Stephen Jackson non è nuovo a sparate e comportamenti eclatanti (rissa di Auburn Hills, pistolettate, strip club, ce n’è per tutti i gusti). Che volesse tornare a giocare a 38 anni suonati, però, non se lo aspettava nessuno.
Secondo Marc Stein di ESPN a “Captain Jack”, star dei Warriors tra il 2006 e il 2010, sarebbe stato offerto un contratto come assistente allenatore proprio da Golden State. Il “caso” vuole, però, che Jackson non abbia alcuna intenzione di passare dall’altra parte della barricata e che, anche se inattivo dal 2013-2014 e ufficialmente ritirato nel 2015, desideri tornare a giocare.
Di certo le prestazioni degli Warriors contemporanei, figli “moderati” ma irresistibili dei suoi di fine decennio scorso, avranno smosso qualcosa in Captain Jack. Anche il ritorno a discreti livelli dell’ex co-star agli Warriors Baron Davis – che ha disputato una stagione da 13 punti di media in D-League alla tenera età di 37 anni – avrà avuto un suo peso nei – sempre indecifrabili – processi mentali di Jackson.
Resta da vedere se i Warriors prenderanno almeno in lontanissima considerazione l’idea (praticamente impossibile) di inserire a roster un cavallo pazzo quasi quarantenne come Captain Jack. Il tempo dei Jackson e dei Davis di questo mondo – nel bene e nel male – sembra finito, da un pezzo. Ora l’NBA è una Lega più “pulita”, più “user friendly”, più “per famiglie”. Il lupo cattivo, alla fine delle fiabe, non vince mai. Sperare che per una volta le cose vadano fuori dal canone non costa nulla; male che vada, si può sempre rivedere, con una lacrimuccia, l’incredibile prestazione dei Warriors del 4-2 ai Mavs nel 2007 e del “We Believe”. Con la consapevolezza che, senza di loro, probabilmente non sarebbero mai esistiti quelli di Steve Kerr e Steph Curry.