Il Gigante

La nostra storia inizia in un campo. Non in un campo da Basket ma in un campo da coltivare. Il contadino sta arando il terreno sotto il sole cocente e alla fatica del lavoro pesante, che gli permette di guadagnarsi da vivere e di sfamare la propria famiglia, si aggiunge la sfortuna; e si la sfortuna, di cui risentiremo parlare più avanti. La lama del suo aratro cozza contro una pietra e la lama si spezza. Disperato, contrariato, al dire il vero imbufalito, il contadino si mette a scavare, vuole prendere quella pietra, a costo di rompersi la schiena e la vuole scaraventare lontana dal suo terreno. E scava. Ma ciò che trova lo lascia a bocca aperta, esterrefatto. A pochi kilometri di distanza c’è il mare, l’elemento naturale più familiare ad una delle prime terre emerse del Mediterraneo, l’elemento naturale che circonda una terra unica nella sua conformazione e nei tratti somatici e caratteriali dei cittadini che la abitano. Una terra fatta di uomini che al primo approccio possono sembrare testardi, permalosi e burberi, una terra in realtà nella quale i valori principali sono la generosità, l’orgoglio e l’amore per la Grande Madre e per le tradizioni tramandate di generazione in generazione dalla notte dei tempi: la Sardegna. Gigi nasce in Veneto, a Montebelluna nel novembre del 1987, ma cresce ad Olbia. Il padre Sergio è un grande appassionato di basket e nella città della Gallura rileva la squadra locale, la Santa Croce  di Olbia, indirizzando fin da subito le scelte sportive dei figli Luigi e Tullio. Luigi si mette in mostra fin da subito, e già nelle giovanili attira l’attenzione dei grandi Club della penisola. Bologna, Treviso e Siena si fanno avanti ed è quest’ultima, con a capo Coach Recalcati, a convincere Luigi a lasciare la sua terra d’origine per intraprendere una carriera professionistica nello sport che ama. A soli 16 anni partecipa e vince i campionati cadetti, juniores e addirittura la Serie A con la Montepaschi e nel 2004, le sue prestazione agli Europei Under 18, focalizzano l’attenzione degli scout d’oltreoceano piazzando Gigi al sesto posto nell’esclusiva classifica delle migliori promesse europee della sua leva. Le attenzioni sul giovane ragazzo sardo sono tante, così come sono elevate le aspettative e Gigi non riesce ad esprimere tutto il suo talento in un contesto ricco di pressioni come quello della dinastia della Mens Sana. Meglio crescere altrove, in un ambiente più ben disposto ad aspettarlo e farlo crescere e arriva il trasferimento verso Scafati. A Scafati Gigi riesce ad esprimere il suo vero valore e le due annate in Campania gli valgono la convocazione nella Nazionale maggiore, primo cestista sardo a riuscire nell’impresa, e attirano l’attenzione di altre squadre italiane. Ad acquisirne i servigi è la Viruts di Roma dietro suggerimento di Dejan Bodiroga.

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 A Roma esplode tutto il talento del gallurese che culmina, dopo 5 anni, nel 2013, con la finale persa contro l’allora inarrivabile Siena. E il saluto alla capitale Gigi lo vuole lasciare in grande stile, con una giocata strepitosa, quella in gara 2 quando partendo dalla sua area parte in contropiede e affonda una schiacciata devastante staccando da Olbia, attraversando il Tirreno e affondando ad una mano nel canestro del  PalaLottomatica. Il 9 Luglio del 2013 è una data da ricordare per Gigi. Come agli inizi del ‘900 tanti suoi conterranei hanno abbandonato la loro terra natia, lasciando in essa un pezzo di cuore, Gigi sbarca negli Stati Uniti per calcare i parquet più famosi del Basket mondiale. Detroit e la NBA accolgono Gigi, che raggiunge i connazionali Bargnani, Belinelli e Gallinari. La NBA, un sogno, un punto di arrivo e lo scenario nel quale misurarsi con i più forti, nel quale esprimersi sulle orme dei più grandi di sempre. Se solo ti venisse data l’opportunità. L’avventura oltreoceano di Jesus, così soprannominato per le somiglianze con il Messia, non è degna di essere ricordata se non con una punta di amarezza. In un anno e mezzo trascorso a Mo-Townn 37 presenze, un brutto infortunio e l’esperienza tra le più sconfortanti dell’intera  carriera, la D-League. Il trasferimento a Boston, nella franchigia più titolata della Lega, sembra faccia bene al Gigione capitano della nazionale tanto è vero che minuti e percentuali aumentano notevolmente, incassando anche la stima di Coach Stevens che lo classifica come “uno dei migliori tiratori che abbia mai visto”, ma l’esperienza oltreoceano finisce con lo Sweep di Lebron che porta i Cavs a sconfiggere Boston 4 a 0 nel primo turno dei Playoffs 2015.

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8.1 minuti, 3.4 punti, 1.4 rimbalzi e 0.4 assist di media il tutto in 55 presenze; non esattamente il fatturato che Gigi si aspettava di produrre nella sua carriera NBA. Il ritorno in Europa è anticipato dall’Europeo svoltosi tra Berlino e Lille, nel quale il capitano non ha potuto dare il suo contributo a causa di guai fisici. Ad accogliere la barba di Gigi è Zelimir Obradovic e la corazzata Fenerbache. Una squadra ricca di fenomeni: Bogdanovic, Antic, Vesely, Udoh, Sloukas e Bobby Dixon nella quale è difficile emergere se non sei un vero campione. E Gigi lo è. Con il 70 sulle spalle, come ai tempi di Boston, in memoria dell’anno di nascita della sua prima società di appartenenza, la Santa Croce di Olbia, si è ritagliato il ruolo di leader tecnico in mezzo a tanti campioni, il go to guy dei momenti difficili, il punto imprescindibile in una squadra dagli interpreti interscambiabili.

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Ma la Dea bendata non flirta con Gigi, in Turchia come per tutto il resto della carriera; la dea bendata che gli mette di fronte la Siena imbattibile nel suo periodo di massima forma a Roma; la dea bendata che oscura la vista di chi non lo considera all’altezza della NBA a Detroit; la dea bendata che gli volta le spalle  nell’Europeo 2015 con la nazionale forse più talentuosa di sempre provocandogli un infortunio; la dea bendata che, sotto le sembianze di Victor Khryapa, lo porta un tap in  a un secondo e nove decimi dall’alzare quell’Eurolega che al Fener non hanno mai vinto. Ma Gigi è testardo, orgoglioso e ha un cuore immenso, come quello di un Gigante. Un Gigante Sardo. Un gigante come quello trovato dal contadino dell’inizio della nostra storia, trovato per caso a Mont’e Prama nella zona di Cabras (Oristano), dove degli scavi archeologici hanno riportato alla luce trenta statue  di arenaria raffiguranti arcieri, pugilatori e soldati dalle dimensioni enormi dai quali gli studi collocano la Sardegna tra le prime terre frequentate dall’uomo e che ben identificano lo spirito combattivo di un popolo fiero ed orgoglioso come quello sardo. E Gigi Datome illumina nello sport questa terra millenaria; come quella luna cantata dai compianti Bertoli e Parodi, che spuntando da dietro il monte, illumina i prati nei quali i bambini inseguono i loro sogni.

Checco Rivano

@checcorivano

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