Ryan Arcidiacono riceve la rimessa e parte in palleggio, rapido quasi quanto quella grossa nave che parecchi anni prima portò i suoi nonni da questa parte dalla Sicilia a questa parte dell’Oceano. La difesa lo attende al varco, e cioè sulla linea del tiro da tre, ma da buon scugnizzo The Arch ha sempre l’asso da giocarsi: in questo caso la carta vincente risponde al nome di Kris Jenkins, che arriva a rimorchio del proprio play quasi per caso e si ritrova la palla tra le mani, lo spazio libero davanti a sé. C’erano una volta un italiano e un afroamericano, ma la barzelletta non fa ridere molto gli avversari in maglia bianca, che vedono il tiro di Jenkins uscire dalle mani pochi decimi prima che il tabellone si illumini e finire la propria corsa in fondo alla retina. Dopo più di trent’anni, è il delirio per i Wildcats di Villanova, ai Tar Heels di North Carolina non resta che la delusione acuita dalla beffa dell’incredibile buzzer beater. Non sono bastate le prodezze di Marcus Paige, non è bastato nemmeno avere un senior All American all’unanimità che ora è a terra con le lacrime agli occhi. Quell’All American, che risponde al nome di Brice Johnson, ora dovrà lasciarsi alle spalle quel trauma sportivo per ripartire e giocarsi le proprie carte al piano superiore: ve lo presentiamo in questa puntata della nostra rubrica Road to Draft.
BRICE JOHNSON
Non è facile accettare una simile sconfitta, ma in fondo non sono poi questi i veri traumi della vita. Lo è molto di più perdere la madre per un tumore da adolescente, come accaduto al piccolo (solo per l’anagrafe) Johnson, cresciuto dal padre che, dato che c’è, lo allena pure alla Edisto High School della nativa Orangeburg, South Carolina. Liceale di sicuro avvenire, accetta le lusinghe di un college non troppo lontano da casa ma di sicuro prestigio come North Carolina di coach Roy Williams, ma i primi anni a Chapel Hill sono piuttosto avari di soddisfazioni, sia personali che di squadra; entrambe arrivano però proprio nel quarto e ultimo anno, con Johnson che viaggia a 17 punti e 10.4 rimbalzi, aumentando ogni propria statistica come accaduto in tutti gli anni in maglia Tar Heels, strappa a una leggenda locale come Tyler Hansbrough il record per rimbalzi su singola stagione, viene eletto Consensus All American, cioè all’unanimità, vince la terribile ACC e vola alla Final Four NCAA. Qui la ciliegina su questa torta quasi perfetta gliela toglie il tandem Arcidiacono-Jenkins, ma ce n’è abbastanza per puntare a una buona scelta e a un conseguente buon contratto nella Lega, nonostante alcuni limiti che ancora frenano gli scout sul potenziale del ragazzo.
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CARATTERISTICHE TECNICHE
Il dominio a livello di college basket di questo ragazzone del Carolina si deve principalmente al letale mix di fisico e atletismo da sempre piuttosto difficile da contenere al piano di sotto della NBA: Brice Johnson infatti è una PF pura di 211 per 95 chili, classe 1994, longilineo, rapido ed estremamente atletico. Proprio questo atletismo è il suo principale punto di forza: fluido e rapido nella corsa a dispetto dell’altezza, esplosivo in area, Johnson è semplicemente letale in transizione, ma è anche un ottimo rollante sul pick ‘n roll, sa farsi trovare per gli scarichi in area e chiudere in modo efficace al ferro (un eccezionale 69% in area nell’ultima stagione in maglia Tar Heels). In generale, il buon Brice presenta una spiccata attitudine offensiva: non si fanno 17 di media in ACC senza un buon bagaglio tecnico, e lui può contare su un’ottima sensibilità nelle mani, che gli permette di trovare la retina sia in area o in post up (agevolato da rapidi spin move sul perno, talvolta ricevendo anche in corsa grazie alla grande coordinazione), sia con un tiro dalla media che sta migliorando e ampliando vistosamente il proprio range di pericolosità. Nel gioco spalle a canestro, invece, non dispone di movimenti eccezionali, ma è molto bravo a trovare comunque lo spazio per scoccare un gancio o concludere in fade away.
L’altra grande qualità dell’ala in uscita da North Carolina è sicuramente la propensione al rimbalzo, in entrambe le metà campo: ovviamente agevolato dal buon atletismo, Johnson ha però anche un gran senso della posizione, non ha paura di fare a sportellate in area ed è rapidissimo nel saltare anche più volte consecutivamente: ciò gli ha consentito di affermarsi nelle ultime due stagioni come uno dei più pericolosi rimbalzisti del panorama universitario (oltre 15 di media sui 40 minuti), qualità che certamente tornerà utile anche al piano di sopra.
Già, il piano di sopra: perché probabilmente l’incognita più grande che verte sul testone di Brice Johnson è proprio, in generale, l’impatto che le sue caratteristiche fisiche e tecniche potranno avere nella Lega. Se il suo mix di atletismo e propensione offensiva e a rimbalzo è bastata e avanzata per fare il bello e il cattivo tempo in Division I, al momento Johnson pare un po’ troppo leggero per la taglia dei lunghi NBA (95 chili sui suoi 2.11): già al college ciò si ripercuoteva talvolta sulla sua capacità di assorbire i contatti e sulla sua difesa in area. Inoltre, pare troppo monodimensionale per la NBA attuale, composta di giocatori in grado di cambiare e di aprire il campo: Johnson è un 4 tipico, con un buon jumper ma assolutamente non a suo agio sul perimetro e non in grado di creare gioco per i compagni. Anche nella propria metà campo, infine, rimangono molti dubbi: pur dimostrandosi potenzialmente un buon difensore, in grado di cambiare finendo senza troppi problemi sugli esterni, di proteggere l’area e anche di essere attivo sulle linee di passaggio per i recuperi, il senior di coach Williams ha mostrato spesso preoccupanti lacune caratteriali prima ancora che tecniche, come una certa ingenuità (tende a saltare sulle finte, si fa battere troppo facilmente a volte, spesso non legge l’aiuto o esce lentamente sui closeout) frutto più di scarsa applicazione che di mancanza di capacità; l’esempio principe è la marcatura su Jenkins sulla fatidica azione del buzzer beater, in cui avrebbe dovuto uscire piuttosto che aspettare in area, e si sa quanto è costato quell’errore…
PREVISIONI
Sono quindi parecchie le perplessità sul possibile impatto di Johnson nella Lega, e la Final Four di Houston, giocata non in modo eccelso, non ha fatto che aumentarle, considerato anche come non sia certo tra i più giovani della Draft Class (proprio a fine giugno compirà 22 anni). Ciò nonostante, Johnson potrebbe rivelarsi utile a una squadra da playoff per portare energia e presenza in area dalla panchina fin da subito, proprio in virtù della buona esperienza già maturata al college: ecco perché non dovrebbe scendere molto oltre la zona lottery, assestandosi intorno alla ventesima posizione. In particolare, un’ala con queste caratteristiche potrebbe fare comodo a una squadra votata alla transizione e al gioco rapido, che potrebbe sfruttarne al meglio l’atletismo, ma potrebbe diventare risultare buon role player in uscita dal pino fin dal suo ingresso nella Lega: e chissà che, come accaduto a North Carolina, non finisca per guadagnarsi col tempo minuti, responsabilità, impatto, magari rinforzandosi un po’ e migliorando le proprie lacune. La base è più che buona, e in fondo c’è già una finale da riscattare nella sua carriera che sta per prendere il via…