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Durant-Warriors come Paul-Lakers? Facciamo un po’ di chiarezza

Non possiamo lamentarci. La Free Agency 2016 ha regalato grandi colpi di scena: bandiere ventennali che hanno deciso di ritirarsi, altre che invece hanno cambiato maglia, altri ancora che hanno per loro fortuna siglato contratti faraonici (qui ci sarebbe davvero tanta roba da linkare).

La Notizia di questo inizio luglio però è stata di certo la  scelta di Kevin Durant di salutare i suoi Thunder per accasarsi ai Golden State Warriors. Una trade che ha fatto tanto discutere e che ha evocato nei ricordi di molti quanto accaduto nel dicembre 2011 sempre in California, ma un po’ più a nord: il “mancato” arrivo di Chris Paul ai Lakers. Una pratica invocata in queste ultime ore, ma che in realtà ha poco a che vedere con quanto accaduto nel caso Durant.

Per questo occorre mettere i “fatti in ordine” e fare un po’ di chiarezza, sgomberando il campo da ogni possibile dubbio.

Dicembre 2010. I New Orleans Hornets (i pellicani sarebbero arrivati dopo) vivono l’ennesima fase di stallo nella trattativa di cessione tra il proprietario George Shinn e l’azionista di minoranza Gary Choues, sempre meno disposto nei fatti a prendere in gestione la franchigia. La società è nel pieno di un momento di rebuilding molto complesso, dopo che l’uragano Katrina nel 2005 aveva spazzato via l’intera città, costringendo gli Hornets a giocare per due anni ad Oklahoma City e mettendo in ginocchio l’intera economia cittadina.

Pochi spettatori al palazzetto (secondo gli standard NBA), una situazione finanziaria precaria. A quel punto David Stern, commissioner NBA, decide di intervenire.

George Shinn è stato un fantastico proprietario, così come lo è stato Gary Choues nell’interpretare il suo ruolo all’interno della società. Tuttavia, visti i problemi economico-finanziari, non sembra più esserci intenzione da parte di Gary di acquisire un ruolo maggioritario all’interno della franchigia. In assenza di altri acquirenti e nell’interesse dell’intera Lega, credo che sia giusto da parte della NBA di effettuare essa stessa la transizione ed assumere momentaneamente il controllo della squadra, in attesa di nuovi sviluppi

Gli Hornets diventano quindi la prima franchigia della storia NBA ad essere di proprietà della Lega. 300 milioni di dollari la cifra sborsata per l’acquisto. Una squadra con del potenziale, col nostro Beli, con un solido David West e soprattutto con Chris Paul in cabina di regia, il vero asset della società.

9 Dicembre 2011. In pieno caos lockout, la notizia che conquista l’attenzione di tutti non è la fine della “serrata” e l’imminente inizio della Regular Season, quanto la trade messa in piedi da Lakers, Hornets e Rockets: Odom a New Orleans, Gasol a Houston e soprattutto Chris Paul ai Lakers (in Louisiana anche Scola, Kevin Martin e Dragic via Rockets).

Un ottimo affare quindi, considerato il fatto che CP3 era in scadenza e che pochi mesi più tardi non avrebbe garantito alcun tipo di asset. Una valutazione condivisa da tutti, tranne che da Stern:

La trade non è stata discussa dal “consiglio di amministrazione” della Lega (Board of Governors) ed è stata declinata per ragioni tecniche (Basketball reasons).

Un fulmine a ciel sereno. Un’interferenza, un cortocircuito del sistema secondo molti dettato dalle pressioni multilaterali subite da Stern affinché evitasse di rendere “troppo forti” i Lakers. L’emblema è di certo la mail inviata da Dan Gilbert, proprietario dei Cavs, pubblicata ai tempi dal New York Times:

Commissioner,

sarebbe una parodia permettere ai Lakers di acquistare Chris Paul. La trade va discussa tra i 29 proprietari degli Hornets. Questo scambio permetterebbe ai Lakers nei prossimi 3 anni di risparmiare approssimativamente 20 milioni di salari e 21 di tassa di lusso, che sarebbero quindi sottratti alle squadre che potrebbero ottenerne una parte.

Non ricordo di aver mai visto una trade in cui la stessa squadra acquista il miglior giocatore tra quelli scambiati e allo stesso tempo risparmia più di 40 milioni di dollari. E come se non bastasse non perdono neanche scelte al draft, che in futuro potrebbero permettergli di arrivare anche a Dwight Howard.

Non vedo come possiamo permettere che ciò accada.

So per certo che la stragrande maggioranza dei proprietari è d’accordo con me. 

Altrimenti in futuro potremo pensare di cambiare il nome di 25 delle 30 squadre NBA in Washington Generals (gli sparring partner sempre perdenti nelle partite giocate dagli Harlem Globetrotters, ndr)?

Questo il clima in cui Stern prese quel tipo di decisione.

Una ricostruzione a mio avviso necessaria, quindi, per marcare la netta differenza rispetto a quanto accaduto in questa off-season, in cui una assurda quanto irripetibile serie di eventi ha portato il miglior scorer della Lega ad aggregarsi al più forte attacco della storia NBA (dati alla mano).

Una decisione sulla quale era semplicemente impossibile interferire, ammesso e non concesso che la sciagurata (col senno di poi) idea di boicottare il passaggio di Paul alla corte di Kobe sia stata una scelta giusta. La Lega nella figura di Silver ha già annunciato di voler discutere della situazione, ma nulla è previsto nell’immediato.

Saremo quindi “costretti” a goderci il quintetto Curry-Thompson-Iguodala-Durant-Green. Poteva andare decisamente peggio.

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Pubblicato da
Stefano Salerno

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