40°: ANDRE IGUODALA
Il miglior “Team Player” del nuovo millennio. E che altro ci si potrebbe aspettare da un figlio dell’Illinois? Uno che si è avvicinato al basket grazie ai Chicago Bulls degli anni ’90 e che è cresciuto con il solo scopo di emulare Jord…No, Pippen!
Sì, perché l’idolo del buon Iggy è sempre stato il numero 33, uno dei più grandi secondi violini della storia, nonché miglior Team Player del millennio scorso. Proprio ripercorrendo le orme di Pippen, AI si è fatto strada nella NBA grazie a un gioco versatile sulle due metà campo e a un atletismo da dinamo.
Al giro di boa della carriera, Iguodala si trova in bacheca un titolo NBA, il premio MVP delle Finals 2015 e un repeat sfuggitogli dalle mani per un soffio (che a levarglielo letteralmente da lì sia stata un’ombra nera con il 23, adesso non ha importanza). Quest’anno, Andre sarà ancora un ingranaggio imprescindibile della macchina macinavittorie Golden State. E con Durant a sostituire Barnes, possiamo solo immaginare di cosa sarà capace la death lineup.
Sta di fatto che Iggy è a tutti gli effetti uno fra i migliori 50 della Lega. E con un team alle spalle ancora più forte, magari anche lui avrà una chance di scalare la classifica, pur se i suoi mezzi fisici cominciano a volgere inevitabilmente in direzione “opposta”.
Reggie Jackson (credit: Bill Streicher-USA TODAY Sports)
39°: REGGIE JACKSON
Da Pordenone con furore. Il primo pezzetto d’Italia entra nella classifica Religion con Reginald “Reggie” Jackson. Nato per l’appunto nel Friuli-Venezia Giulia, dove il padre era militare, si mette in vetrina con il primo passo, che ancora lo contraddistingue, al Boston College. Lo scelgono gli Oklahoma City Thunder nel 2011 con la pick 24, ma il suo inizio è a dir poco deludente. Il ragazzo transita anche per la D-League. Avvisaglie del suo talento si manifestano soltanto dopo l’addio di Harden, con le prime comparsate in quintetto.
Oggi Reggie, con un eclettismo cestistico tutto suo e una struttura fisica invidiabile per una point guard, è una delle armi più letali nella fondina di Van Gundy. Lui e Drummond sono i pilastri su cui poggiano le speranze di Motor City. Vedere per credere l’ottimo ottavo posto conseguito a Est nella passata stagione.
È vero, quest’anno tutt’altra storia. Con una Eastern Conference rinforzata, il livello dev’essere portato necessariamente a un gradino superiore. A Jackson sarà perciò richiesto un deciso e decisivo salto di qualità, indispensabile per garantire ai Pistons almeno un turno supplementare di postseason (prima di tutto, però, sarà costretto a fare i conti con una tendinite al ginocchio riacutizzatasi che, cosa che non gli auguriamo, potrebbe costargli un inizio di stagione posticipato).