Due indizi non fanno una prova, ma possono essere quantomeno un buon pretesto per fare una riflessione. Se poi il terzo “motivo” arriva dai lettori di NbaReligion, diventa impossibile esimersi. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla notizia.
Anthony Davis si è fatto male alla caviglia durante la gara di preseason giocata contro i Rockets: 7 minuti, 2 punti e 4 errori al tiro dopo l’inizio del match, ha dovuto salutare la compagnia a causa di una distorsione di secondo grado. Diagnosi: tra i 10 e i 15 fuori, con rientro previsto giusto in tempo per la gara contro i Denver Nuggets.
A guardare bene quanto successo, verrebbe davvero voglia di appellarsi a quel demone che perseguita alcuni e al quale comunemente viene associato l’epiteto “sfiga”.
Il piede perno che non regge, il corpaccione che si accascia a terra in una smorfia di dolore che tiene col fiato sospeso non solo Gentry, ma i fanta allenatori di mezzo mondo che hanno investito la loro scelta al primo giro sul giocatore dei Pelicans. Una scena che si ripete con preoccupante frequenza, tant’è che le parole “Davis” e “infortunio” sono spesso andate a braccetto nelle cronache degli ultimi anni. Un’accoppiata riproposta troppe volte, ben 22 a leggere la grafica di NBA.com.
Un’elenco sorprendente che lo ha costretto ai box per quasi un’intera stagione (68 partite). Quello che colpisce è la varietà degli “accidenti” capitati al numero 23: testa, caviglia, spalla, schiena, mano… La scelta numero uno al Draft del 2012 non sembra essersi fatto mancare davvero nulla (rendendo sempre più complesso non far richiamo alla già citata sfiga).
I maligni però, fermandosi a ragionare un attimo, direbbero che in realtà qualcosa ancora non è arrivata: una vittoria ai Playoff, il simbolo di una legittimazione che troppo spesso gli viene riconosciuta a parole e che non trova “riscontro” nei risultati raccolti.
Opinione che alcuni hanno fatto presente anche sulla pagina Facebook del nostro sito. Tanti attenti lettori, che stanno seguendo in questi giorni il nostro appuntamento con la top 50 (per chi le avesse perse basta cliccare qui e poi andare a ritroso), hanno fatto bene i calcoli, svelando in anticipo la rosa dei primi 10 classificati scelti da NbaReligion ,tra i quali c’è proprio Davis.
Quattro anni passati sostanzialmente ad osservare la postseason pesano di certo sul groppone di quello che resta “The next big thing” che la Lega sta aspettando. In fondo in quelle 4 partite contro Golden State un segnale lo hanno lanciato: 32 punti, 11 rimbalzi, 3 stoppate, 54% FG e 61% di TS.
Un uomo solo sull’isola. Che non vede l’ora di conquistare la postseason e il cuore degli scettici. Sfiga permettendo.