Passione, ossessione, essere implacabili, competere per qualsiasi cosa: questi sono solo alcuni degli ingredienti della Mamba Mentality (definizione ripresa anche da Kirye Irving dopo il tiro decisivo in gara 7 contro Golden State nelle ultime Finals NBA).
“In realtà esisteva già da un po’ e sono felice che Kirye abbia fatto riferimento a questo” scherza un sorridente Bryant, ospite di Nike, specchiandosi nelle vetrate dei grattacieli di Piazza Gae Aulenti di Milano.
Alcuni, ma non tutti, perchè per vincere 5 titoli NBA e diventare l’unico a poter essere comparato nell’ultimo ventennio a Michael Jordan c’è bisogno d’altro: resilienza, ad esempio. Quella su cui Kobe non esita a scherzare:
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Il combattere le paure è difatti soltanto uno dei tanti insegnamenti che l’Italia ha impresso all’ormai ex numero 24. Non mancano infatti i riferimenti al Bel Paese durante la conferenza stampa, a detta di Kobe quello che gli ha dato una marcia in più ed è stata lo stimolo a coltivare passione e soprattutto l’immaginazione:
“Da piccolo in Italia ero circondato dall’arte, dalla bellezza e dalla storia. In quegli anni mi sono formato vivendo una realtà unica, questa è di certo la più grande fortuna che mi sono portato dietro quando sono tornato negli USA”
Il focus delle domande infatti gravita molto attorno all’Italia, al suo movimento cestistico, e a quello che una figura come Bryant potrebbe dare al basket nostrano. L’ormai ex giocatore dei Lakers (anche un po’ per “piacioneria”) ne discute con leggerezza, utilizzando in maniera voluta, nonostante usi un italiano che soltanto di rado inciampa, la prima persona plurale: il “noi dobbiamo lavorare sui giovani perchè un movimento per crescere deve partire da lì” scalda il cuore di chi sogna un ruolo futuro per il Mamba di qualsiasi genere in Italia. Così come la sincera stima mostrata per coach Messina:
“Mi è dispiaciuto molto quando è andato via dai Lakers e gli Spurs hanno fatto davvero un grande affare a prenderlo. Abbiamo la stessa passione per il basket e studia un sacco il gioco. Mi piacerebbe lavorare con lui, in particolare con questa generazione di giovani talenti italiani per farli diventare i migliori al mondo: insieme possiamo farlo”.
Adesso però le forze di Bryant sono tutte concentrate sul suo nuovo lavoro: raccontare storie che prendendo spunto dalla realtà siano dei fantasy di insegnamento per tutti i bambini.
“Io ci metto le idee, poi ho con me 3 writer fantastici che pensano ad usare le parole giuste per descriverle. Quando sei uno sportivo in molti pensano che tu sappia fare solo quello, fortunatamente non è così. La mia vita, nonostante abbia smesso con il basket professionistico, è piena ogni giorno di tanti impegni.”
Per uno che ha riempito così tanto i suoi giorni nei due decenni da professionista non sarà facile “accontentarsi”. Anche perché uno dei segreti peggio nascosti della sua carriera è proprio quello:
“Quando il tendine d’Achille ha fatto crack ho pensato di essere arrivato al capolinea. Ma poi non ho mollato e sono andato avanti, anche perché la differenza è tutta lì: quando arrivi al punto in cui pensi di mollare, di poterti accontentare, non devi fermarti. Devi continuare a lottare.”
Non mancano ovviamente le osservazioni sull’attualità NBA. Inevitabile la domanda riguardo la firma di Kevin Durant ai Golden State Warriors.
“Per fortuna non gioco più a pallacanestro” dice il Mamba ridendo di buon gusto. “Durant ha fatto la sua scelta, la più giusta per lui e per vincere. Bisogna rispettarla.”
Lo show potrebbe andare avanti per ore ma i minuti concessi alla stampa giungono rapidamente al termine. Per fortuna la ricetta ormai è chiara, il problema però è che non tutti sanno essere cuochi capaci come lui:
“Tutti i giocatori sono differenti, spero che resti impressa a lungo la Mamba Mentality e magari in futuro il nuovo Kobe si dimostrerà più bravo di me.”