAA ed NBA punteranno su una più elevata permanenza al College dei vari prospetti in modo da beneficiarne entrambe in quanto a spettacolo e pulizia del gioco?