Domanda da un milione di dollari: esiste la fortuna nello sport? Difficile rispondere in maniera univoca su una questione che dividerebbe un sacco di opinionisti e addetti ai lavori, con entrambe le fazioni – “fortuna sì” e “fortuna no” – a sfidarsi con argomentazioni valide da una parte e dell’altra senza però trovare soluzione.
I Memphis Grizzlies la passata stagione sono stati tutto tranne che fortunati. In Tennessee è stata un’annata assai tribolata soprattutto a causa della miriade di infortuni che hanno falcidiato il roster e che hanno costretto la franchigia all’impiego di ben 28 giocatori, record ogni epoca per la NBA.
Qualche anno fa nel corso di una delle sue telecronache, un famoso avvocato recitava:
Siamo più o meno cresciuti tutti col noto brocardo “asse play-pivot”: senza l’asse play-pivot dove vai?
Da nessuna parte verrebbe da dire visto l’importanza degli interpreti venuti a mancare: il play Mike Conley, out da metà marzo per un problema al tendine d’Achille del piede sinistro risultato più serio di quanto non fosse apparso in un primo momento, e il pivot Marc Gasol, k.o. dal mese di febbraio per la frattura del piede destro.
Eppure da qualche parte sono andati lo stesso i Grizzlies, che lottando in maniera strenua e caparbia sono riusciti in ogni caso a chiudere settimi nella sempre durissima Western Conference con 42 vinte e 40 perse, salvo poi essere spazzati via al primo turno dai San Antonio Spurs con un perentorio 4-0.
L’ultima istantanea della stagione scorsa risale proprio alla conferenza stampa post gara 4 coi neroargento, col commovente ringraziamento di coach Dave Joerger ai suoi ragazzi per l’impegno profuso durante quei mesi così difficili per le avversità che l’ecatombe di infortuni aveva procurato.