Non è tutto oro quello che luccica, recita un famoso proverbio: un detto popolare che potrebbe andare bene, a posteriori, per la vicenda Kevin Durant. Dopo lo sbigottimento generale per il suo passaggio ai Golden State Warriors, col passare dei giorni filtrano maggiori dettagli sugli elementi che hanno portato KD a scegliere di lasciare Oklahoma City.
Secondo quanto riportato da una persona del suo entourage a Howard Beck del Bleacher Report, Durant era frustrato dalla convivenza con Russell Westbrook: un’incompatibilità non tanto umana quanto tecnica, con l’incapacità di decidere chi dovesse prendersi sulle spalle la leadership nei momenti decisivi delle partite. Una frustrazione figlia anche del pensiero diffuso nello spogliatoio che il vero leader riconosciuto fosse Russ e non KD.
Bisogna sempre prendere con le molle questo tipo di rivelazioni ma in genere quando vengono riportate negli Stati Uniti, vuol dire che l’attendibilità è molto alta e un fondo di verità c’è eccome. Di sicuro c’è la volontà di Durant di cambiare aria per provare a vincere: il prodotto di Texas deve essersi reso conto che lo sforzo di quest’anno con questa squadra è stato massimo e forse irripetibile con questo nucleo, quindi meglio migrare verso altri lidi dove le condizioni per competere sono pressoché ottimali a livello cestistico.
Saranno stati sì importanti i messaggini di Stephen Curry, la telefonata di Jerry West e l’incontro con Steve Kerr, ma forse le reali motivazioni – sempre ipotesi, queste le può sapere solo e soltanto KD – che hanno spinto Durant ad andarsene vanno ricercate all’interno di quei Thunder che per otto anni sono stati ai suoi piedi.