Gli ultimi anni di Kobe, ossia quelli dell’era post-Phil Jackson, sono passati nell’illusione di poter tornare i Lakers di una volta, quando la realtà era ben diversa. Nessuno degli esperimenti tentati, da Steve Nash a Dwight Howard, da Mike Brown a Mike D’Antoni, ha funzionato, con i vari infortuni del Black Mamba a peggiorare la situazione. L’annus horribilis è stato il 2014-2015: con l’infortunio alla tibia del promettente rookie Julius Randle alla prima stagionale, un anno di transizione in cui puntare sui giovani si è presto trasformato in un anno da far passare in fretta. Che questo sia il punto più basso nella storia dei gloriosi Lakers lo certificano le 61 sconfitte (franchise worst) a fine stagione.
Magic che dà il cinque a Karee… ah no.
Dal Draft 2015 arrivano però D’Angelo Russell e Larry Nance Jr., due sui quali puntare. Torna anche Randle, sostanzialmente un rookie. Jordan Clarkson continua a migliorare. Continuano a fallire, invece, i vari esperimenti, dopo che nessun nome grosso è arrivato in free-agency: malissimo Hibbert, malino Bass e Lou Williams. La stagione termina con un pessimo 17-65, franchise worst, di nuovo.
Se non altro, i Lakers mantengono quella pick che, se fossero usciti dalle prime tre posizioni in ordine di chiamata, sarebbe andata ai Sixers. Non male, dunque: la scelta (e quindi la stagione negativa) si è trasformata, non senza dolore per gli aficionados gialloviola, in Brandon Ingram, il futuro.