Derrick Rose: il figlio di Chicago

Derrick Martell Rose nasce a Chicago il 4 ottobre 1988, città a cui, da quel giorno la sua vita è indissolubilmente legata. Chicago, detta “Windy City”, tra le città simbolo degli Stati Uniti è sicuramente per motivi geografici colpita da venti proveniente da lago per tutto l’anno, ma non sembra essere questo il motivo del suo soprannome. Pare infatti che nel primo periodo dopo l’adesione dello Stato dell’Illinois agli Stati Uniti, un deputato di Chicago si sia particolarmente distinto al Congresso per la sua dialettica violenta, tanto da far meritare a tutti i politici di Chicago l’appellativo di Windy” (ventosi), termine in seguito esteso a tutta la città. Insomma, gente tosta quella di Chicago, che è conosciuta in ambito sportivo soprattutto per la gloria di Michael Jordan, icona mondiale del basket che ha trascinato i Chicago Bulls in vetta al mondo per 6 volte negli anni ‘90.

In seguito al tripudio di successi targati Michael Jordan però, i Bulls vivono per molti anni stagioni per lo più incolori, fino al momento in cui il vento di Chicago forgia tra i suoi quartieri un ragazzino di 1 metro e 91, che con la palla da basket se la cava, Derrick Rose. Cresciuto nei campetti vicino al suo quartiere, Englewood, tra i più malfamati della città, la gente locale comincia subito a notarlo e la mamma Brenda ha il suo bel da fare nel tenerlo lontano da attenzioni di agenti improvvisati o falsi amici, intenti a prendersi un pezzo del ragazzo, ancora troppo giovane per capire ciò che gli sta succedendo. Rose infatti sembra fin da giovanissimo avere un futuro da professionista e, oltre che nei campetti dietro casa, gioca anche per la squadra della scuola, dove, durante il suo Senior Year, sono già molti gli scout nel campo della pallacanestro che accorrono per vederlo giocare.

In pochi mesi, finita la scuola, il sogno dell’intera famiglia Rose si avvera, a Derrick viene prima offerta una borsa di studio per giocare all’Università di Memphis, con i Tigers, dove si ferma un solo anno e poi effettua il grande passo presentandosi al draft NBA del 2008, per raggiungere il suo obiettivo più grande: diventare un professionista della NBA. Il passo successivo della storia, più o meno dovrebbe recitare così:

“With the first pick in the 2008 NBA Draft, the Chicago Bulls select Derrick Rose

Inizia in questo modo l’avventura di Derrick Rose nella squadra della città che cerca disperatamente l’erede di Michael Jordan e il popolo di Chicago si accorge presto che Rose potrebbe essere la degna successione dell’ex numero 23. Certo la strada da fare è tanta, ma i numeri parlano per lui. Rookie of the Year nel 2009, conduce i Bulls ai Playoffs sin dal primo anno, dove in gara 1, contro i campioni in carica, i Boston Celtics, realizza 36 punti eguagliando il record di Kareem Abdul Jabbar per punti segnati da un rookie al debutto nei playoffs, ottenuto nel 1970. Per lui in quella partita anche 11 assists e 4 rimbalzi, per una vittoria ai supplementari 105 a 103 al Garden di Boston. Chicago perde poi la serie 4 a 3 mettendo comunque in grande difficoltà Boston in uno dei suoi anni migliori ma l’entusiasmo a Chicago è tanto. Il ragazzo al comando ha 20 anni e il futuro in Illinois promette davvero bene.

