Quando il 28 giugno 2013, durante la notte del Draft, i Boston Celtics accettarono una richiesta di trade dei Brooklyn Nets, mandando nella Grande Mela Paul Pierce e Kevin Garnett, si chiuse un’era nella capitale del Massachusetts. Ma in sole tre stagioni, i bianco-verdi hanno stupito tutti tornando ai Playoffs, con un ruolo sempre più da protagonisti. Ad oggi, Boston rappresenta una delle realtà più interessanti e futuribili della lega, ma dovrà aggiustare ancora qualche casella in offseason per tornare a competere a quei livelli che gli erano soliti.
Il Draft
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Lo scambio di quel 28 giugno 2013 aveva portato in dote ai Celtics una favolosa occasione di rinascita: la scelta al primo giro dei Nets nel Draft di quest’anno. Una pick che, essendo naufragata la stagione dei newyorchesi in un mesto 21-61 di record, si è trasformata nella ghiottissima possibilità per i Celtics di scegliere per terzi sul tabellone. Se per lungo tempo si era sostenuto che Danny Ainge avrebbe provato a trovare acquirenti per quella scelta (e di offerte, in effetti, ce ne sono state), tentando di portare al TD Garden la star che manca al roster di Boston, ci si è dovuti ricredere di fronte alla scelta dell’establishment dei bianco-verdi, che senza tentennare, hanno scelto uno dei migliori prospetti disponibili, cioè Jaylen Brown, ala piccola da California. In questo modo Boston riempie, virtualmente la casella delle small forward, affiancando questo giovane di sicuro avvenire al volenteroso Jae Crowder. Ma la notte del Draft non ha portato soltanto Brown. Boston era infatti titolare di un gran numero di scelte tra primo e secondo giro, e proprio attraverso la seconda di queste scelte (la #16) ha deciso di scommettere su un lungo europeo, il ventenne Guerschon Yabusele, che gioca in Francia, al Rouen Metropole, come ala forte. Con la #23 inoltre, i Celtics si sono accaparrati il giovanissimo centro del Cibona Zagabria Ante Zizic, un monolite di 2.13 che sembra già abbastanza NBA ready, almeno per un ruolo da comprimario, e che coach Stevens potrebbe crescere e plasmare a piacimento, a meno che i due prospetti europei non vengano lasciati per qualche anno nel vecchio continente. Dal secondo giro è arrivata invece a Boston una folta truppa (ben 5) di giocatori: Deyonta Davis (ala forte da Michigan State), Rade Zagorac (guardia/ala dei Mega Leks del campionato serbo), Demetrius Jackson (guardia da Notre Dame), Ben Bentil (ala forte da Providence) e Abdel Nader (ala piccola di Iowa State). Ma se i primi due hanno subito fatto le valige per il Tennessee, scambiati per una futura scelta protetta (top-14) al primo giro dei Los Angeles Clippers, è probabile che gli altri verranno valutati in Summer League, con Jackson che sembra il più attrezzato a giocarsi la possibilità di un posto nel roster.
La stagione
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I Celtics hanno approcciato la stagione 2015/16 con la giusta rabbia agonistica, mettendo in campo un pregevole gioco di squadra. Segno preciso dell’interiorizzazione, da parte dei giocatori, della mentalità di coach Brad Stevens, finora il vero asso nella manica di Boston, un allenatore capace di progettare un sistema di gioco nel quale far risaltare le caratteristiche migliori di ogni suo giocatore, nascondendone contemporaneamente i difetti. Un sistema che aveva prodotto i suoi risultati già in NCAA (due finali alla guida di Butler University tra 2010 e 2011) e che sta dando notevoli frutti anche in NBA, con i Celtics che stanno risalendo velocemente da quello che, solo tre anni fa, doveva essere un baratro. Il miglioramento costante del record stagionale (quest’anno 48-34, rispetto al 40-42 della stagione precedente) testimonia un’etica del lavoro incrollabile e la capacità di costruire un ambiente favorevole e produttivo, e quindi naturalmente ambizioso. E se durante i Playoffs 2015 il ruolo dei Celtics era stato quello di spettatori non paganti dello show dei Cleveland Cavaliers, in quelli del 2016 i ragazzi di Stevens hanno dimostrato tutta un’altra fibra, mettendo pesantemente in difficoltà gli Atlanta Hawks. Segno ulteriore, se ve ne fosse stato bisogno, che questa Boston, giovane e lavoratrice, può arrivare lontano.
