E’ tempo di playoffs in NBA, uno degli spettacoli più belli del mondo, in cui i migliori talenti del pianeta raggiungono un’intensità spaventosa, che porta il livello del gioco ad il massimo immaginabile. A proposito di intensità di gioco e concentrazione, è di poche ore fa l’interessante articolo del New York Times, che rende noto come sia una regolarità, per alcuni giocatori NBA, controllare il telefono tra primo e secondo tempo in spogliatoio. Non pare esserci infatti, a tal proposito, in NBA, una specifica regola che vieti l’uso del mobile durante la partita, come invece nella NFL. I giocatori NBA, per contratto, non possono pubblicare o interagire attivamente con i social durante la partita, ma nulla vieta loro di usare per altri scopi il telefono durante la gara, se non qualche personaggio “old school” come Brian Shaw, ex giocatore dei Lakers ed ex allenatore dei Nuggets, e Phil Jackson, attuale presidente dei Knicks, entrambi riluttanti all’idea di permettere distrazioni come questa durante la partita o gli allenamenti.
La situazione di cui si parla, era totalmente sfuggita di mano 7 anni fa, quando Charlie Villanueva, allora giocatore dei Bucks, twittò allegramente tra primo e secondo tempo:
credits to ftw.usatoday.com
Da lì in poi un timido ravvedimento della lega, che ha introdotto passo dopo passo qualche regola limitativa all’uso dei telefoni, anche se, non avendone poi mai impedito totalmente l’utilizzo, sembra ora aver abbandonato la causa. Oggi, sembra essere totalmente normale, come testimoniano alcuni giocatori, maneggiare il telefono alle partite. Spencer Hawes dei Charlotte Hornets, per esempio, ammette:
“Non penso che si debba sistematicamente arrivare in spogliatoio a metà partita e controllare il telefono, è solo che è diventato un rituale”
In una lega in cui molti giovani atleti, come Hawes, sono cresciuti con la palla a spicchi in una mano e il telefono nell’altra, la lega sembra essersi forse rassegnata a non poter limitarne l’uso nemmeno a metà partita. Staremo a vedere se dopo questo report del New York Times cambierà qualcosa. Il legame telefono-calo di prestazione non è ancora stato dimostrato per la maggior parte dei giocatori NBA, l’unico ad aver pagato un caro prezzo per l’uso del telefono fino ad ora in questa stagione è stato D’Angelo Russell, rookie dei Lakers, che incautamente ha registrato il compagno di squadra Young mentre ammetteva di essersi visto con una donna che non era la sua compagna. Registrazione poi finita sui social e ovvia baraonda in casa Lakers. Ma si sa, da quelle parti ci si può aspettare di tutto.
di Marco Malvezzi