Nella stagione 2009-2010 i Bulls di Rose agguantano un ottavo posto ai Playoffs venendo eliminati 4 a 1 al primo turno dai Cleveland Cavaliers di Lebron James, mentre l’anno seguente è finalmente quello della consacrazione per Rose. Nella primavera del 2011 infatti Rose e compagni raggiungono il primato ad est e battuta Indiana e Atlanta, approdano alle finali di conference, dove però vedono spegnere le loro speranze da Miami. Rose, autore di qualche amnesia in alcuni momenti chiave di quella serie, conclude comunque la stagione con cifre da leader assoluto, che gli valgono la convocazione all’All-Star game, ma soprattutto il titolo di MVP. Il primo Bulls ad agguantarlo dopo Michael Jordan e il più giovane di sempre a vincerlo nella storia della lega. Chicago sogna, anche perchè Rose, nonostante la giovane età, è un ragazzo con la testa sulle spalle che può condurre per i Bulls una seconda dinastia. Nato e cresciuto nella città per cui gioca, diventa nel 2011 l’idolo di tutte le giovani generazioni locali. Anche il pubblico mondiale si accorge di lui e la sua maglia diventa quella tra le più vendute del 2011.

Da lì in poi una serie di infortuni condizionano il rendimento di Rose e dei Bulls negli anni avvenire, un abitudine che purtroppo non ha mai abbandonato definitivamente la franchigia fino ad oggi. Nei playoffs del 2012, complici le uscite di Rose e Noah, i Bulls vengono eliminati al primo turno da Philadelphia. L’infortunio al ginocchio destro fa rimanere fuori Rose fino al Gennaio 2013, anche se i medici gli sconsigliano di giocare per i mesi seguenti, obbligandolo così ad un intero anno di stop, in cui i Bulls, raggiungono comunque le semifinali di Eastern Conference, che poi perdono per mano dei Miami Heat.

La stagione 2013-2014 sarebbe quella del ritorno per D-Rose. “Sarebbe” perché dopo le prime partite in cui fatica a riprendere il ritmo partita, il giocatore durante una partita contro Portland si infortuna all’altro ginocchio. Tre giorni dopo i medici di Chicago annunciano che Rose deve essere operato e salterà nuovamente il resto della stagione. Della serie, la fortuna è cieca ma la sfortuna ci vede benissimo e Rose è uno dei suoi bersagli preferiti.

Di ritorno della stagione 2014, Rose tenta di riprendere in mano le redini della squadra ma a Febbraio un altro maledetto infortunio al ginocchio ne condiziona pesantemente la stagione, facendolo ritornare solamente ad Aprile, in tempo per lo storico buzzer beater contro Cleveland, che comunque alla fine si aggiudicherà la serie in 4 partite.

La stagione 2015, neanche a dirlo, si apre con una frattura orbitale che lo obbliga ad indossare una mascherina di protezione sul viso, mentre nel resto della stagione riporta una media di 16.4 punti e 4.7 assist, non sufficienti a trascinare Chicago ai playoffs.

Infine, anche se incredibilmente amato dai suoi tifosi e dalla sua città, Rose decide poche ore fa di slegarsi dalla franchigia in cui è cresciuto per approdare ai New York Knicks, squadra in costruzione e alla disperata ricerca di una guardia/playmaker in grado di gestire il resto dei compagni in campo. Comunque una scelta difficile, sicuramente sofferta e di cui si parlerà a lungo, ma forse necessaria dopo anni di gioie e delusioni che avrebbero potuto influire psicologicamente nel gioco dell’atleta e della squadra in un prossimo futuro. In questi anni Chicago si è affidata alla leadership di Rose e sfortunatamente si è trovata più volte senza un vero condottiero nei momenti chiave e questo potrebbe aver comunque pesato nel tempo nella testa del giocatore, dei compagni, dei tifosi e dell’organizzazione. Un nuovo inizio, in questo caso, potrebbe essere quel che ci vuole.

Quella di Rose e la “Windy City” rimane comunque una storia bellissima, fatti di momenti duri ma anche di grande esaltazione, la stessa che Rose comunica quando gioca al meglio, esprimendo tutta la sua potenza fisica e tutta l’energia del suo carattere, formatosi anche grazie ai sobborghi della grande Chicago. Nel video top 10, dieci motivi per cui il mondo si augura di rivendere Rose al meglio nella sua nuova vita ai New York Knicks.

di Marco Malvezzi

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NbaReligion Team

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