Il mercato
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Il primo nodo da sciogliere del mercato dei Celtics sarà Jared Sullinger. 206 centimetri d’altezza, 118 chili di peso, 24 anni, scelta #21 del Draft 2012. Questa la carta di identità del prodotto di Ohio State, importante tessera di questi nuovi Celtics a targa Stevens. Al termine di questa stagione il suo contratto da rookie arriverà a scadenza, e il giocatore sarà restricted free agent. È probabile che qualche franchigia avanzerà offerte interessanti per questo lungo affidabile e roccioso. Solida opzione sui due lati del campo, buonissimo role player Sullinger può far gola a molti, ma proprio per questo è facile immaginare che i Celtics siano pronti a pareggiare le offerte che verranno avanzate al giocatore, per prolungarne la permanenza nel Massachusetts. Un rinnovo quindi quello di Sullinger, che non si preannuncia troppo sofferto. Diverso invece il discorso per Evan Turner. Nei suoi due anni a Boston si è certamente distinto in alcune isolate occasioni, ma non è mai realmente sbocciato, divenendo poco più che una buona opzione dalla panchina: dalle 57 partenze da titolare della sua prima stagione bianco-verde, Turner è passato a timbrare il cartellino dello starting five solo 12 volte nell’ultima stagione, beneficiando però di un leggero aumento dei minuti giocati. Un utile rincalzo che potrebbe essere riconfermato, ma bisognerà valutare la volontà del giocatore, che potrebbe essere tentato di andare a cercare un ruolo da attore protagonista in una piazza meno ambiziosa. E gli stessi Celtics potrebbero decidere di lasciarlo andare, nell’ottica di mantenere una maggior flessibilità finanziaria e un posto libero nel roster. Un possibile partente è invece Amir Johnson: ha il contratto più pesante della squadra (12 milioni $), ma il suo contributo alla causa Celtics non è stato così rilevante. Non è assolutamente ritenuto un incedibile e potrebbe essere scambiato alla prima occasione utile.
Tra le grandi certezze della franchigia più vincente della storia NBA c’è sicuramente il ruolo di point-guard, coperto più che egregiamente dagli uomini a disposizione di coach Stevens. Isaiah Thomas si è dimostrato sempre più trascinatore, e perfettamente in grado di spaccare le partite anche entrando dalla panchina. D’altro canto la crescita costante e rassicurante di Marcus Smart, garantisce un’opzione sempre pronta e affidabile su entrambe le metà del parquet. E c’è poi a disposizione Terry Rozier, scelto alla #16 del Draft 2015. Rimane quindi sempre aperta per Stevens la possibilità di mettere in campo due point-guard, facendo in questo modo rifiatare Avery Bradley, il 3&D ideale che completa il back court di questi Celtics.
Il futuro
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La vera partita i Celtics la giocheranno nella free agency 2016, nella quale contano di recitare il ruolo dell’attore protagonista. Legittimo il desiderio di portare al Garden una superstar che possa essere il leader dello spogliatoio e far fare il salto di qualità alla squadra. È infatti precisa intenzione dell’establishment di Boston portare a casa la firma di almeno uno, se non due, pezzi grossi del mercato di quest’anno. E la franchigia del Massachusetts ha a disposizione tutti gli argomenti per farlo: un progetto intrigante, un coach competente, una storia gloriosa, l’attitudine vincente, il fascino della maglia e della città, e infine tanto, tantissimo spazio salariale. Avery Bradley, Isaiah Thomas e Jae Crowder, i cardini sui quali si è costruita la rinascita di Boston, sono tutti garantiti con contratti agevoli (tra i 6 e i 7 milioni $), mentre Marcus Smart ha ancora due anni di contratto da rookie. Impossibile non pensare quindi ai Celtics come agguerriti concorrenti alla corsa per Kevin Durant. Difficile immaginare invece il profilo del secondo obiettivo bostoniano: con i nomi di Andre Drummond (che è però restricted free agent), Hassan Witheside, Al Horford e Dwight Howard sul mercato si potrebbe pensare a un tentativo di Ainge per accaparrarsi un centro d’affidamento, che possa dare certezza e solidità a un ruolo che negli ultimi anni, ha vissuto troppo sulle rare fiammate dei vari Zeller, Olynyk e Johnson, senza mai trovare un vero titolare fisso. Rimangono da capire le intenzioni della franchigia riguardo a Brown. Il neo-draftato potrebbe rimanere a Boston, in quanto ottima opzione a lungo termine, oppure potrebbe essere utilizzato come pedina di scambio per arrivare a una superstar (in un’operazione simile a quella che i Cavaliers impostarono con Minnesota per Kevin Love, utilizzando Andrew Wiggins).
Nel caso tutti questi obiettivi vengano portati a termine un futuro radioso sembra prospettarsi per i Boston Celtics, pronti a tornare in quell’Olimpo della lega dal quale erano discesi solo tre anni fa. Un futuro che, in fondo in fondo, sarebbe un ritorno al passato. E si potrebbe parlare già, dopotutto, di una resurrezione. D’altro canto il fallimento nella firma di un top free agent non dovrebbe ripercuotersi troppo sulla squadra, che può contare su una struttura e una chimica consolidate che permetteranno di vedere i bianco-verdi protagonisti non solo nella prossima, ma in molte stagioni a venire.
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