Jamal e l’Arte del Basket

Orazio, Virgilio, Properzio e molti altri artisti hanno goduto dell’appoggio di uomini facoltosi che hanno permesso loro di esprimere il talento in diverse forme artistiche. In particolar modo, tra questi uomini facoltosi e magnanimi,  si ricorda Gaio Cilnio Mecenate, colui dal quale deriva il significato di mecenatismo, il sostegno e la promozione dello sviluppo artistico e culturale volto a tutelare le persone dal cui genio nasce l’Arte.  Mecenate, che visse tra il 68 a.c. e il 8 a.c., in virtù della sua particolare propensione e passione per l’arte, contribuì in maniera decisiva ad elevare l’era dell’ Impero di Augusto grazie alle opere prodotte e realizzate per mezzo del suo sostegno, promuovendo e accrescendo l’immagine di Roma.  Se Gaio Cilnio fosse vissuto nei giorni nostri e avesse deciso di investire le proprie fortune nel basket d’oltreoceano, avrebbe quasi certamente preso sotto la sua ala protettrice un assoluto virtuoso dell’arte della palla a spicchi: Jamal Crawford. Lo avrebbe custodito gelosamente, ne avrebbe fatto una divinità, lo avrebbe ricoperto d’oro e circondato di concubine pur di godere del suo estro e delle sue capacità. Perché Jamal è poesia in movimento, è musicalità del gioco, è leggiadria e fascino; Jamal è Basket.

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Quando il capo Sealth si arrese definitivamente all’avvento dell’uomo bianco nella zona presidiata dalle tribù di nativi americani Duwamish e Suquamish, non pensava minimamente che la città alla quale diede il nome diventasse una delle più grande fucine di talenti artisitici e sportivi statunitense. Alla città di Seattle sono legati i nomi di Jimi Hendrix, Bruce Lee, Bill Gates , il Grounge dei Nirvana e degli Alice in Chains, i Pearl Jam e i Soundgarden, i Seahawks e il titolo NFL del 2013. E tornando al basket a Seattle rimpiangono ancora oggi i fasti dei SuperSonics, la sconfitta contro Washington nel ’78 e la rivincita e il primo titolo nel ’79; le gesta del Guanto Gary Payton, le giocate di Shawn Kemp e le finals del 1996, il battesimo nella lega di Kevin Durant e il rumore del cotone ad ogni tiro scoccato da Ray Allen.  È il 1980 quando nella città dello Space Needle vede la luce Aaron Jamal Crawford. Il piccolo Jamal non si rende subito conto delle potenzialità e del talento che madre natura ha deciso di fargli scorrere nelle vene. Solo nell’anno da Junior, nella Rainier Beach High School di Renton, decise di cimentarsi nello sport del professor Naismith e dopo pochi allenamenti, utili per apprendere i fondamentali, il fluido cestistico mescolato al sangue iniziò a scorrere e a produrre gioco. 22 punti, 8 rimbalzi, 7 assist e maglia numero 23 ritirata per il miglior giocatore all time che abbia mai frequentato la Rainier. Michigan, squadra che fu dei Fab Five, per intraprendere il percorso del college Basket che durò giusto l’anno da Freshman e la decisione di partecipare al draft del 2000.

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Kenion Martin, Stromile Swift, Darius Miles, Marcus Fizer, Mike Miller, DerMarr Johnson e Chris Mihm prima di sentire il proprio nome uscire dalla bocca del Commissioner David Stern. Sono i Cleveland Cavaliers a chiamare il prodotto di Michigan ma in Ohio Jamal non arrivò mai visto che venne scambiato con i Bulls per Chris Mihm. Non proprio il draft più entusiasmante delle ultime decadi NBA ma che in Jamal ci fosse qualcosa di speciale lo si notò fin dai primi allenamenti. Limitato nel suo primo anno da una serie di infortuni che pregiudicarono lo sviluppo nella carriera nei Pro fino alla fine della stagione da sophomore, l’esplosione avvenne nel suo terzo anno di militanza nella lega. Un arsenale di giocate e di movimenti che metterà in valigia e che porterà in giro per la lega a deliziare il pubblico di tutte le Arene. Un fisico snello e atletico, un Levriero in una lega di Rottwailer, una capacità innata di trovare il fondo della retina, una sfacciataggine che lo porta nello stesso tempo a farti vincere quando sembra ormai che la partita sia sfuggita di mano ma anche a farti perdere quando la partita sembra essere ormai in ghiaccio. Un ball handling strepitoso miscelato ad una velocità di esecuzione irreale che produce gemme da consegnare ai posteri. E il shake and bake. Bulls, New York, Warriors, Atlanta, Portland e i Clippers, un viaggio attraverso gli Stati Uniti che fa felice i Mecenate di ognuna di queste realtà. Leader per distacco nella particolarissima disciplina del gioco da quattro punti (tripla più tiro libero) con ben 39 esecuzioni davanti a Reggie Miller (23) e Dirk Nowitzki (14), sinonimo della sensibilità dei suoi polpastrelli; Jamal entra di diritto nella storia del gioco in compagnia di Bernard King, Moses Malone e Wilth Chamberlain nel novero di coloro che sono stati in grado di realizzare 50 punti su singola gara con tre casacche diverse. Nel corso della sua carriera si è ritagliato un ruolo fondamentale nella NBA attuale.

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Quel sesto uomo che uscendo dalla panchina sconvolge i piani. Il sesto uomo per eccellenza, premiato per tre volte con questa onorificenza (2010,2014 e 2016), unico nella storia del gioco. Purtroppo tanto talento non è mai riuscito a trascinare Jamal e i compagni di squadra nei periodi in cui la stagione si fa realmente calda, tanto più con l’approdo ai Clippers che per natura sono allergici all’aria che si respira a fine maggio, inizio di giugno. Ma il ritmo sincopato di Jamal, la danza sinuosa del cobra, ammaliante e stordente prima di sferrare il colpo di grazia sono pura gioia per i virtuosi del gioco. Ormai sono 16 anni che naviga in questa lega di super uomini e la sua free agency ha attirato ancora molte franchigie affamate di punti facili in uscita dal pino ma Jamal ha deciso di restare a Los Angeles.  Noi ce lo immaginiamo con la tunica e i sandali, in giro per le province dell’impero romano, accompagnato da Gaio Cilnio, per divulgare il verbo di quello sport che anche grazie a uomini come lui, si è sempre più trasformato in vera e propria Arte.

Checco Rivano

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