4°: RUSSELL WESTBROOK
Ai piedi del podio troviamo l’esplosivo prodotto di UCLA, lontano parente delle point guard di qualche decennio fa, quelli che il ferro lo vedevano solo in cartolina e si guardavano bene dall’addentrarsi nel pitturato.
Il suo stile di gioco aggressivo e lo strapotere fisico lo rendono un prepotente e particolarmente scomodo cliente da gestire per i playmaker avversari, ma non solo: sin dalle prime partite con la canotta dei neonati Thunder, Russell Westbrook è per distacco il peggior incubo di rim protector e fashion blogger in virtù di schiacciate e completi vietati ai deboli di cuore (qui una carrellata dei vari outfit sfoggiati senza troppo pudore negli ultimi playoff).
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L’alta intensità delle sue giocate, croce e delizia di coach e tifosi, l’ha portato negli scorsi anni a scelte non sempre lucide e condivisibili, ma la dipartita dell’altra stella della squadra farà inevitabilmente sì che i riflettori vengano puntati quasi esclusivamente sul beniamino di Oklahoma City.
Pur lasciato solo sull’isola, molti pronosticano per il nuovo Westbrook un futuro da MVP. Tra qualche mese sapremo se il suo vecchio compagno d’armi avrà fatto bene a disertare o meno: quel che è certo è che Westbrook farà di tutto pur di fargli rimpiangere l’aria di casa.
3°: KEVIN DURANT
Parli del diavolo… L’eterno secondo (addirittura terzo in questo caso) ha preferito abbandonare l’Oklahoma per cercare fortuna ad Oakland. Addio temporali e colleghi estremamente talentuosi ma non sempre concreti (vedi sopra), molto meglio la baia di San Francisco e la compagnia di Steph, Klay e Draymond, che nel bene e nel male di anelli ne sanno pur qualcosa.
La sua Decision 2.0 ha suscitato un aspro dibattito che ha visto coinvolti tifosi e addetti ai lavori, i quali hanno perlopiù criticato il traditore Durant, reo di essersi unito ad una squadra più quotata nel tentativo di scrivere una volta per tutte il suo nome nella storia del basket.
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Senza dover ricorrere alla favoletta di Jordan, Magic e Bird, è innegabile che la scelta di portare i suoi talenti alla Oracle Arena abbia più di una complicazione da un punto di vista morale, ma non bisogna dimenticare che stiamo parlando soprattutto del professionista Durant.
Il giudizio dell’uomo lo lasciamo volentieri ad altri, per quello del giocatore aspettiamo di vederlo impegnato in partite più intense di quelle della preseason: solo allora sapremo se KD ha fatto bene a chiedere la sua parte d’eredità per trasferirsi a Casa Splash Brothers o se invece farà fatica ad integrarsi nella macchina quasi perfetta di Golden State e dovrà chiedere perdono a suo fratello Russell, che per il momento non sembra avere alcuna intenzione di uccidere il vitello grasso in suo onore.
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Non sono d'accordo sul mettere Lillard in top ten ed escludere Harden; lo stesso vale per Durant e Curry, avrei invertito le loro posizioni. Poi ovvio, le mie come le loro sono opinioni soggettive.